A Night at the Opera: un’analisi del quarto album dei Queen

A Night at the Opera

A Night at the Opera, il quarto album in studio dei Queen, rilasciato nel 1975, rappresentò una delle imprese discografiche più costose, ambiziose e assurde mai realizzate nella storia della musica rock.

Prima di registrare A Night at the Opera, i Queen dovettero affrontare una serie di problemi finanziari e legali con il loro management e l’etichetta discografica Trident. Dopo nove mesi di battaglie legali, riuscirono a sciogliere il contratto, ma a un costo salatissimo: avrebbero dovuto cedere l’1% dei diritti d’autore sui successivi sei album e pagare £100.000 e anche il tour pianificato fu annullato. Successivamente, firmando con EMI / Elektra, ebbero carta libera per realizzare il loro album successivo, il più costoso mai realizzato fino ad allora, registrato in sette studi diversi e utilizzando una tecnologia avanzata a 24 tracce.

A Night at the Opera dei Queen è universalmente riconosciuto un capolavoro e un punto di svolta nella storia della musica rock. Uscito nel 1975, questo album fu la prova dimostrativa della straordinaria versatilità della band nell’offrire una miscela eclettica ed esplosivi di generi musicali diversi, dal rock classico al vaudeville, passando per il tip tap e persino l’opera. Il brano più iconico del disco, Bohemian Rhapsody, ha infranto le convenzioni musicali tradizionali precedentemente esistenti e questo è riconosciuto pressoché da chiunque. Ma A Night at the Opera non è solo Bohemian Rhapsody: l’influenza dell’intero disco si estende ben oltre il mondo del rock, ispirando generazioni di musicisti e rimanendo una pietra miliare nel catalogo dei Queen e nella storia della musica moderna.

In questo articolo, daremo un’occhiata a ciascuna traccia del quarto album in studio dei Queen, A Night at the Opera, elaborando una vera e propria guida all’ascolto di questa pietra miliare della storia della musica.

1. Death on Two Legs

Il viaggio all’interno di A Night at the Opera dei Queen è originale fin dall’inizio: la canzone Death On Two Legs si distingue per la sua intensità e la sua aggressività, caratterizzata da riff di chitarra stridenti e una combinazione di voci acute contrastati dalla violenza di basso e di pianoforte. Il titolo stesso, con una dedica assai particolare, sottolinea il senso di vendetta e frustrazione del gruppo nei confronti del vecchio manager della band che ha ostacolato la loro ascesa, o per incompetenza o per ingordigia. Questo contrasto tra estremi opposti si riflette anche nel crescendo stridente e potente che caratterizza l’incipit della canzone, rimandando al tema lirico e all’eclettismo dell’intero album. Inoltre, è interessante notare come questa traccia possa essere considerata speculare a Tie Your Mother Down, brano di apertura del disco successivo, A Day at the Races, altro titolo che rimanda ad un altro film dei Fratelli Marx

2. Lazing on a Sunday Afternoon

Lazing on a Sunday Afternoon è un’altra composizione di Freddie, che lo si sente suonare anche il pianoforte. La canzone prende una direzione completamente diversa rispetto alla traccia di apertura, senza soluzione di continuità, in perfetto stile fratelli Marx: in questo espediente da poco più di un minuto c’è un’atmosfera da vecchio ragtime. L’effetto vocale è brillante poiché hanno registrato le voci e poi le hanno riprodotte attraverso un paio di cuffie posizionate in un secchio per creare un effetto retrò, la voce simile a quella di un megafono. È una canzone breve, ma in realtà piuttosto piacevole nonostante la sua atmosfera eccentrica.

3. I’m in Love with my Car

La terza canzone di A Night at the Opera fu composta da Roger Taylor,  batterista dotato di grande energia e dinamismo. I riff di chitarra rimandano effettivamente ai rombi delle automobili e aggiungono un elemento di rottura degli schemi, una costante di questo disco. Non a caso, anche il duetto tra i cori e la chitarra aggiunge un tocco eclettico e operistico, rimandando nuovamente al tema di fondo del quarto album dei Queen, creando un contrasto coinvolgente. La canzone è impostata secondo un tempo di 6/8, tempo di valzer, che rende la canzone dotata di un ritmo incalzante e ‘strambo’. Inoltre, è interessante ricordare che dal vivo il musicista era solito cimentarsi in una performance musicale di canto, oltre a restituire l’armonia delle sue percussioni.

