Tinder Generation: due chiacchiere con lo scrittore Ciro Zecca

Tinder Generation: due chiacchiere con lo scrittore Ciro Zecca

Questa è la Tinder generation: è così facile spingere con il proprio pollice a destra o a sinistra, per apprezzare o meno un potenziale partner.

È una vetrina che pone inevitabilmente una distanza fra i soggetti. Se da un lato semplifica le cose, perché sei certo – senza equivoci – che le intenzioni sono più o meno le medesime tra coloro che interagiscono, dall’altro vede un’alienazione dei protagonisti, che finiscono per sentirsi in dovere di non rispettare più la persona con cui si sta interagendo.

Comincia infatti a sparire l’empatia e le cose diventano più facili, ma anche più fredde, più distaccate, più meccaniche. Serve davvero questo? C’è chi afferma di arricchirsi ugualmente, attraverso l’incontro di nuove persone e nuovi punti di vista; c’è chi invece si sente terribilmente vuoto, dopo che l’”ennesima” persona è entrata nella propria vita e poi ne è immediatamente uscita.

Della Tinder generation e delle nuove tendenze correlate abbiamo parlato con Ciro Zecca, scrittore per il cinema, che attualmente lavora per la Lucky Red. Probabilmente vedremo presto sul grande schermo un altro film (il terzo) scritto da lui e prodotto da Medusa.

Tinder generation, una chiacchiera con Ciro Zecca sulle nuove tendenze nel campo delle relazioni

Lo hai detto tra le righe del tuo libro, Diario di un bastardo su Tinder, ma ribadiamolo chiaramente: cos’è Tinder per te?

Penso che il successo che ha avuto lo abbia avuto perché risponde a varie necessità e vari desideri degli utenti: avere un’ampia scelta, una facilità di approccio, il potersi nascondere dietro un telefono… Tantissimi vantaggi dà Tinder. Poi a me, lo hai visto anche nel libro, ciò che più ha colpito tra gli effetti collaterali è il fatto di alienarmi. Prima di Tinder mi era più facile vedere una ragazza carina e avvicinarmi. Dopo è stato più difficile. È come se volessi uno schermo pure lì, vuoi accertarti di piacerle. Ti dà una grande sicurezza il fatto che abbia messo “mi piace” alle tue foto. Ti allontana dalla vita vera. Consiglierei a tutti di usarlo un po’ e poi di cancellarlo. È un peccato se uno non lo prova come molte cose nella vita. Alla lunga non fa bene. Solo quando non hai chance, può darti una mano. Per me è come la dipendenza da alcool.

Oggi le app di dating sono particolarmente diffuse. Persino Facebook ha dichiarato di voler implementare le proprie funzioni in tal senso. Cosa ne pensa Ciro Zecca?

Mah, penso che sia comunque una cosa positiva. Anche se mi stanno dicendo che in tal senso, rispetto a Instagram, sta diventando più obsoleto. Il dating è una delle principali funzioni che ha dato Facebook. Prima di Tinder c’era Facebook e lo usavamo per rimorchiare. Anche se poi si è creato quasi subito un certo scetticismo da parte delle ragazze soprattutto. A me non ha aiutato tantissimo, ma se sei famoso invece sì.

Ghosting e zombieng, due prestiti stranieri. Cosa ne pensi del fenomeno che rappresentano?

Beh siamo dei vigliacchi. Anche io l’ho fatto delle volte. In quel momento mi chiedo sempre “ma comunque non è meglio sparire che dire ‘non mi interessi’?” Dire “non mi interessi” ferisce, magari sparire e lasciare il dubbio… Uno pensa che non è che non mi interessavi, ma è successo altro nella mia vita. A me non è mai capitato di interessarmi a qualcuna di Tinder, ma il contrario sì. Per gli uomini che ritornano, invece, se lo fanno è perché, al 90%, vogliono sc***re e scorrono la rubrica. Però chi fa così probabilmente o è una persona che non ha molte chances o che sa comunque di poterci riuscire insistendo. Dipende dal vuoto che sta vivendo in quel momento. Mi suonano un po’ come dei ripieghi.

È forse una generazione di codardi, la nostra? Cioè pensi ci sia una differenza tra la nostra e quella che ci ha preceduti?

Quella che ci ha preceduto non lo so. Che noi siamo codardi invece sì, è vero. Ci sono tante ragazze che se le incontro per strada mi sputano in faccia, a prescindere dal libro. Perché è vero, io sono sparito molte volte dal giorno alla notte, senza dirlo. Perché poi Tinder mi ha creato un effetto di repulsione, mi ha fatto dire “ma cosa ho fatto?”. E quindi sparisci perché la verità è troppo dura. Come fai a dire a una persona che non te ne importa più nulla di lei? È difficile.

Cosa vorresti, alla fine, aggiungere al discorso sulla Tinder generation?

Ci tengo alla fine a ribadire che è stata un’esperienza come da drogato e ho deciso a un certo punto di smettere. È strano, ma non ho un bel ricordo di quel periodo, non ero felice, però sono contento di averlo fatto. Sono stati 12 mesi pieni di picchi emotivi (anche se effimeri), come in un diagramma, e di adrenalina. La vita è un po’ noiosa e quello è stato figo, anche se sapevo che erano persone filtrate e che non avrei voluto conoscere di più. Mi manca l’adrenalina, ma ora se vedo anche solo l’applicazione ho un rigetto.

Dell’autore Ciro Zecca abbiamo recensito Diario di un bastardo su Tinder ed è un libro che vale la decisamente la pena leggere, soprattutto dopo questa chiacchierata.

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A proposito di Francesca Paola Esposito

Napoletana. Già laureata in Lettere Moderne alla Federico II, attualmente iscritta a Scienze storiche allo stesso ateneo. Vivo nel sospetto di aver imparato prima a leggere, poi a camminare. Certo è che da quel momento non ho più smesso.

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