Mina Settembre nel nuovo libro di Maurizio De Giovanni

Mina Settembre

Il 15 settembre 2020 esce per Einaudi l’attesissima nuova avventura di Mina Settembre, l’eroina “fuori posto” che nella scrittura di Maurizio De Giovanni trova il perfetto equilibrio tra forma e contenuto.

Annunciato sin dai torridi mesi estivi, il nuovo romanzo di Maurizio De Giovanni ha fatto incetta di pre-prenotazioni anche dall’estero per poi schizzare direttamente ai vertici delle classifiche dei libri italiani più letti e desiderati.

Ma cosa avrà di tanto particolare questa figura femminile immaginaria per attirare su di sé l’attenzione di migliaia di lettori? La nostra risposta è immediata: una sorta di calamita interna, entro e fuor di metafora. Una calamita è, infatti, un corpo che genera un campo magnetico, un campo invisibile all’occhio umano ma di cui sono ben noti gli effetti, essendo in grado di spostare materiali ferromagnetici come il ferro e attrarre o respingere due magneti. Mina è tutto questo, e, una volta immersa nell’inchiostro dell’ironia di De Giovanni e lasciata asciugare e prender vita in quel dedalo di vicoli e viuzze dei Quartieri Spagnoli di Napoli, diventa un’eroina: una calamita per le calamità del tutto irresistibile.

Sono molteplici le angolazioni da cui guardare questa vera e propria forza della natura che segue il suo istinto e trascina con sé chi incontra con tutta la potenza vulcanica della città da cui proviene. Come ha più volte spiegato il suo creatore, Maurizio De Giovanni, Mina Settembre è, paradossalmente, una donna “fuori posto” che da questo dettaglio esistenziale tirerà fuori la grinta e la voce necessarie per venire alla ribalta e non accettare compromessi o sotterfugi di alcun tipo.

«Mina è fuori posto in tutto: fuori posto nel suo corpo, perché vorrebbe essere vista per il proprio impegno sociale e l’ intelligenza e non per il fisico strepitoso; fuori posto a casa sua, perché dopo il divorzio vive, vessata dalla madre, nella stanzetta di quando era piccola perché non ha i soldi per andare da un’altra parte; fuori posto nel suo ambiente di lavoro, perché è nata e cresciuta in un ambiente borghese e quelli dei Quartieri Spagnoli la vedono come una dei quartieri alti, e infine anche nell’amore, perché dopo il matrimonio con il magistrato De Carolis s’innamora di un uomo che maltratta, come spesso succede alle donne quando si comportano da adolescenti».

Date le suddette premesse, il magnetismo è inevitabile. Mentre la prima avventura, pubblicata nel 2018 con Sellerio, vedeva Gelsomina Settembre – questo il nome completo all’anagrafe letterario – alle prese con “Dodici rose” lasciate da un misterioso assassino sul luogo del delitto, stavolta il caso con cui Mina si misura avviene in una soffitta. Una soffitta priva di riscaldamento in un palazzo affascinante e un po’ datato tipico dei Quartieri: una soffitta in cui viene trovato morto un uomo e fa troppo freddo. Troppo freddo per Settembre.

Troppo freddo per Settembre: la nostra recensione

Il romanzo comincia, in realtà, con una dedica. La dedica di Maurizio De Giovanni a sua madre, scomparsa a pochi giorni dall’uscita del libro, che in sé inizia con una storia raccontata da un nonno alla sua nipotina. Una bambina di dieci anni, dai grandi occhioni scuri, che avrà un ruolo dirimente nella vicenda a sua volta raccontata e sagacemente svolta nel corso del testo. Mina prende letteralmente forma tra le prime pagine del romanzo aprendo gli occhi: è così che si scopre ancora una volta “fuori posto”, in dormiveglia nel suo letto mentre sua madre – affettuosamente definita il suo “Problema Uno” – le conta quanti capelli (bianchi, e perciò stesso “fuori tempo”) ha in testa.