4. You’re My Best Friend

Il bassista della band, John Deacon, compose la canzone per sua moglie, creando un brano bello e commovente. Nella registrazione, Freddie Mercury presta la voce, contribuendo anche ad un coro da armonie multiple ottenute attraverso l’uso di una tecnica di sovraincisione a più voci stratificate. Da notare che John Deacon non solo ha scritto il brano, ma ha anche contribuito alla sua realizzazione suonando il Wurlitzer Electric Piano e il basso. Il singolo, rilasciato come secondo estratto dall’album, ottenne un notevole successo commerciale, raggiungendo la nona posizione negli Stati Uniti e la settima posizione nel Regno Unito, con vendite che superarono il milione di copie. Questo risultato eccezionale è particolarmente significativo considerando che si trattava della prima canzone scritta da John Deacon per la band. Questo brano costituisce forse il lato più tenero di A Night at the Opera, è una splendida canzone pop che si distingue per la sua semplicità e la sua bellezza melodica. 

5. ‘39

Il chitarrista Brian May è l’autore di ’39, una canzone straordinaria che si distingue per la sua tematica fantascientifica e la sua profonda commistione di generi musicali, a partire da quello country. Il testo evoca immagini suggestive di viaggi spaziali e distorsioni temporali: come in una scena premonitrice del film Interstellar, la canzone esplora il concetto di viaggio nel tempo (i volunteers, volontari, protagonisti del brano viaggiano nello spazio nel ’39 del secolo precedente per fare ritorno 100 anni dopo, il ’39 del secolo successivo) e le sue conseguenze emotive, offrendo una prospettiva poetica e riflessiva che lascia un’impressione duratura. La tematica fantascientifica, tipica del genere progressive rock, viene magistralmente esplorata dalla band, mentre l’armonia celestiale e i cori altissimi conferiscono al quinto brano di A Night at the Opera  una dimensione epica e suggestiva, mentre il ritmo incalzante e l’arrangiamento musicale ne esaltano l’atmosfera avvolgente.

6. Sweet Lady 

In Sweet Lady, Freddie Mercury assume nuovamente il ruolo di voce principale dopo la traccia precedente e i Queen ritornano alle loro radici rock. Si tratta di una canzone molto complicata da suonare, con diversi cambi di tempo: Roger Taylor ha ammesso che è una delle più difficili da suonare nel documentario sul quarto album dei Queen del 2004, The Making of A Night at the Opera. Considerando comunque che la canzone è stata composta da Brian May, non sorprende che la sua mente brillante abbia creato un brano complesso. Ci sono alcuni momenti chitarristici interessanti da parte di May, ma nel complesso la traccia non è particolarmente memorabile.

7. Seaside Rendezvous

Ambientata in una scenario con protagonista un dandy sulla Riviera, Seaside Rendezvous adotta un tono irriverente e innocente, utilizzando parole che evocano immagini di un amore distribuito tra molte donne, ognuna identificata con nomi come Valentine o Clementine. In questo approccio ironico e dissacrante, che gioca e parodizza allo stesso tempo, il tip tap rappresenta uno schiaffo ai critici tradizionali e alla moralità borghese, trasmettendo un messaggio che va al di là del romanticismo convenzionale e sfidando le aspettative dell’ascoltatore. L’arrangiamento musicale, con un pianoforte ritmico e serrato, accompagna il testo in modo eccezionale, con armonie lodevoli e un’intervento criminale nella scelta tempistica degli strumenti e dei cori, creando un’esperienza sonora straordinaria e sconvolgente per chiunque abbia il piacere di ascoltarla.

