I gatti nella letteratura giapponese

I gatti nella letteratura giapponese

I gatti nella letteratura giapponese

La storia dei gatti in Giappone è molto antica e si pensa che siano stati introdotti dalla Cina con il buddismo intorno al VI secolo d.C. Questo articolo introduce l’importanza dei gatti nel folklore giapponese, con alcuni riferimenti alla letteratura.

Il Giappone e l’importanza per i gatti

I gatti hanno sempre avuto un ruolo centrale nella cultura e nella tradizione giapponese. Si pensa che i gatti siano arrivati in Giappone dalla Cina, forse dalla Manciuria e dalla Corea, con l’arrivo del buddismo nel VI secolo. Nei templi buddisti, dove i gatti bianchi erano comuni, erano considerati messaggeri del cielo e un tesoro di forza vitale. Tuttavia, oltre a questo ruolo nobile, i gatti svolgevano anche un ruolo importante nel proteggere le scritture di seta dai topi. Il valore della cattura dei ratti era fondamentale nella cultura cinese e i gatti erano rispettati e amati con tale riverenza che antichi testi del II secolo a.C. descrivono una cerimonia di ringraziamento al dio gatto: il gatto sacro Mao, che mangia i ratti, appare nelle Odi (VI secolo a.C.).

Nella cultura giapponese, tuttavia, i gatti erano originariamente considerati nobili creature di bellezza e spirito. A partire dai templi, i gatti si diffusero rapidamente in tutto l’arcipelago e vennero venerati e ricercati non solo per la loro praticità, ma anche come portatori di fortuna e per la bellezza e l’eleganza del loro aspetto. Non solo nelle leggende e nelle poesie, ma anche nelle sculture e nei delicati dipinti su seta e carta di riso, i gatti sono raffigurati in una varietà di colori, macchie, lunghe code e curiose forme a pompon.

3 romanzi sui gatti nella letteratura giapponese:

  1. Io sono un gatto – Natsume Sōseki (1905)

    «Gli umani per quanto forti non saranno in auge per sempre. Meglio attendere tranquillamente l’ora dei gatti.»

    Abbandonato da cucciolo, un gatto invade la casa di Kusami ed è talmente sgradito che non gli viene nemmeno dato un nome. La sua famiglia, composta da padre, madre, tre figlie e una serva, non gli dimostra alcun affetto, ma viene nutrito e talvolta accarezzato dal suo padrone, il che gli basta per sentirsi il “gatto” padrone di casa. Il suo passatempo preferito, tuttavia, è ascoltare il padrone quando gli amici vengono a trovarlo. Il romanzo è ambientato in Giappone, dove il XX secolo è appena iniziato, l’era Meiji si sta concludendo, dopo aver assolto il compito di riportare il paese all’onore e alla grandezza di una nazione moderna. Il potere dei signori feudali appartiene al passato, l’epoca della rivolta dei samurai a Satsuma è passata e l’esercito giapponese è vittorioso nella lotta con la Russia per la supremazia sul continente asiatico. Il romanzo mostra in breve fino a che punto gli esseri umani sono capaci di raggiungere l’indiscrezione nell’era moderna ed è considerato uno dei classici più importanti della letteratura giapponese a proposito dei gatti.

  2. La gatta, Shōzō e le due donne – Jun’ichirō Tanizaki (1936)
    Come secondo romanzo di letteratura giapponese sui gatti, Eroica consiglia Io sono un gatto di Tanizaki.
    Shinako non riesce a dimenticare il marito Shōzō, che l’ha cacciata e si è subito unito a un’altra rivale, la bella Fukuko. Naturalmente dovrebbe odiare e risentire quell’uomo infido e sleale, ma non lo fa, poiché vorrebbe poter conservare almeno un ricordo della loro vita matrimoniale e della famiglia felice che hanno costruito insieme. E quale ricordo migliore di quello di Lily per alleviare il dolore e la tristezza? Lily era una gatta amata dal suo ex coniuge che lo spingeva fino alla morbosità, dandogli da mangiare ogni sera piccoli sugarelli marinati in aceto e salsa di soia con cui giocare. Quando lei e Shōzō vivevano sotto lo stesso tetto, Shinako una volta trattava segretamente male Shozo per dispetto, perché non sopportava l’affetto del marito per il gatto. Ma ora ha nostalgia di tutto ciò che c’era in quella casa e soprattutto di Lily, a cui tiene molto. Con il gatto non si sente più abbandonata e sola, e il vuoto delle sue giornate noiose viene colmato. Il gatto in questo caso assieme a Shōzō e le due donne è come se svolgesse il ruolo di un ménage à trois, in cui l’umorismo e l’ironia del grande scrittore giapponese Tanizaki si esprimono al meglio: Lily è al centro di un intrigo sentimentale in cui seduzione e vendetta vanno di pari passo.

  3. Se i gatti scomparissero dal mondo – Genki Kawamura (2012)
    Altro romanzo della letteratura giapponese sui gatti si intitola Se i gatti scomparissero dal mondo.
    Il protagonista è un postino di 30 anni che è amichevole con tutti, ma non ha nessuno al suo fianco. Il suo unico amico è Cavolo, un gatto che condivide con lui un piccolo appartamento. Quando gli viene riscontrato un tumore e gli viene detto che gli restano pochi mesi di vita, il ragazzo è spinto dalla paura che la morte possa arrivare da un momento all’altro. Un uomo con il suo stesso volto, che indossa differenti camicie hawaiane, gli propone un vero e proprio patto con il diavolo: «Se rinunci a tutto ciò che ti propongo, puoi prolungare la tua vita di un giorno». Perplesso, il protagonista accetta e si rende conto che anche le cose più piccole e apparentemente insignificanti hanno un significato. Con la sottigliezza di Sepulveda e il senso fantastico di Haruki Murakami, Genki Kawamura ha scritto una favola contemporanea che ci ricorda cosa è veramente importante.

Fonte immagine: Pixabay

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A proposito di Martina Barone

Studentessa di Lingue e Culture Comparate presso L'Orientale di Napoli. Studio inglese e giapponese e sono appassionata di cultura giapponese, letteratura, arte e cinematografia.

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