Incontri all’angolo di un mattino: Lia Migale ci racconta il ’68 prima del ’68

Incontri all'angolo di un mattino: Lia Migale ci racconta il '68 prima del '68

Con il suo ultimo romanzo, Incontri all’angolo di un mattino edito La Lepre Edizioni, Lia Migale ci racconta di quella stagione speciale della storia che fu la rivoluzione studentesca del 1968 da un punto di vista inedito e altrettanto speciale, il proprio, partendo dagli anni prima del ’68, anni in cui la rivoluzione andava forgiando le proprie forme e le proprie spinte, arrivando fino a oggi.

«Non ho un filo logico, non ho chiarezza, solo devo ricomporre quel tempo, con quel poco di memoria che mi resta, con quelle scarse carte che mi ridanno volti, parole e pensieri. E dolori.»

Lia Migale si fa testimone della storia dell’ultimo mezzo secolo del millennio passato, una storia piena di gente: una costellazione di stelle comete, così la definisce. Sono i sui amici più cari ai quali ella sopravvive. Ormai adulta, Lia migale si ritrova a passeggiare tra le loro tombe e un pensiero si ferma lì sui quei volti fotografati; è un fluire continuo di ricordi inutilizzati che si materializzano in inchiostro che tramanda la memoria e ricompone il segno indelebile che ognuno le ha lasciato ricostruendo e fissando sulla pagina il momento in cui lei divenne una rivoluzionaria.

Quella costellazione di cui parla Lia Migale si compone gradualmente quando di capitolo in capitolo ogni stella prende il suo nome e alla fine, questi punti luminosi, con le loro accezioni e individualità, si uniscono grazie a una narrazione che non è solo rigidamente cronologica, ma che vuole chiarire come e perché i figli del dopoguerra siano diventanti “la generazione”, chiarire chi erano quei bambini dall’infanzia antica che, protagonisti di un’era di passaggio, si ritrovavano a fare da “ponte” tra Vecchio Mondo e Nuovo Mondo difendendo gli ideali di svecchiamento, libertà, amore e pace divenute le nuove parole all’ordine del giorno.

Lia Migale, tra lotta individuale e lotta collettiva

Incontri all’angolo di un mattino di Lia migale prende le mosse da una lettera datata marzo 1968. La lettera è di Gioia, uno dei personaggi più importanti per l’evoluzione della giovane scrittrice di provincia, incastrata in una città che racchiudeva un mondo che non esisteva già più, alimentando il suo desiderio di fuga, il suo fastidio e la sua tristezza. Gioia fu allora “la finestra” che permise alla giovane Lia di lasciarsi travolgere dal mondo del cambiamento. C’era il sorriso di Gioia ad accompagnarla nel suo primo assaggio del ’68: “ uno shock estetico” fu per lei la visione de La Cinese di Jean Luc Godard, un film registrato tra il 6 e il 31 marzo 1967 a Parigi, e che anticipava quella che sarebbe stata la rivoluzione dei giovani francesi nel Maggio del ’68.

«Vietato vietare» era uno degli slogan della rivolta francese, condiviso dagli italiani che si apprestavano alla lotta che Lia Migale abbracciò definitivamente nel 1969, con l’occupazione dell’Università di Roma alla quale si era iscritta. «Dicevo di sì a lei e alla rivoluzione. Qualunque cosa la rivoluzione fosse stataL’adolescenza era finita, il tempo smise di “passeggiare” e iniziò a “correre”, le storie individuali venivano dimenticate per costruire una storia collettiva che usciva dal vecchio mondo per opporsi istintivamente al rigore senza senso. «Alla corretta linea rivoluzionaria una minoranza non è più una minoranza”.» Così recitava la Bibbia marxista-leninista dei personaggi protagonisti del film-profezia di Jean Luc Godard. Il pensiero diventava collettivo sempre più affascinato da una lotta che si faceva armata.

Una lotta, quella del ’68, e specialmente la lotta che combatté Lia Migale, che portava orgogliosa le prime tracce del femminismo, la brama di libertà individuali e sessuali, l’abbandono del “dover essere” e il desiderio di abbracciare il proprio essere:  essere libere di amare, libere di fare, libere dai legami. Così le donne del ’68 imitavano il gesto suggerito da Virginia Woolf in Una stanza tutta per sé: di uscire dalla “comune stanza da soggiorno” e mettersi in relazione con la realtà, affrontare la cultura e la conoscenza con coraggio. La ricerca sulle donne si univa così alla ricerca delle donne.

