Giuseppe Plazzi e le sue storie sui disturbi del sonno | Recensione

Giuseppe Plazzi e le sue storie sui disturbi del sonno

Tra i titoli messi a disposizione dalla casa editrice Il Saggiatore per fuggire la noia che mina la nostra resistenza in questo delicato periodo di quarantena, c’è stato un titolo curioso, I tre fratelli che non dormivano mai e altre storie di disturbi del sonno, e ad attirare particolare interesse era anche l’autore di questo libro, il neurologo Giuseppe Plazzi.

Sembrava quindi interessante leggere storie sui disturbi del sonno raccontate da un esperto che ne è a contatto quotidianamente. Nello studio del Dott. Plazzi si odono tantissime storie, divertenti o a volte tragiche. Nel laboratorio di polisonnografia (la “camera del sonno”) strani casi vengono registrati e buffi personaggi vi entrano accettando di buon grado di essere ricoperti di ellettrodi affinché la loro attività durante il sonno (cerebrale, muscolare, cardiovascolare e non solo) venga monitorata. Entusiasmante fucina di ricerca scientifica, la  video-polisonnografia consente, infatti, ai ricercatori di documentare ogni tipo di comportamento atipico durante il sonno, così da dare nome a strani accadimenti notturni.

Con I tre fratelli che non dormivano mai e altre storie di disturbi del sonno, Giuseppe Plazzi ci fa entrare nel suo laboratorio: una “camera del sonno” rischiarata da luci artificiali e arredata di solo un letto. Qui ha deciso di radunare alcuni dei suoi pazienti più interessanti.

«I loro disturbi talvolta faranno vacillare ogni nostra certezza sulla realtà in cui viviamo. Ci saranno notti, in questo nostro viaggio insieme, in cui prevarrà l’incubo e il terrore. Altre in cui, invece, i fenomeni davanti ai nostri occhi ci strapperanno un sorriso.»

Eppure, continua Giuseppe Plazzi, ognuno di noi sarà in grado di «riconoscervi ricordi, sospetti e sensazioni familiari, e di comprendere la propria mente molto più di quanto sia possibile immaginare».

In un periodo in cui il nostro sonno è probabilmente irregolare – a volte non si dorme mai altre si fanno sogni strani e ricorrenti – saperne qualcosa di più potrebbe attivare una spia d’allarme o forse tranquillizzarci.

Giuseppe Plazzi: «il mondo dei sogni può essere una foresta spaventosa»

Ma dunque noi come sogniamo? E cosa può accaderci di insolito e pericoloso durante il sonno, di cui il mattino dopo saremo totalmente inconsapevoli e dimentichi?

Furono N. Kleitman e due suoi allievi ad assodare che, ogni 70-90 minuti, il sonno profondo che ci avvolge durante le prime fasi, viene interrotto dalla fase REM (rapid eye movements). Durante il sonno con movimenti oculari rapidi l’elettroencefalogramma somiglia a quello di un uomo sveglio: l’attività mentale è vivace, vivida, bizzarra. Durante il sonno REM, infatti, si sogna. Non per tutti, però sognare significa vivere esperienze oniriche piacevoli, o risvegliarsi con sollievo riconoscendo come “per fortuna era solo un incubo”.

Addentrarsi nella foresta del sonno significa anche avere a che fare con l’orrore: leggendo le storie riportate da Giuseppe Plazzi, talvolta sembrerà di assistere a scene di un film horror. Per fare un esempio, potremmo ricondurci a un fenomeno abbastanza diffuso nei bambini, denominato pavor nocturnus, ovvero il «terrore notturno». Un appuntamento notturno con il risveglio straziante di un figlio che improvvisamente, in una fase di sonno profondo (non-rem, a differenza degli incubi), inizia ad urlare, scalciare, piangere in maniera inconsolabile presentando tachicardia, sudorazione e comportamenti tipici della paura intensa. Al risveglio mattutino il bambino,  nonostante lo strazio che sembra provare durante un episodio di terrore notturno, non serba memoria della sua angoscia notturna.

L’amnesia è tipica anche di disturbi come la sexsomnia: avere rapporti sessuali durante il sonno liberi da qualsiasi inibizione, sfociando nel rude e nel violento. C’è poi chi, durante il sonno, ha ucciso i suoi cari, senza ricordarsi nulla il mattino successivo. Disturbi del genere sono spesso oggetto di numerosi casi giudiziari. Quando entra in gioco la Giustizia, ignorante dei disturbi del sonno, vengono condannati uomini che sono allo stesso tempo vittime e carnefici. Lo stesso Dott. Plazzi è stato chiamato a difendere imputati, e ce lo racconta con grande empatia.

