Karma: cos’è, come e quando colpisce, origine e significato

Karma : cos’è, simbolo e significato

“Il karma è l’affermazione eterna della libertà umana…I nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni sono i fili della rete che intrecciamo attorno a noi”

(Swami Vivekananda)

Karma: Significato e simbolo

Il termine Karma, adattamento del vedico kárman o più comunemente karman, (devanagari: कर्मन्) ha origine dalla radice verbale sanscrita kṛ (fare o causare). La sua radice indoeuropea corrisponde a kwer (atto sacro, atto prescritto). Nelle altre lingue asiatiche viene così reso:

in pāli: kamma;

in cinese:  yè;

in giapponese gō;

in coreano:  eop;

in vietnamita: nghiệp;

in tibetano: las.

Nelle lingue occidentali, è traducibile come “azione”, “obbligo” e in senso esteso si riferisce al principio universale di causa-effetto che governa l’Universo.

I suoi simboli rappresentativi sono la sua trascrizione sanscrita e il nodo infinito, senza soluzione di continuità, il cui intreccio rappresenta il modo in cui ad ogni azione positiva o negativa corrisponde un karma positivo o negativo, a seconda dei casi. Il nodo identifica anche l’universo e l’infinito.

La dottrina moderna del karma deriva dalle speculazioni religiose delle Upaniṣad vediche; essa è centrale nell’Induismo, nel Buddhismo e nel Giainismo.

In Occidente si diffuse nel corso del XIX secolo, divulgato dalla Società Teosofica, ed è anche focus di molte dottrine New Age.

Nella cultura vedica, originariamente il karma indicava un rituale correttamente eseguito ma proiettato sempre e comunque nel futuro.

Secondo la filosofia giainista, tutte le anime, intrinsecamente pure, quando si associavano agli esseri senzienti, perdevano la purezza primitiva e, a causa del karma, vagavano nel ciclo delle vite, attraverso la trasmigrazione e la reincarnazione. La liberazione dell’anima dalle impurità del karma poteva essere raggiunta con la purificazione.

Per il Buddhismo è un principio universale, che vincola tutti gli esseri senzienti al ciclo del saṃsāra, poiché tutto ciò che l’essere farà si ripercuoterà nelle vite future. Con l’estinzione del debito karmico, l’essere potrà raggiungere il Nirvana.

La cosiddetta “legge del karman”, come oggi è nota, è stata formulata presso le scuole del Vedānta, uno dei sei sistemi ortodossi della filosofia indiana, ed è costituita da 12 norme.

La vita è il costante dispiegarsi del Karma

Dalla prospettiva vedantica, esso è una risposta condizionata, il passato che influenza il presente e le nostre tendenze ad agire secondo modelli comportamentali condizionati.

Secondo la legge del Karma ogni azione crea un’esperienza, il cui ricordo (impressione o modello mentale formato da situazioni ripetute), viene indicato come samskara. I samskara generano le vasana, atteggiamenti, inclinazioni e semi del desiderio per azioni future. 

Sarebbe giusto dire che karma, memoria e desiderio sono i software della nostra anima mentre viaggia attraverso il tempo cosmico. I samskara e le vasana sono le applicazioni che scrivono i nostri pensieri e le nostre azioni. La visualizzazione di questo processo è indicato come samsara, la ruota del tempo, che gira e ripete sempre gli stessi schemi. 

Esiste, secondo questa concezione, una legge di interdipendenza secondo cui ogni nostra azione non è fine a se stessa ma interferisce con tutto l’Universo, producendo degli effetti che possono tornarci in questa stessa vita ma anche in altre: i cosiddetti debiti karmici.

Oltre a quello creato dalle azioni, eseguite consapevolmente o inconsciamente, si è soggetti alle influenze karmiche di famiglia, religione, razza, nazionalità e altro ancora. È anche possibile assumere il karma di qualcun altro, rubando oggetti altrui, spettegolando o fantasticando, e nelle relazioni intime.  

Se esso è considerato una prigione, una schiavitù, l’obiettivo del viaggio spirituale è rilasciarlo, utilizzando la creatività. Più la nostra risposta al mondo è creativa e imprevedibile, più lo si trascende (liberazione-moksha).

L’universo è quindi allo stesso tempo deterministico e creativo. Nello stato di avidya (ignoranza) operiamo deterministicamente, nello stato di vidya (illuminazione) abbiamo creatività e consapevolezza. 

Il karma può essere trasformato o completamente trasceso:

-facendo scelte consapevoli;

-perdonando;

-coltivando la gratitudine;

-cercando opportunità di crescita;

-imparando dall’astrologia;

-trovando un insegnante illuminato,

-scoprendo il proprio Dharma (lo scopo della vita. Individuandolo, le azioni diventeranno spontaneamente corrette e non si creerà mai il Karma);

-meditando.

Tipi di karma

Il Vedanta dice che è immagazzinato nel Jiva, l’anima individuale, e ne distingue diverse tipologie. 

La prima è chiamata sanchita karma e costituisce l’intero database di tutte le nostre vite passate.

Il secondo tipo, il karma prarabdha, rappresenta le azioni particolari, piccola frazione dalla pila del primo tipo, programmate per essere vissute in questa vita. 

Il karma Kriyamana è ciò che creiamo nel momento, la successione di scelte che facciamo nell’arco della nostra esistenza.

Il karma di Agama è l’atto di pianificazione nel futuro. 

Tutti questi aspetti possono fondersi anche l’uno nell’altro. 

Le scelte libere che facciamo diventano il nostro karma determinato nel futuro. È possibile eseguire azioni spirituali oggi che modificano o trascendono l’influenza vincolante del nostro passato o sperimentare il nostro Sé non-locale, l’Atman, con la meditazione, risvegliando quell’essenza interiore che è al di là dell’influenza del tempo, dello spazio e del karma. Essere consapevoli dei nostri schemi karmici gradualmente dissolve la loro intensità e presa su di noi e infine si può usare lo strumento del sankalpa, o intenzione, al fine di creare nuovi modelli karmici nella nostra coscienza.

Se impariamo ad agire con consapevolezza di Sé, generando azioni capaci di favorire l’evoluzione dell’individuo, il karma condurrà alla felicità e al successo.

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