Beethoven in Arancia Meccanica: analisi dell’uso della musica nel film di Kubrick

Beethoven in Arancia Meccanica

L’uso della musica nel cinema di Stanley Kubrick è una lezione di regia. In Arancia Meccanica (1971), questo principio raggiunge il suo apice attraverso l’impiego della Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven. La scelta non è casuale, ma un potente strumento narrativo che crea un contrasto stridente tra la sublimità dell’arte e la brutalità della violenza umana. Kubrick utilizza la musica classica, rielaborata elettronicamente da Wendy Carlos, per esplorare temi come il libero arbitrio, il condizionamento e la natura del male, trasformando l’ascolto in un’esperienza tanto estetica quanto disturbante.

Il duplice ruolo della Nona Sinfonia

La Nona Sinfonia di Beethoven assume nel film due significati opposti, legati all’esperienza del protagonista Alex DeLarge.

Fase narrativa Significato della musica per Alex
Prima della cura La musica è una fonte di estasi e ispirazione per le sue fantasie di “ultra-violenza”. Rappresenta la massima espressione della sua libertà individuale, anche nella sua forma più antisociale.
Dopo la “Cura Ludovico” La musica diventa uno strumento di tortura. L’associazione forzata con immagini violente gli provoca una nausea insopportabile, privandolo non solo della sua aggressività, ma anche della sua capacità di godere dell’arte.

Stanley Kubrick: uno stile tra immagine e suono

Considerato uno dei più grandi registi della storia, Stanley Kubrick (1928-1999) era un perfezionista ossessionato da ogni dettaglio visivo. La sua estetica, però, nasce dall’integrazione perfetta tra immagine e suono. Nei suoi film, la musica non è un semplice sottofondo, ma un vero e proprio personaggio che commenta, contraddice o amplifica il significato delle scene. Kubrick ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui un Oscar per gli effetti speciali di 2001: Odissea nello spazio e il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia.

Arancia Meccanica: ultra-violenza e la “Cura Ludovico”

Tratto dall’omonimo romanzo di Anthony Burgess, il film racconta la storia di Alex DeLarge, capo di una banda di “drughi” che si esprime in un gergo chiamato Nadsat. Le loro notti sono dedicate all’“ultra-violenza”: rapine, aggressioni e stupri. Alex, però, è anche un fervente amante della musica classica, specialmente di “Ludovico Van” Beethoven. Arrestato per omicidio, accetta di sottoporsi a un trattamento sperimentale, la “Cura Ludovico”, per riottenere la libertà. Questa terapia di condizionamento lo costringe a guardare scene di violenza estrema, provocandogli una repulsione fisica che dovrebbe renderlo un cittadino modello.

Beethoven come arma: il significato della scelta di Kubrick

La scelta della Sinfonia n. 9 è geniale e profondamente simbolica. Composta da un Beethoven quasi sordo come un inno alla gioia e alla fratellanza universale, nel film diventa la colonna sonora di atti disumani. Durante la Cura Ludovico, i medici usano proprio la Nona Sinfonia come sottofondo a un filmato di propaganda nazista. In questo modo, la musica viene corrotta e trasformata in un’arma. La terapia rende Alex incapace di compiere il male, ma lo priva anche del libero arbitrio. Non può più scegliere tra bene e male, e la sua incapacità di ascoltare la musica che amava diventa il simbolo della sua disumanizzazione. Kubrick pone così una domanda fondamentale: è preferibile un uomo malvagio per scelta o un uomo buono per costrizione, privo di anima e di arte?

Articolo aggiornato il: 13/10/2025

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A proposito di Martina Barone

Laureata in Lingue e Culture Comparate presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale e attualmente studentessa magistrale in Scienze dello Spettacolo e Produzione Multimediale all'Università degli Studi di Padova. La mia passione per le arti in tutte le sue forme dal cinema alla letteratura guida il mio percorso accademico e professionale. Ogni aspetto della creatività mi affascina, e credo fermamente nel potere delle storie e delle immagini di trasformare il mondo che ci circonda!

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