In queste e altre storie che Giuseppe Plazzi ci racconta sempre con fare romanzesco, molti disturbi vedono la totale scomparsa o la diminuzione dei sintomi più fastidiosi grazie a cure farmacologiche mirate. Eppure la ricerca scientifica deve fare ancora molta strada per infiltrarsi e scovare il mistero (nulla di magico o demoniaco) del mondo dell’incoscienza e della non-volontà.

Altri disturbi del sonno: tra letteratura scientifica e letteratura vera e propria

Laureato nel 1988 presso l’Università di Bologna in Medicina e Chirurgia, Giuseppe Plazzi, negli anni passati nel laboratorio del sonno voluto e costruito da Elio Lugaresi, uno dei primi e più importanti medici a occuparsi della medicina del sonno, è venuto a contatto con disturbi che prendono il nome da opere e/o personaggi della letteratura mondiale. È il caso della sindrome di Pickwick che prende il nome da un personaggio dei racconti di del Circolo Pickwick, scritto da Charles Dickens: Big (Fat) Joe ogni volta che sostava seduto sul suo calesse, si addormentava russando fragorosamente senza che niente riusciva a fargli tenere gli occhi aperti.

Per più di millecinquecento anni il sonno ha destato maggiore interesse in artisti, poeti, filosofi, veggenti, occultisti che in medici e scienziati. Alcuni artisti sono riusciti a rappresentare disturbi del sonno più o meno consapevolmente. E il punto in cui la letteratura scientifica incontra la letteratura vera e propria è molto spesso l’ambito del sonno.

Alex Iranzo, un collega spagnolo di Plazzi, rileggendo le gesta bislacche di Don Chisciotte della Mancia scoprì come Miguel de Cervantes, ben prima del 1986, si fosse ispirato all’RBD per raccontare l’impari ma vittoriosa battaglia del suo eroe contro un terribile gigante. Il cavaliere non aveva gli occhi aperti, inveiva barcollante contro un invisibile gigante: stava dormendo e sognava di trovarsi in battaglia col gigante e credendo di darli al gigante, aveva dato tanti colpi di spada agli otri che la stanza era piena di vino.

L’RBD (REM sleep behavior disorder) è un disturbo motorio caratterizzato dalla perdita della normale atonia muscolare nella fase di sonno REM: a muoversi non sono più solo gli occhi che seguono le immagini oniriche, ma anche la muscolatura sciolta da qualsiasi freno inibitorio da parte dei centri nervosi. Il nostro corpo “agisce fisicamente il sogno” e via di pugni, calci, fughe dal letto, grida, imprecazioni, corse… Se Sancho Panza e Don Chisciotte avessero potuto compilare il questionario per la diagnosi clinica dell’RBD il disturbo sarebbe risultato molto probabile.

Quando poi Plazzi si trovò a studiare il caso dei tre fratelli che non dormivano mai, affetti dall’insonnia fatale familiare, il dott. Elio Lugaresi chiamò al telefono Gabriel García Márquez. Nel suo romanzo Cent’anni di solitudine, un giorno arriva in paese una piccola orfana, Rebeca, che porta con sé il contagio della malattia dell’insonnia. Subito la cittadina di Macondo sprofonda in uno stato di sonnolenza che, oltre a impedire di dormire, provoca una progressiva perdita di memoria. Márquez rimase molto al telefono, ma dichiarò di essersi inventato tutto di sana pianta.

Il caso più interessante e spaventoso, nonché quello più studiato dal neurologo ravennate, è però la narcolessia. Inquietante se affiancata nel paziente dalle allucinazioni ipnagogiche. Queste sono spesso esperienze spaventose, precedono il sonno o compaiono quando il narcolettico è sonnolento: ombre, figure, insetti, animali, false percezioni di ogni tipo attraversano la mente delle persone con narcolessia che non riescono a distinguerle dalla realtà. L’esperienza è ancora più terrificante se l’allucinazione si associa alla paralisi del sonno, all’impossibilità di muoversi, fuggire o difendersi da quello che pensiamo stia accadendo. Christian Baumann, un ricercatore di Zurigo, riconobbe nelle tele degli Incubi di Füssli tali caratteristiche. Incubo di Johann Heinrich Füssli

Nonostante il titolo dato a questa serie di quadri, il mondo dell’arte e della ricerca scientifica, riconoscono in essa una sintesi magistrale e una descrizione realistica e quasi perfetta delle paralisi del sonno.

 

Eleonora Barbieri in un’intervista a Giuseppe Plazzi chiedeva se certe malattie gli incutessero paura. Lui rispose: «mi danno l’ansia, perché le persone stanno male. Ma non mi fanno paura. Altrimenti farei un altro mestiere».

Fonte immagine di copertina: Il Saggiatore.

Fonte immpagine Incubo, di Johann Heinrich Füssli: Wikipedia

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