Album dei Beach Boys: 3 da ascoltare

Album dei Beach Boys: 3 da ascoltare

I Beach Boys sono una band leggendaria, noti soprattutto per il genio creativo di Brian Wilson. La loro carriera è stata lunga e articolata, ma il cuore della loro produzione più iconica si concentra tra il 1962 e il 1970. In questo articolo esploreremo 3 album dei Beach Boys da ascoltare assolutamente.

Pet Sounds (1966) – l’album dei Beach Boys più apprezzato dai fan 

Considerato universalmente uno dei dischi più influenti di tutti i tempi, Pet Sounds è l’apice creativo di Brian Wilson e il momento in cui i Beach Boys si trasformano da gruppo surf pop a veri innovatori musicali. Nato dal desiderio di superare Rubber Soul dei Beatles, l’album esplora l’insicurezza, l’amore idealizzato, la solitudine e la perdita dell’innocenza.

Le armonie vocali si fanno più dense e sofisticate, mentre l’arrangiamento sfrutta strumenti inusuali (theremin, clavicembalo, archi, campanelli, bicchieri d’acqua). Brani come God Only Knows, Don’t Talk e Caroline, No mostrano un’intimità emotiva rara nella musica pop dell’epoca, mentre brani come Wouldn’t It Be Nice e Sloop John B sono considerati dei capolavori del pop.

Pet Sounds è considerato per molti uno dei migliori album di tutti i tempi se non il miglior mai creato, quindi è sicuramente un album da non perdere!

Smiley Smile (1967)

Dopo il famoso crollo nervoso di Brian Wilson dopo aver ascoltato Sgt Pepper dei Beatles e l’abbandono del mastodontico progetto Smile, i Beach Boys decidono di pubblicare Smiley Smile, che raccoglie parte del materiale destinato a quell’album ma in una forma completamente diversa: più minimalista, psichedelica, casalinga,

Il disco è bizzarro, straniante, a tratti surreale. Ma è proprio in questa semplicità quasi improvvisata che Smiley Smile trova la sua forza: è un’opera stranamente meditativa. C’è spazio per il capolavoro assoluto Good Vibrations, un singolo che ha richiesto più di due anni di perfezionamento e un budget altissimo per il tempo, ma anche per gemme come Little Pad, Wind Chimes e Fall Breaks and Back to Winter, che sembrano provenire da un universo parallelo.

Non è un album facile, e all’epoca fu accolto con perplessità. Ma oggi viene riscoperto come uno dei lavori più affascinanti, coraggiosi e anticonvenzionali della band. Alcuni lo considerano l’album padre dell’alternative rock.

Surf’s Up (1971)

Molto distante dagli anni delle spiagge e delle tavole da surf, Surf’s Up segna la maturità definitiva dei Beach Boys. È un disco crepuscolare, carico di malinconia, spiritualità e critica sociale. La California del sogno giovanile ha lasciato il posto a una realtà più oscura, e i testi riflettono la crisi ecologica, il disincanto, la morte dell’innocenza e l’epoca Nixon.

Brani come Til I Die, A Day in the Life of a Tree e Disney Girls mostrano un gruppo che ha perso l’ottimismo, ma ha guadagnato profondità. Il culmine è “Surf’s Up”, suite poetica scritta da Brian Wilson per Smile e recuperata qui in tutto il suo splendore, con versi di Van Dyke Parks e un climax musicale tra i più belli del loro repertorio.

Surf’s Up è forse l’album più sottovalutato della loro discografia, ma anche uno dei più potenti: uno sguardo disilluso su un’epoca che sta finendo, e una prova che i Beach Boys erano molto più di un gruppo pop.

Speriamo che questi 3 album vi aiutino a scoprire una delle band anni ’60 più sottovalutate di tutti i tempi!

Fonte immagine: Wikipedia

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