8. The Prophet’s Song

Nel brano successivo di A Night at the Opera, i Queen abbracciano completamente il progressive rock con The Prophet’s Song, scritta da May. Il brano si basa su un sogno che May ebbe quando era malato durante la realizzazione dell’ultimo album. Si tratta di un’altra canzone complessa, ricca di dettagli e non strutturata secondo lo schema tipico di una canzone. È la canzone più lunga dei Queen (anche più lunga di Bohemian Rhapsody): il brano supera gli 8 minuti di durata e presenta una sezione centrale con strati su strati di ripetizione di frasi come «Now I Know, Come Here, Are You?» che, malgrado la struttura stratificata del brano, rendono la sequenza in questione leggermente ripetitiva. Rimuovendo questa parte, si ottiene un brano solido e, come sempre, decisamente eclettico, con addirittura incursioni di cori ecclesiastici e sound dal gusto decisamente apocalittico, che conferiscono un tono piuttosto epico alla traccia. Il tocco di classe è sicuramente l’uso dell’arpa, udibile all’inizio della canzone, per evocare un motivo dai tratti decisamente orientali. Questo richiamo all’Oriente si collega perfettamente al tema-cardine del brano della spiritualità, conferisce un tocco di eleganza alla composizione.

9. Good Company 

Good Company di Brian May, nona traccia di A Night at the Opera, è una delle sue sagge composizioni familiari, una canzone ricca di valori sonori e riflessioni mature padre-figlio. Registrata con uno strumento a metà tra ukulele e banjo (nel documentario già citato, Brian lo definisce un ukulele-banjo) e la sua fedele Red Special a portata di mano, la sovrapposizione dei loro suoni richiama alla mente il tradizionale stile della band di jazz Dixieland; la narrativa commovente rimane comunque toccante.

10. Love of my Life

La ballata pianistica Love of My Life, spoglia di ornamenti, vede Freddie Mercury delicatamente modulare, esprimendo la sua angoscia lamentosa e sincera con il supporto vocale di un coro sontuoso che anticipa le sue linee. May colora l’arrangiamento con arpeggi di chitarra che fluttuano nelle vicinanze, con i bordi appuntiti per lo più rimossi. Anche una vera e propria arpa fa capolino, per quel che può essere o non essere una buona aggiunta, ma per la maggior parte la canzone è ridotta all’essenziale, massimizzando la sua intimità potente.

11. Bohemian Rhapsody

A Night at the Opera si avvia verso la sua conclusione con uno dei brani più iconici di tutto il panorama musicale del secolo scorso. La leggendaria Bohemian Rhapsody dei Queen è molto più di una semplice canzone: sono sei minuti di esperienza musicale mai sentita prima, con cambi di tono repentini e testi avvincenti che tormentano l’immaginazione dello spettatore. Questo capolavoro del 1975 mescola abilmente rock e opera, i riferimenti continui all’opera italiana, come lo Scaramuccio e il Figaro, aggiungono l’ennesimo tocco di ecletticità e mescolanza di generi alla base dell’album, mentre il testo riflette le battaglie interiori del leggendario compositore Freddie Mercury. È un brano che va oltre la semplice musica, trasportandoci in un viaggio emotivo di autoaccettazione e rivelazione.
Il primo film sulla carriera dei Queen, con questo titolo, ci fa presente come tutta la vita di Freddie e compagni è stata una rapsodia boema, forse la vita di tutti lo è, perché poco e nulla nella vita si sussegue con una logica estranea all’essenza della vita stessa; tutto invece sembra giustapposto con casualità; sta a noi cercare di collegare armonicamente le parti tra di loro, in modo che nessuno se ne accorga e tutto fili liscio, da qualsiasi parte tiri il vento.

12. God Save the Queen

A chiudere A Night at the Opera c’è God Save the Queen: i Queen celebrano appropriatamente il rituale con la resa multistrato dell’inno reale con l’iconica chitarra di Brian May, chiudendo il sipario su una studiata quanto straordinaria performance, musicale quanto teatrale.

Fonte immagine in evidenza: Spotify, copertina ufficiale dell’album A Night at the Opera (2011 Remaster)

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