L’inferno è una buona memoria di Michela Murgia | Recensione

L'inferno è una buona memoria

Michela Murgia è nata a Cabras nel 1972 e vive a Roma. Scrittrice e saggista, nel 2006 ha pubblicato con Isbn Edizioni Il mondo deve sapere, il diario tragicomico di un mese di lavoro che ha ispirato il film di Paolo Virzì Tutta la vita davanti. Per Einaudi ha pubblicato, fra le altre cose, il romanzo Accabadora, vincitore del Premio Campiello 2010, e Ave Mary nel 2011. Conduttrice di programmi televisivi e radiofonici, intellettuale militante, collabora con L’Espresso. Il suo ultimo romanzo è Chirú (2015), il suo ultimo saggio è Futuro interiore (2016), entrambi pubblicati da Einaudi. Per la piattaforma di podcast Storielibere.fm sta curando il ciclo Morgana, storie di donne controcorrente, innovatrici, rivoluzionarie. Ha inaugurato inoltre la nuova collana di Marsilio PassaParola, una collana dedicata ai libri che hanno toccato in particolar modo la vita di uno scrittore. Michela Murgia ha scelto il fantasy ispirato al ciclo bretone Le Nebbie di Avalon di Marion Zimmer Bradley, intitolando così il suo libro L’inferno è una buona memoria.

L’autrice, attratta dalla copertina, acquista il libro in un’edicola poco prima di mettersi in viaggio in nave da Olbia a Civitavecchia. Resta esterrefatta dal modo in cui Zimmer Bradley rivisita i miti di re Artù, dando particolare importanza e predominio alle donne e al loro modo di pensare e operare, donne che nella tradizione vengono invece spesso trascurate. Definisce il libro “Uno degli atti di militanza più forti che mi sarebbe capitato di vedere nella vita”. Alla fine del viaggio in nave, la Murgia non sarà  più la stessa di prima: diventa femminista.

Le nebbie di Avalon è una sorta di atto di rivolta narrativa, un libro politico, in cui la Murgia nota una dirompente differenza tra le donne-streghe descritte nel libro, donne capaci di mutare il destino degli uomini loro vicini e quelle invece presenti nelle favole che venivano proposte all’autrice da bambina.

L’inferno è una buona memoria di Michela Murgia

L’autrice sostiene che sarebbe superfluo etichettare il libro come un libro femminista, nonostante per certi versi lo sia, poiché questa non può e non deve essere l’unica chiave di lettura del romanzo, ridotto così a una “frittata ideologica” a base di magia e matriarcato. Il femminismo non esiste come fenomeno omogeneo: esistono i femminismi. Si è femministe se si oppone resistenza alla condizione generativa come destino, ma si è femministe anche se la si rivendica, nonostante magari non si facciano figli. Si è femministe se si crede che uomo e donna siano uguali e debbano godere della stessa dignità, ma lo si è anche pensando che le donne siano diverse e che questa dignità sia invece da ricercare proprio nella differenza.

La Murgia scrive:

“A cinque anni sognavo di diventare suora perché le suore – spose di un marito abbastanza assente come Gesù – mi sembravano più importanti delle moglié[…]”

Un continua analisi dell’opera di Zimmer Bradley, con costanti riflessioni operate dall’autrice circa il ruolo delle donne nella società attuale e sui ruoli di genere.

 

Fonte immagine: ufficio stampa.

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