Michele Prisco e la sua peculiare traiettoria letteraria

Michele Prisco

Michele Prisco è stato un noto romanziere, saggista, novellista e giornalista del XX secolo, è stato uno dei più grandi intellettuali del secolo scorso. La sua è una personalità molto particolare, è stato, infatti, attivo e attento su più fronti contemporaneamente, risultando essere uno degli autori più prolifici del ‘900 italiano. 

Michele Prisco rispecchia la figura di uno scrittore anticonvenzionale, a tratti anche controverso e ambiguo, rispecchia la figura di uno scrittore controcorrente, che non segue le mode, che non si fa attirare dalle voghe in auge. Durante tutta la sua vita ha preferito seguire le sue idee, sebbene spesso considerate obsolete, ha sempre preferito costruire il suo personale stile, che connota indubbiamente ed enormemente le sue opere, che sembrano, infatti, portare tra le righe, in modo costante e imperterrito, la sua firma. Pertanto, il tratto che maggiormente contraddistingue le opere prischiane è Michele Prisco stesso, autore che ha saputo trattare temi di non facile manipolazione, che ha sempre tenuto a cuore la sua città, senza mai confondersi troppo con essa, autore che veniva dal Meridione Italiano, ma non autore meridionale. 

Recentemente ci si sta battendo molto per la riscoperta dell’autore vesuviano, che non ha dato solo voce a sé stesso, ma anche alla gente di molti quartieri napoletani, a diversi prototipi di figure femminili, tutti soggetti caduti in un profondo oblio, nel dimenticatoio, verso cui c’era ben poco interesse. Giacché Michele Prisco è stato poliedrico e trasversale, i punti da osservare sono svariati, come il rapporto con il giornalismo, il linguaggio versatile, l’influenza del verismo italiano, l’intento di rappresentare la società che lo circondava come proponeva la comédie humaine

Prima di analizzare le tecniche stilistiche di Michele Prisco e di passare in rassegna alcune delle sue più importanti opere letterarie, è opportuno soffermarsi sul Prisco giornalista. Infatti, egli non è stato solo un celebre romanziere, ma anche un impegnato giornalista. Quello del giornalismo era un “secondo mestiere”, perché, come lo stesso Prisco afferma, sebbene fosse uno scrittore di un successo più o meno esteso, non poteva vivere solo di quel primo mestiere. Il giornalismo era un ambito molto faticoso e difficoltoso, in cui lo scrittore aveva incontrato diverse difficoltà: era estremamente laborioso scrivere pezzi e articoli su commissione, ma era altrettanto difficile rispettare i tempi e in un certo senso essere schiavi del tempo stesso, era notevolmente faticoso anche continuare a restare in piedi nel modo giornalistico poiché a un certo punto vi si preferì uno stile meno elaborato, più indiretto e crudo. Questo secondo mestiere, ciò nonostante, fu molto importante e costruttivo, e si creò uno scambio bilaterale tra il Prisco scrittore e il Prisco giornalista: nella sua narrativa emerge spesso un tratto della penna diretto e conciso; allo stesso modo nel suo giornalismo si può intercettare “l’animale narrativo”. 

Comunque, un punto di particolare attenzione è indubbiamente lo stile adoperato da Prisco, uno stile personale, il cui linguaggio appare profondamente originale. Tutto ciò rientrava nei suoi propositi: la ricercatezza formale era un fine da perseguire. Da qui deriva un linguaggio attento ai contesti, alle situazioni, ai personaggi, alle attitudini psicologiche dei personaggi. La costruzione sintattica e lessicale impiegata dall’autore ne rivela il suo timbro narrativo: infatti, è come se i suoi costrutti fossero dotati di musicalità. Quindi, le forme della narrazione da lui utilizzate rispecchiavano pienamente il fine e l’intreccio: laddove la storia proseguiva in modo lineare, allora lo stile era anch’esso semplice; laddove, invece, l’intreccio proseguiva in maniera più movimentata, allora anche il suo stile seguiva tale vortice. Si può operare un paragone tra l’autore vesuviano, Prisco, ed il verista siciliano Giovanni Verga. Riaffiora questa somiglianza considerando in particolar modo la prima produzione verghiana. Prisco presso la casa natale aveva avuto l’opportunità fin da piccolo di trarre ispirazione dalla ricca biblioteca domestica, infatti, proprio in gioventù aveva letto gli autori veristi. Pertanto, ciò rafforza l’idea dell’influenza di Verga su Michele Prisco. 