In balia dell’annoso “Problema Due” che la rende fragile e conturbante, Mina percorrerà il tortuoso percorso che da casa sua, nel cuore di Posillipo, la porterà nel ventre di Napoli in cui lavora, al Consultorio Est dei Quartieri Spagnoli. È qui che ritroverà i volti già noti a chi ha letto la sua prima avventura: Domenico Gammardella, il timido ginecologo molisano col fascino di un attore e lo stesso stuolo di ammiratrici al seguito, ed il portiere del palazzo Trapanese Giovanni detto Rudy, memoria storica dei Quartieri e con le mani in pasta in tutti i suoi meandri, oltreché con gli occhi ipnotizzati da quel magnete incandescente costituito dal Problema due succitato, coprotagonista di varie scene esilaranti e fonte di riflessione al margine per chi volesse soffermarsi a considerarlo come un problema, al di là di un punto di forza e motivo di invidia così come superficialmente ritenuto dai più.

Una nuova storia per Mina Settembre

È una donna, stavolta, a chiedere aiuto a Mina. Una donna dal passato difficile ma ferma e buona nell’animo, che ha vissuto senza suo marito ed ora si batte perché lo stesso destino non ricada sul figlio. Il figlio è, infatti, il primo sospettato dell’omicidio dell’uomo in soffitta, che tra l’altro conosceva bene. Un professore di lettere in pensione trovato morto alla ricerca di un po’ di calore mentre fuori fa troppo freddo e tutto si muove. E Mina sfida il gelo di gennaio con tutta la forza conturbante che incarna, spiazzante come un ciclone a settembre.

Foriero di siparietti tragicomici anche il duo costituito dal buffo maresciallo Gargiulo e dal sottile magistrato De Carolis, ex marito di Mina e che ora sembra averla dimenticata e rimpiazzata con una bionda presentatrice televisiva e patinata. Figura-chiave del romanzo è però l’uomo defunto, architrave che tutto sorregge, e che, sin dalle prime sagge pagine, si capisce essere una fonte inestimabile di lungimiranza. Alla bambina che chiede al nonno come capire se una coincidenza può essere positiva e/o negativa, l’uomo difatti risponde con una sentenza che allo stesso tempo può racchiudere la sequenza “magnetica” di tutto questo bel romanzo:

«Piccolina, si deve fare una cosa che quasi nessuno sa fare. Una cosa difficilissima, che si impara con fatica e sofferenza.– Cioè?– Aspettare, amore mio. Si deve aspettare.»

Va letta tutta d’un fiato questa nuova avventura di Mina Settembre, perché è una storia che sfida tanti luoghi comuni e affronta e smonta pregiudizi, lasciando il segno e non facendo sconti. Il nostro passo preferito è tagliente come l’andamento sinuoso di Mina che scandisce il ritmo del romanzo. Fuori posto, è vero, ma impavido. Come l’orsacchiotto che la bambina porta sempre con sé e che figura fedele al suo fianco anche nell’immagine di copertina assai ardita. Un passo coraggioso che fa un salto doppio ed ha un potere magnetico, come una calamita.

«Accompagnata soltanto dal suono dei suoi passi sulla pietra lavica che pavimentava il vicolo, pensò che le mancavano perfino i pesanti commenti degli uomini al suo passaggio, talora non volgari bensí addirittura poetici. Non temeva, diversamente da Domenico e Rudy, per la propria incolumità o per l’eventualità di non poter piú praticare il proprio mestiere: era invece arrabbiata per la paura degli altri, la vigliaccheria che costringeva chi voleva vivere alla luce del sole a ritirarsi nell’ombra di un sistema basato su violenza, traffici loschi e criminalità. Aveva provato a spiegarlo ai due uomini, quando lo strano personaggio a metà fra un orango e Babbo Natale era andato via dal consultorio. Quello di cui avete paura, aveva detto, è il motivo per cui siamo qui. Non si può lottare contro la paura, se si ha paura

Fonte immagine: Ufficio Stampa.

A proposito di Giulia Longo

Napolide di Napoli, Laurea in Filosofia "Federico II", PhD al "Søren Kierkegaard Research Centre" di Copenaghen. Traduttrice ed interprete danese/italiano. Amo scrivere e pensare (soprattutto in riva al mare); le mie passioni sono il cinema, l'arte e la filosofia. Abito tra Napoli e Copenaghen. Spazio dalla mafia alla poesia.

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