Il viaggio di Ibn Fattouma, Nagib Mahfuz | Recensione

Il viaggio di Ibn Fattouma, Nagib Mahfuz | Recensione

“Il viaggio di Ibn Fattouma” è un romanzo di Nagib Mahfuz, edito dalla casa editrice New Compton Editori nel 1983.

“…Ma questa manifestazione rivendicava il riconoscimento legale alle unioni omosessuali. Non riuscivo a credere ai miei occhi e alle mie orecchie. Pensai che stessi girando in uno strano mondo e che un enorme baratro mi separava da esso, e fui sopraffatto dalla paura dell’ignoto…”

Trama

Qindil, meglio conosciuto come Ibn Fattouma si mette in viaggio, all’età di 20 anni, alla ricerca della felicità sottrattagli quando la donna a lui promessa in sposa viene, invece, data a un altro uomo. Il viaggio che intraprende è volto anche al raggiungimento della terra di Gebel, da cui nessuno ha mai fatto ritorno e dove pensa e spera di acquisire saggezza e conoscenza per sé e per il suo popolo. Una volta messosi in viaggio con la carovana di passaggio, Qindil attraversa cinque terre, ognuna delle quali incarna una religione e un governo differente. La prima terra in cui arriva è Mashriq, governata da un despota e abitata da schiavi nudi che inneggiano la luna, dunque pagani, in cui il protagonista si innamora della schiava Arousa che perderà di vista dopo tempo; poi si reca presso Haira, territorio teocratico e governato dall’esercito. La terza città è Halba, dove Qindil si interfaccia a una società totalmente governata dalla libertà; seguito da Aman, contesto in cui regnano sovrane ordine e giustizia, senza lasciar spazio ai sentimenti, terra in cui incontra la sua seconda futura moglie, Samia. Infine, arriva a Ghuroub, territorio in cui vige la pratica di coltivare la ragione mediante la meditazione.

La narrazione del viaggio si interrompe a Ghuroub senza sapere se effettivamente Ibn Fattouma sia arrivato a Gebel, ma ciò che è importante sottolineare è la fascinazione che Qindil prova per ciascuna terra visitata che viene interrotta dalla consapevolezza che ogni società è fondamentalmente governata dalla guerra e dal dolore.

Il viaggio di Ibn Fattouma: critica alla società

Attraverso la sua spiccata ironia, Nagib Mahfuz all’interno dell’opera ha criticato non solo la società in cui lui stesso vive, ma anche la stessa religione islamica; questo è deducibile dalla stessa citazione riportata, in cui per l’appunto viene descritta la meraviglia ma, al contempo, la stranezza e la paura provata dal protagonista nella terra di Aman davanti alla manifestazione per il riconoscimento dei diritti legali riguardo le unioni omosessuali, cui tematica ancora oggigiorno è più viva che mai.

Altro tema vivido è quello della metodologia di affronto in situazioni problematiche, o meglio, come superare i problemi quotidiani facendo fronte alla forza interiore e alla tenacia che ciascun essere umano ha dentro di sé; infatti, non è un caso che l’ultimo capitolo del romanzo sia intitolato proprio “L’inizio” perché racconta della volontà del protagonista di attraversare quella montagna che probabilmente lo avrebbe condotto a Gebel. L’episodio metaforicamente fa sì che il lettore mediti sulla modalità di risoluzione dei problemi seppur non sappia cosa potrebbe esserci dopo, proprio perché la vita così come un viaggio è imprevedibile, non si sa mai cosa ci si può aspettare, l’importante è non lasciarsi abbattere dalle difficoltà.

Nagib Mahfuz

Nato al Cairo, Nagib Mahfuz (1911-2006) è stato uno scrittore rappresentante la narrativa araba e che inoltre ha vinto il Premio Nobel per la letteratura nel 1988. Ha trascorso tutta la sua vita al Cairo ma in diversi quartieri della città, tra cui Gamāliyya e Khan al-Khalili, che sono stati scenari di alcuni suoi romanzi.

Mahfuz ha compiuto studi in filosofia ed è stato influenzato politicamente dal pedagogo Salama Musa, socialista molto vicino alla corrente del fabianesimo, un movimento politico e sociale britannico di ispirazione socialdemocratica, e ha inaugurato il filone narrativo del realismo sociale. Dal 1971 continuò la sua prolifica attività di scrittore e di editorialista del celebre quotidiano Al-’Ahrām e nel 1975 pubblicò Storie del nostro quartiere, il suo romanzo più autobiografico.

Fonte immagine: Ufficio stampa 

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