Dinastia dei Co’Sang | Recensione

Dinastia dei Co'Sang

Dopo tanta attesa e a 15 anni di distanza dal loro ultimo album insieme, finalmente i rapper napoletani Luché e Ntò sono tornati a fare musica insieme, e lo hanno fatto nel migliore dei modi. Vediamo la recensione di Dinastia, il nuovo album dei Co’Sang.

La storia dei Co’Sang è la storia di un duo che ha segnato profondamente il rap italiano. Insieme Luché e Ntò sono riusciti, negli anni in cui il rap era un genere di nicchia, a raccontare Napoli ai giovani del tempo, parlando della difficile vita di strada e le lotte di quartiere nelle zone malfamate, dove la criminalità domina. Negli anni in cui hanno militato i Co’Sang erano la voce di Napoli, e molti rapper di nuova generazione sono debitori al lavoro dei due. Purtroppo però la storia dei Co’Sang sembrava, fino al mese di maggio di quest’anno, una promessa non mantenuta, un qualcosa che si era interrotto prima del tempo. Di fatto il sodalizio si era chiuso con solo due dischi, senza dubbio importantissimi, ma comunque troppo pochi. Era chiaro che i padrini del gangsta-rap italiano avevano altro da dire, e quest’anno sono tornati alla ribalta con Dinastia.

In Dinastia dei Co’Sang assistiamo all’evoluzione di Ntò e Luché, che da essere i ragazzi di periferia costretti a lottare giorno dopo giorno per la propria vita tra i rioni di Napoli sono diventati dei capisaldi del rap italiano. I due ci raccontano di come siano riusciti ad uscire da quella vita tanto dura combattendo con le unghie e con i denti per realizzare i propri sogni.

Il sound di Dinastia è coerente con il classico gangsta-rap dei primi Co’Sang. Non ci sono quindi grosse sperimentazioni sotto quel punto di vista, seppur il disco sia ben lontano dal suonare vecchio, in particolare grazie alle produzioni di grandi producer partenopei come Geeno e Dat Boi Dee. Da registrare comunque un notevole miglioramento, rispetto ai precedenti Chi More pe’mme e Vita bona, per quanto riguarda il flow e gli incastri.

Giustissima per il disco è anche la scelta dei featuring, che riescono a comunicarci molto riguardo la linea che è stata presa dai due rapper, che alle logiche di mercato e alle formule preimpostate hanno preferito la credibilità e la coerenza, da sempre parole chiave del duo. Ad arricchire Dinastia dei Co’Sang ci sono Liberato e Geolier, rispettivamente nelle tracce Sbagli e te ne vai e Perdere ‘a capa. La scelta di includere i due artisti napoletani è da intendere come una sorta di passaggio di testimone. Entrambi sono ad oggi gli artisti che meglio riescono a dare voce alle nuove generazioni di Napoli, esattamente come fecero ai loro tempi Luché e Ntò. Inoltre, Geolier si è da sempre dichiarato “figlioccio” dei Co’Sang, oltre ad essere sempre stato in ottimi rapporti con Luché, quindi la sua presenza all’interno del disco era pressoché scontata.

Ma non ci sono solo i giovani artisti napoletani in Dinastia. All’appello non potevano mancare dei collaboratori storici del gruppo: Marracash, nella traccia Carnicero, e un altro gruppo storico del rap italiano, fresco di reunion, i Club Dogo, che hanno collaborato alla registrazione di Cchiù tiempo, una collaborazione dal sapore di nostalgia, che riporta i fan del rap più grandi indietro nel tempo.  Da brividi è la barra di Jake la Furia nella sua strofa: «Grazie mio signore per questo regalo ai fan, per avermi messo ancora sul beat insieme ai Co’Sang».

Oltre a i già citati featuring, altri brani di Dinastia dei Co’Sang da tenere bene a mente sono Carne e ossa, O primm post (singolo che ha anticipato il disco), Nu cuofn e’ sord, Nun è mai fernut e la title-track.

Molti dubbi accompagnavano l’uscita di questo album: tanti credevano ad un’operazione di marketing più che ad un ritorno vero e proprio. Il rischio di uscire con un lavoro insoddisfacente era alto. Invece Luché e Ntò sono riusciti a regalare ai loro fan storici e alle nuove generazioni un disco vero, giusto e ben prodotto, e la sensazione è che non abbiano ancora finito.

Fonte immagine: Spotify

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