Ciclo dei vinti: il sacrificio d’amore nell’opera di Verga

Verga: il sacrificio d'amore nel Ciclo dei vinti

I Malavoglia, pubblicato nel 1881, è l’opera più importante di Giovanni Verga, nonché la più rappresentativa della poetica del verismo, movimento letterario sviluppatosi nella seconda metà del XIX secolo. L’opera insieme a Mastro don Gesualdo, Duchessa di Leyra, Onorevole Scipioni e Uomo di lusso appartiene al così detto Ciclo dei vinti. Ne I Malavoglia l’autore narra le vicende della famiglia Toscano, che abita nel paesino di pescatori Aci Trezza e che è conosciuta da tutti appunto come Malavoglia.

Alfio e Mena: un amore impossibile

Nell’ottavo capitolo de I Malavoglia, primo dei romanzi che compongono il Ciclo dei vinti, viene raccontato l’addio di compare Alfio, un ragazzo onesto, un carrettiere, in partenza dal paesino di Aci Trezza in cerca di lavoro. Alfio ama Mena, la terzogenita della famiglia, ed è ricambiato dalla ragazza, ma quest’ultima è costretta a maritare un altro uomo a causa delle difficoltà economiche e del disonore caduto sulla famiglia in seguito alle disgrazie abbattutesi su di essa. Alfio si reca presso la casa del Nespolo per porgere i suoi saluti ai Malavoglia prima della partenza ma viene invitato da Nunziata, moglie del penultimo figlio Alessi, ad attendere il ritorno del padrone di casa ‘Ntoni, ancora a lavoro. Il giovane innamorato nell’attesa spiega che si trasferirà a Bicocca, rischiando persino di ammalarsi di malaria per lavorare, ma che il suo desiderio è quello di ritornare quanto prima possibile ad Aci Trezza.

Nonostante i due innamorati rinuncino a manifestare chiaramente i loro sentimenti, sia il dolore di Mena che l’imbarazzo di Alfio vengono traditi dai loro gesti e dalle parole non dette, infatti la giovane si fa bianca e tenta di aprire bocca, ma non riesce a parlare perché il cuore non glielo permette, dal canto suo il ragazzo, dopo aver salutato gli uomini della casa, attarda ad andarsene ripetendo convenevoli e stringendo mani a tutti, pur di guadagnare altri pochi minuti con la sua amata. Dopo Alfio anche Mena e Nunziata escono dalla casa, ma quest’ultima rientra subito ricordandosi di aver lasciato la pentola sul fuoco incustodita. I due amanti, rimasti finalmente soli, possono salutarsi: Mena, guardando Alfio intensamente con le lacrime negli occhi, gli chiede il motivo per il quale si debba recare in un luogo dove c’è la malaria, sottintendendo che non dovrebbe partire e lasciarla lì da sola; il ragazzo, mettendo da parte l’imbarazzo, dichiara il suo amore a Mena e le spiega che non desidererebbe altro che stare al suo fianco per sempre, ma che al momento le sue condizioni economiche non glielo permettono, ed è per questo costretto ad allontanarsi. 

L’amore di Alfio e Mena, due tipici vinti verghiani, si tinge di malinconia e amarezza. Entrambi i protagonisti di questa scena sono costretti a sacrificare il proprio amore: da una parte la ragazza è ancora legata alla sfera dei valori tradizionali della cosiddetta religione della famiglia, che la porterà ad accettare il matrimonio con il benestante Brasi Cipolla per seguire la volontà del nonno; dall’altra parte Alfio non può dissuadere la giovane a rifiutare la proposta in quanto è consapevole della propria situazione economica, che avrebbe assolutamente denigrato l’onore dei Malavoglia.

Ciclo dei vinti, Mastro don Gesualdo: la roba prima dell’amore

Quello del sacrificio dell’amore per le proprie ambizioni economiche è un tema che viene più volte ripreso nella narrativa di Verga e in particolare nel secondo romanzo del Ciclo dei vinti, Mastro don Gesualdo. Gesualdo Motta riesce a cambiare la sua condizione sociale di povero bracciante diventando un imprenditore e proprietario terriero, ma paga questo suo apparente successo con il fallimento nella sfera degli affetti familiari, che invece decide di subordinare al primato della cosiddetta roba. Gesualdo, proprio come Mena con Alfio, rinuncia all’amore puro e sincero della contadina Diodata per un matrimonio funzionale alla sua scalata sociale, quello con la nobildonna decaduta Bianca Trao. Gesualdo decide consapevolmente di abbandonare l’unica donna che nutre per lui un affetto sincero per seguire la sola logica del profitto economico.

 La tecnica narrativa nel Ciclo dei vinti

In tutta la narrativa verghiana, ed in particolare nell’opera I Malavoglia, l’autore utilizza la tecnica della regressione per spogliarsi della sua mentalità borghese e per mettersi al livello dei suoi personaggi. Questo processo di immedesimazione, funzionale a creare un’opera totalmente impersonale, eliminando ogni traccia di individualità, è reso più efficace attraverso un uso sistematico del discorso indiretto libero, con cui Verga assume di volta in volta la maschera di tutti i personaggi. Ne I Malavoglia il punto di vista, non sempre condiviso dall’autore e dal quale vengono raccontati e commentati gli eventi, è quello del “coro” composto dagli abitanti di Aci Trezza, che spesso intervengono nella narrazione con dei termini dialettali o sgrammaticati e soprattutto con espressioni popolari da cui emerge la loro mentalità tradizionale.

Nel Ciclo dei vinti appare chiara l’intenzione dell’autore di eclissarsi completamente tra le righe del romanzo per lasciare libero spazio ai protagonisti dell’opera. Verga, come gli altri veristi suoi contemporanei, riprende la tecnica dell’impersonalità dai letterati appartenenti al movimento culturale del naturalismo, nato pochi anni prima in Francia e diffusosi poi in tutta Europa. Come i naturalisti, i veristi scelgono di raccontare episodi tratti dalla vita quotidiana così come sono, senza che vengano filtrati dal narratore con il suo particolare punto di vista, rendendo la narrazione oggettiva e distaccata. I naturalisti francesi, influenzati dalla filosofia positivista, ritengono che i romanzi possano contribuire al progresso e a migliorare le condizioni dell’umanità; al contrario, i veristi insistono sul significato esclusivamente artistico dell’opera narrativa, senza implicazioni sociali. La chiave di lettura più pessimista del verismo è dovuta alla situazione sociale ed economica deludente, successiva alla tanto attesa Unità d’Italia, per la quale quindi le opere dei veristi risultano essere una semplice denuncia della realtà.

Fonte immagine in evidenza: Wikimedia

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