Verrà la morte e avrà i tuoi occhi è una raccolta poetica che rappresenta il testamento spirituale di Cesare Pavese. Pubblicata postuma nel 1951, l’opera esprime il tormento soggettivo di uno dei più influenti scrittori e intellettuali del Novecento italiano, il cui pensiero andava spesso controcorrente rispetto alle tendenze letterarie dell’epoca.
Dal titolo si intuisce subito che le tematiche sono tutt’altro che positive, frutto di un passato doloroso e di profonde insoddisfazioni personali. Ma prima di analizzare l’opera, è fondamentale conoscere chi era Cesare Pavese.
Indice dei contenuti
Biografia di Cesare Pavese
Cesare Pavese nacque il 9 settembre del 1908 a Santo Stefano Belbo, in provincia di Cuneo. Dopo aver frequentato il liceo D’Azeglio a Torino, si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia e in seguito diventò un fondamentale traduttore di romanzieri americani, tra cui Walt Whitman. Questa influenza è evidente nella sua prima raccolta poetica, Lavorare stanca, pubblicata nel 1936.
Proprio in quegli anni venne mandato al confino a Brancaleone Calabro per antifascismo. Nel 1948 pubblicò La casa in collina, romanzo autobiografico che mette in luce la sua difficoltà a prendere parte attiva alla politica e alla Resistenza. Al termine della seconda guerra mondiale il suo stile venne considerato innovativo per la dualità di poesia e prosa, espressa con versi lunghi in un periodo dominato dall’Ermetismo, che privilegiava il verso corto e oscuro.
Nel 1950 pubblicò il suo ultimo romanzo, La luna e i falò, e scrisse le poesie di Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, prima del tragico suicidio avvenuto la notte tra il 26 e il 27 agosto nell’albergo Roma di Torino.
I temi chiave nel pensiero di Pavese
L’atteggiamento anticonformista di Cesare Pavese si riflette nei temi ricorrenti delle sue opere, spesso in bilico tra il reale e il mitico. Partendo da un’apparenza realista, influenzata dalla letteratura americana, Pavese scava in una dimensione simbolica e universale.
Tema ricorrente | Significato nell’opera di Pavese |
---|---|
La solitudine | È una condizione esistenziale, un rifugio dal mondo e una fonte di sofferenza per l’incapacità di comunicare. |
Il mito e l’infanzia | L’infanzia è vista come un tempo mitico e assoluto, un paradiso perduto a cui l’adulto non può più tornare. |
Il ricordo | È il motore della creazione letteraria. Il passato, in particolare quello legato alle Langhe, è il punto di partenza della narrazione. |
La morte | È una tentazione costante, un “vizio assurdo” visto come unica via di fuga dal dolore e dalla delusione della vita. |
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi: analisi della raccolta
La raccolta è composta da dieci poesie, due in inglese e otto in italiano, che segnano un ritorno al verso corto e lirico. Questi componimenti sono un diario intimo dedicato all’attrice americana Constance Dowling, ultimo grande e tormentato amore di Pavese. Il dolore per la fine di questa relazione pervade ogni verso, come testimoniato anche nelle pagine del suo diario, Il mestiere di vivere.
La delusione amorosa fu con ogni probabilità il catalizzatore che portò lo scrittore alla decisione di togliersi la vita. Per questo motivo la raccolta fu pubblicata postuma nel 1951, diventando il suo messaggio d’addio.
Per comprendere a fondo il senso dell’opera, analizziamo la poesia che le dà il titolo.
Analisi della poesia omonima
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi—
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
La poesia si apre con l’identificazione tra la morte e lo sguardo della donna amata. La morte non è un evento futuro, ma una presenza costante, un «vecchio rimorso, un vizio assurdo», un pensiero che accompagna il poeta da sempre. L’espressione «scendere nel gorgo muti» suggerisce un destino comune e silenzioso, un annullamento totale.
Un’altra immagine centrale è lo specchio. Esso non riflette solo il volto, ma anche i fallimenti e i limiti di un’intera esistenza, come l’incapacità di partecipare attivamente alla lotta partigiana. Lo specchio rappresenta l’accettazione di una verità dolorosa di cui Pavese prende piena consapevolezza.
Emerge inoltre un dialogo con Leopardi nel verso «O cara speranza». Come in A Silvia, la speranza è legata all’amore e al futuro; una volta che l’amore finisce, anche la speranza muore, lasciando solo il nulla. Questa scelta non è casuale e conferma l’intento testamentario della raccolta.
Le parole di Pavese celano la spoglia morte e avvolgono la poesia nel desiderio di porre fine ai propri giorni, riflettendo sulla fine dell’amore e su un profondo senso di inadeguatezza, persecuzioni che lo hanno infine condotto al suo triste destino.
Fonte immagine in evidenza: Wikipedia
Articolo aggiornato il: 25/09/2025