L’uccello blu di Erzerum di Ian Manook | Recensione

Ian Manook

Una delle pagine più terribili della storia contemporanea è al centro del romanzo di Ian Manook: il genocidio armeno

Tra le pagine più terribili della storia contemporanea, ma forse meno note – per la distanza da noi o perché la triste soglia dell’atrocità è stata uguagliata dalla soluzione finale hitleriana, appena pochi anni dopo – è il genocidio armeno, al centro del romanzo di Ian Manook L’uccello blu di Erzerum, pubblicato da Fazi Editore. Un romanzo forte, crudo, tagliente come una lama e doloroso come un pugno, che scuote la coscienza del lettore con l’orrore di fatti qui narrati e troppo spesso dimenticati. L’autore trae la sua materia narrativa dai racconti della nonna, rielaborati e romanzati nelle vicissitudini personali dei protagonisti, inventati, ma non nella materia storica, e lo fa senza omettere nulla della tragedia, della violenza e della crudeltà vissuta dal popolo armeno a causa della persecuzione turca. Si tratta, a tutti gli effetti, del primo genocidio della storia contemporanea, soprattutto in riferimento alla sistematicità delle operazioni, ripetute ai danni del popolo ebraico appena alcune decine di anni dopo.

Il racconto parte nel 1915 nell’Armenia turca. Araxie vive nei pressi di Erzerum e ha dieci anni quando vede sua madre morire a seguito di indicibili torture per mano di tre predoni curdi, che accecano la sorellina di sei, Haiganouch. Le due bambine, salvate per miracolo dalla milizia volontaria armena, riescono a raggiungere uno zio, dove riconquistano una breve parentesi di normalità, spezzata bruscamente dal foglio di via: gli armeni sono costretti a lasciare le loro case ed i loro beni e marciare insieme verso una nuova destinazione.  È l’inizio della fine, della deportazione che condurrà allo massacro sistematico degli armeni cristiani, per un totale di 1.500.000 vittime stimate. Durante le atroci marce della morte, in migliaia morirono per sfinimento, fame o per le precarie condizioni igienico-sanitarie, e altrettanti – uomini, donne e bambini il cui sangue versato macchia ancora indelebilmente quelle terre – sotto la lama dei miliziani turchi di religione musulmana. Queste marce furono organizzate sotto la supervisione di ufficiali dell’esercito tedesco, alleati dell’Impero Ottomano durante la Grande Guerra, e si pensa che fornirono il macabro modello per il successivo olocausto ebraico.
Inizia così l’odissea delle due piccole armene, che potranno contare soltanto sulla loro forza e sul legame che le unisce. L’uccello blu di Erzereum assurge così al ricordo dei tempi ormai andati di un’infanzia serena e della libertà, ma è anche simbolo di speranza e resilienza: la speranza di sopravvivere la straordinaria forza di volontà e coraggio che Araxie ed Haiganouch, una aggrappandosi al suo innato senso pratico e l’altra alla pratica della poesia, dovranno dimostrare per sopportare e superare le avversità, la violenza, i repentini cambiamenti e le sfide che le circostanze presentano; fino all’ultima, più grande sfida: l’allontanamento forzato l’una dall’altra, perse in un mondo che sembra aver perso la bussola, in balia della follia. Pochi personaggi positivi si stagliano sullo sfondo, come colonne che reggono tutto il peso dell’ormai persa umanità sulle spalle: la dolce Assina, data in sposa troppo presto, i miliziani armeni Haigaz e Agop, che combattono per la libertà e la salvezza del loro popolo con l’entusiasmo e l’idealismo dei giovani, l’americano Cristopher, che con la sua fotocamera documenta ciò che a voce non si potrebbe raccontare, Hovannes, americano d’adozione, la vecchia Chakée, inestimabile ancora di salvezza nel momento più buio. Personaggi che ricordano che, dopotutto, l’uccello di Erzerum potrà tornare a volare, e con esso la speranza di un futuro diverso. Ma il lettore conosce già il resto della Storia: l’uomo non ha imparato dai suoi errori e anzi, ha affinato la tecnica per reiterarli con maggiore crudeltà.

Ian Manook scrive un romanzo durissimo e difficilissimo da leggere, per l’atrocità e la crudeltà della materia trattata ed il senso di impotenza derivante, ma indimenticabile, che non può lasciare indifferenti.

 

A proposito di Giorgia D'Alessandro

Laureata in Filologia Moderna alla Federico II, docente di Lettere e vera e propria lettrice compulsiva, coltivo da sempre una passione smodata per la parola scritta.

Vedi tutti gli articoli di Giorgia D'Alessandro

Commenta