Comunque, a tal proposito è doverosa un’analisi più approfondita, esponendo alcuni esempi di tali affermazioni. Prendendo in considerazione il romanzo epistolare di Verga Storia di una Capinera e la novella La sorella gialla tratta dalla raccolta de La provincia addormentata di Prisco, possiamo notare che, in entrambi gli scritti, la narrazione è in prima persona, affidata a un narratore inaffidabile, che in un modo o nell’altro dà spazio ai moti del cuore. La narrazione viene affidata a due giovani donne, inesperte delle relazioni amorose, inesperte di vita. Sia Maria che Iris sono costrette a osservare la felicità coniugale delle sorelle, mentre loro sono obbligate a seguire la via monastica. Ancora poi, Prisco, come Verga, mette in scena finali dai tragici destini, denotati da angoscia. Inoltre, altre somiglianze che si possono segnalare sono: le descrizioni di carattere ottocentesco; il trattamento (simile ma non uguale) della figura maschile; la supremazia del principio di ereditarietà; infine, l’utilizzo del discorso indiretto libero. 

D’altro canto Michele Prisco attinge temi e tecniche anche dalla maestosa letteratura francese: a tratti pare che Prisco riproponga la comédie humaine, progetto di Honoré de Balzac, che voleva rappresentare in modo soddisfacente la realtà che lo circondava. Dunque, si può parlare in un certo senso di rivisitazione del modello letterario d’oltralpe. 

Comunque, è assolutamente importante menzionare il 1966, anno importantissimo per Michele Prisco, anno della vittoria del premio Strega con il romanzo Spirale di nebbia, che vede poi l’autore al centro di numerosi dibattiti. In tale occasione Prisco era stato ferocemente criticato e in molti affermarono che la sua vittoria fu ottenuta grazie all’operazione della destra culturale. Comunque, questo è un romanzo la cui trama ruota attorno a una crisi coniugale, e proprio a causa del tema trattato principalmente da autori di moda, in pochi credevano nella sua vittoria, mentre davano per favorito Calvino, con Le cosmicomiche. Ma bisogna ricordare, come afferma Walter Pedullà, che Prisco propone personaggi estremamente sinceri, perché sono capaci di mentire a sé stessi, caratteristica propria di qualsiasi essere umano, che quindi rispecchia una certa verosimiglianza. 

Altro punto cruciale della produzione prischiana è indubbiamente il romanzo Il pellicano di pietra, romanzo che segna la svolta di Prisco. L’autore coglie questa occasione per descrivere la sua provincia tormentata, dolente, affamata, rassegnata, sofferente, in seguito agli eventi bellici, tutto ciò fa da cornice a una storia molto particolare, tragica, estremamente scenica. La protagonista è Giuseppina Savastano, emblema del cinismo, della freddezza, della desertificazione affettiva, della desolazione: questa donna sembra non conoscere l’amore, la logica del cuore, è una donna avara, che pensa solo alla sua persona, che è disposta a far qualsiasi cosa pur di raggiungere e soddisfare il proprio egoistico interesse. Questa donna rappresenta lo squallore umano, il profitto, la banalità, il consumismo, infatti, la sua ascesa economica si contrappone ferocemente alla sua bassezza morale. Giuseppina, di conseguenza, pur di soddisfare il proprio piacere sessuale, sottrarrà il fidanzato alla figlia Maddalena, lasciandola in preda al dolore. Ma l’intreccio prenderà una spiacevole piega: la madre arriverà ad uccidere la figlia. Il titolo del romanzo riassume brevemente la trama che segue, e pertanto ha un valore simbolico ed emblematico: il pellicano è un uccello disposto a farsi straziare le carni dai suoi piccoli se si trova nella necessità di sfamarli e se non ha altre possibilità. In questa storia le parti si sono rovesciate e le figlie del pellicano (di Giuseppina) non hanno trovato nutrimento, ma si sono scontrate con una durezza di pietra.

In conclusione, Michele Prisco è stato un autore dalle mille sfaccettature, che durante il corso della sua vita ha vissuto cambiamenti, ma senza mai apparire troppo diverso. Prisco è stato un autore dalle mille idee, voglie, desideri, alcuni di essi mai realizzati, come si può notare in merito al progetto di un romanzo storico ambientato a Napoli e che si pentirà di non aver mai portato a termine solo dopo aver visto la pubblicazione de Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Infine, la sua ampia produzione è testimone di un’epoca, di una storia, di alcune tendenze letterarie piuttosto che altre, così come tutto ciò che avvolge la figura di Michele Prisco. 

Fonte immagine: Wikipedia

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