In Incontri all’angolo di un mattino Lia Migale può dirsi tutto meno che sola in questa battaglia in cui fu affiancata da donne validissime: Gusmana è una di quelle; e ad un certo punto Lia Migale ricorda di una foto simbolica, risalente alla prima manifestazione per l’8 marzo a Campo dei fiori, che la ritraeva alle spalle di Gusmana, una donna dalle grandi capacità oratorie, che aveva in mano un megafono. Ma è importante ricordare anche l’influenza dell’amica Laura Gallucci e il “concetto di cura” da lei elaborato: un concetto che definisce il mondo a misura di donne e che porta a collegare la cura di sé con la cura del mondo.

La cura di sé è ciò di cui Lia Migale aveva molto bisogno. In questo romanzo, che racchiude tracce rivoluzionarie importanti, vi sono anche tracce personalissime e indelebili della lotta soggettiva della scrittrice: la sua malattia, la sua famiglia, la sua non-familiarità col sesso ma soprattutto con un sentimento grandissimo quale l’Amore che impara a conoscere lentamente e che giocò un ruolo fondamentale per la rivoluzione stessa. Il primo gesto che le permetteva la cura di sé era definirsi la Ballerina di David Bowie per il quale nutriva un’ammirazione sconfinata: «Essere la Ballerina di Bowie significava per me toccarsi solo per trasformarsi, mi permetteva di sfidare e di non cedere.» Le strade che si potevano percorrere, in un’epoca rapida e confusa, erano tante: quale quella di Lia Migale? «Forse cercare di nascondermi. Di non essere lì dove dovevo essere? Non so ancora rispondere, ma certo David mi ha spinto a cambiare pelle ancora una volta, ancora una volta, ancora.»

Dai figli del dopoguerra ai millennials di oggi

Raccoglie il filo del suo pensiero-racconto e sulla fine Lia Migale fa i conti col passato… e col presente. Domande difficili si formulano al momento della resa dei conti. Era davvero questo il presente che la generazione della pace avrebbe voluto per i suoi figli? La risposta è no. È stato allora il destino a tradire i rivoluzionari o viceversa, essi hanno perso una battaglia vitale?

Allora Tenco cantava «Vedrai vedrai» e quella “generazione” di “Illogicamente allegri, illogicamente sofferenti”, quei giovani che cominciavano a diventare una categoria sociale separata sapevano che qualcosa nell’aria sarebbe cambiato («Vedrai vedrai, vedrai che cambierà»). Spinta e appoggiata da una grossa fiducia, nonostante il peso di un compito che, seppur appariva ancora sfumato, era un dovere da portare a termine, quella del sessantotto era la generazione della speranza e fu questa stessa sicurezza che la incoraggiò ad essere eroina del cambiamento.

Così se in qualche modo la scrittrice sente di aver vinto, poiché nel mondo di oggi “si sente il sapore della libertà”, tuttavia oggi la libertà tanto agognata di essere al di là del dover essere è conquistata solo in parte. E, al contrario delle generazioni passate, il futuro come aspettativa è quel peso che grava inesorabile sulle spalle della generazione di oggi.

«Mentre oggi, sì oggi, siamo tutti un po’ circondati di buio e tristezza. Si dirà: ma prima eravamo giovani! Ma anche i giovani ora non sono allegri, si divertono (forse), fanno figli (non sempre), si affaticano (a cercare lavoro)… L’eccezionalità per noi era la vita stessa. Oggi purtroppo vediamo giovani che credono che l’eccezionalità sia solo data dalla missione da compiere. L’eccezionalità è negli atti e non nella vita stessa.» Poi continua per un finale che formula nuove conclusioni e apre a maggiori interrogativi: «Noi non capimmo qualcosa di essenziale, ci bastò produrre un contagio: il mondo cambiò in fretta. Ma come quando le comete muoiono senza lasciare traccia, anche noi fummo esclusi dal cambiamento che avevamo desiderato

Chi sono i veri eroi? Forse i figli di oggi ai quali spetta, così come accadde per la generazione del ’68, di accogliere l’eredità del passato e reagire ad un presente questa volta però privo di futuro.

 Fonte immagine di copertina: La Lepre Edizioni.

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