Colpa di chi muore, il romanzo d’esordio di Gianluca Calvino | Recensione

Gianluca Calvino

“Colpa di chi muore” di Gianluca Calvino è un libro da maneggiare, che soddisfa un piacere irrinunciabile.

Si lascia ascoltare perchè le sue pagine propongono una vera e propria playlist di canzoni. Si lascia degustare perchè è un percorso alla scoperta del sapore.
Calici di buon vino e pinte di ottima birra donano essenza alla penna dell’autore creando un incrocio bello di sensazioni, come bello è tutto ciò che gravita intorno al caleidoscopico mondo dei personaggi risucchiati ognuno nella medesima torbida vicenda.

È la città di Napoli il mondo delle individualità che prendono corpo nel testo. Un apparato scenico in cui non è difficile imbattersi in “quelli persi, andati, spiritati, fottuti. Quelli con l’anima in fiamme”. Quelli che, inerpicandosi per i suoi vicoli, magari ascoltano Pink.

“Where there is desire, there is gonna be a flame

Where there is a flame, someone’s bound to get burned”

E sanno bene che dove c’è una fiamma qualcuno è destinato a bruciarsi, e che la vita va così.

Si tratta del romanzo d’esordio di Gianluca Calvino, editor e consulente letterario. Il suo è un noir sui generis, che deve il suo sex appeal a un labirinto sfavillante di personaggi ben costruiti, intenti a provocare con costante irriverenza l’immaginario dei potenziali lettori.

“La colpa è sempre di chi muore. Quando si indaga su un omicidio si dovrebbe tener presente questo assioma. Il morto dovrà pur aver fatto qualcosa per essere ucciso. No?”

“È colpa di chi muore” suggerisce più di una volta la musica in filodiffusione sulle note de La cattiva strada di De Andrè, al “Morrigan”.

Mentre si legge il libro, si srotola nell’aria l’armonia ossessivamente ripetitiva di questa canzone, che quasi sembra tracciarla una strada, risucchiando il lettore e costringendolo a imboccarla e a incamminarsi, sebbene essa sia “cattiva”.

È il commissario Marcello Orlando, affiancato da Egidio Conti, ad avere l’incarico di sbrogliare la matassa fittissima e sterminata di fili invisibili chd unisce un duplice omicidio.
Un assassino ha ucciso due giovani insegnanti di lingua italiana per stranieri con un bastone. I due sono ex colleghi di Paolo Mancini, un insegnante solitario che divide il suo appartamento con un disegnatore di fumetti appassionato di manga giapponesi. Un tipo che conduce un’esistenza più virtuale che reale, ma pur sempre discreto, colto, simpatico e amante del buon vino.

Si tratta di un noir sofisticato in cui gli indizi si accumulano pagina dopo pagina e scoperchiano un vero e proprio vaso di Pandora colmo di un inquietante retroscena criminoso, dinamiche psicologiche perverse e atmosfere poco rassicuranti, il cui filo conduttore è, sempre, l’ironia.

Nel libro di Gianluca Calvino agisce l’umorismo, per cui i lettori seriosi-melodrammatici farebbero bene a tenersi a distanza

Non sono tanto le azioni dei personaggi a caratterizzare questo romanzo, ma l’atteggiamento che hanno verso la vita e verso la morte. Freddo, cinico, impertinente. Un atteggiamento che accomuna il commissario Orlando all’insegnante Mancini, le cui irresistibili battute fanno da sfondo a tutta la trama che viene resa, in questo modo, innovativa, avvincente ed efficace.

Nella galleria dei personaggi del libro spiccano, senza dubbio, “un centinaio di chili mal distribuiti, abbruttiti ulteriormente dall’abbigliamento” che portano il nome di Marianna Russo, una donna del tutto priva di grazia, uno di quegli insopportabili soggetti superbi che non vorremmo mai incrociare sulla nostra strada. Si tratta della titolare del negozio “Marianna Fashion”, affezionatissima ai suoi immancabili stivali con le borchie dorate, “una donna brutta dentro quasi più che fuori”.

Altrettanto singolare è il direttore della scuola di lingua italiana per stranieri. Un uomo impassibile al mondo intero, che ha incollato sul volto un sorriso a mezza bocca anche quando è serio. Un pazzo, diciamo.

Il romanzo si legge d’un fiato grazie alla scorrevolezza della scrittura. Emerge dal testo di Gianluca Calvino un intreccio ben studiato e l’inserzione di qualche intrigo amoroso che contribuisce alla leggerezza peculiare di questo noir e conduce le indagini all’epilogo, davvero inatteso e appassionante.

L’assassino sembra indicare a tutti che la colpa, sulla sua cattiva strada, è sempre di chi muore. E se la sua strada è cattiva è bene che lo sia.

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A proposito di Chiara D'Auria

Nata e cresciuta in Basilicata, si laurea in Filologia Moderna presso l’Università Federico II di Napoli. Scrive per abbattere barriere e scoperchiare un universo sottopelle abitato da anime e microcosmi contrastanti: dal borgo lucano scavato nella roccia di una montagna avvolta nel silenzio alle viuzze partenopee strette e caotiche, dove s'intravede il mare. Scrive per respirare a pieni polmoni.

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