Davide Riccio, in arte DeaR, classe ‘66, scrittore, giornalista, educatore e polistrumentista. Esordisce negli anni ‘80 con svariati gruppi torinesi, compone e scrive da sempre, la sua musica ha influenze da ogni dove, tipiche di chi è avido di conoscenza e che poi ascolta, apprende, rielabora e plasma attraverso un processo tutto personale per dare forma alle sue canzoni. Tali influenze sono individuabili dopo pochi ascolti del suo triplo cd “Gli Altri”.
“Ho avuto il piacere di ascoltare il tuo album “Gli Altri” e sono rimasto colpito dalle molteplici influenze musicali che emergono fin dai primi ascolti, dal jazz alla musica elettronica, fino al punk e ai richiami a sonorità orientali. Puoi raccontarmi di più su queste influenze e su come si sono integrate nel tuo lavoro?”
Grazie per il piacere provato. Il triplo cd “Gli Altri” raccoglie dieci anni di lavori in italiano dal ’91 al ’99 e segue il triplo cd in cui ho raccolto una selezione di lavori in inglese dall’81 – ormai lontano anno d’esordio – al ’90 (DeaR Tapes). In vent’anni cambiano molte cose, anche di più se si è mossi dalla curiosità di esplorare tutta la musica e di misurarsi con ogni modo possibile di farne. Mi piace ogni volta chiedermi come una determinata musica potrei invece farla io, anche quando non mi piaccia un genere in particolare. Ciò che integra è dunque la mia curiosità attraverso il filtro delle mie esperienze e del mio gusto compositivo e interpretativo personale. E così è anche per l’uso di ogni strumento musicale esistente. Ho sempre voluto illudermi di conoscere tutto. Sono ancora sotto l’influsso del mito del Dottor Faust fin da quando ne lessi a dodici anni, anche se oggi, a 58 anni (e 58 non a caso sono i brani scelti per questo disco), ho solo più punti interrogativi.
Cresciuto in un ambiente ricco di musica, si appassiona sempre più a differenti strumenti musicali. Raccontando com’è nata e si è sviluppata la sua carriera musicale, Davide ci racconta dell’ambiente in cui è cresciuto, ricco di musica e arte in generale. “La musica era bella e la bellezza mi ha sempre affascinato”, confessa, parlando di quella sensazione che l’ha accompagnato fin da ragazzino, quella di “sbirciare a volte dentro la breccia creatasi nel muro che ci separa da un antico giardino edenico e perduto.”