GERO, intervista al cantautore siciliano

Gero

Il 31 gennaio 2020 è uscito, per la Carioca Records, Un anno in più, il nuovo album del cantautore siciliano GERO. Il disco contiene dieci brani inediti, più una intro strumentale, scritti e composti dal trentaduenne di Mussomeli (CL).

Per la realizzazione di questo suo nuovo lavoro – che arriva a ben undici anni di distanza dal primo, Guardando nel mio specchio (2009) –  Gero (voci e cori) si è avvalso della collaborazione di Sebastiano Valenza e Giuseppe Perrone (Batteria e Percussioni), Vincenzo Marranca e Luca Castiglione (Basso Elettrico), Gianluca Genova, Luca Castiglione e Peppe Milia (Chitarre acustiche, Elettriche, Ukulele) e Leo Curiale (Pianoforte, Fender Rhodes, Programmazione e Synth) che ha curato anche la produzione artistica, gli arrangiamenti e il mixaggio. L’album è stato registrato interamente presso il Master Play Studio di Leo Curiale a Mussomeli (Cl) e masterizzato da Gianni Bini presso gli Hog Studios a Viareggio (Lu).

Musica contro le mafie

Il nuovo disco di Gero è uscito dopo meno di un anno dalla pubblicazione del singolo L’amore salva e del brano Svuoto il bicchiere, un pezzo che descrive un significativo episodio di vita del giudice Paolo Borsellino e della figlia Fiammetta e che ha permesso a Gero di aggiudicarsi il premio nazionale Musica contro le mafie. Grazie a questa manifestazione il cantautore ha vissuto esperienze live importanti come l’esibizione e premiazione nel 2019 a Casa Sanremo (nei giorni del Festival) e l’esibizione al Club Tenco. Ancora, l’esibizione in Palermo Chiama Italia il 23 Maggio 2019 davanti ad oltre quindicimila persone e l’ospitata all’Unlocked Selinus Festival, il più grande Festival di Musica Elettronica del Sud Italia, al Parco Archeologico di Selinunte, dove ha cantato davanti ad oltre diecimila persone.

Intervista a GERO

Per conoscere meglio GERO e saperne di più sul suo ultimo lavoro, noi di Eroica Fenice gli abbiamo fatto qualche domanda. Buona lettura!

 Un anno in piú è il tuo secondo lavoro discografico, che arriva a ben undici anni di distanza dal primo. Cosa è successo in questo lungo arco di tempo ?

Esatto. Undici Anni. Nel frattempo sono diventato adulto, capelli in meno e barba folta. Sono tanti perché ho voluto prendermi il tempo necessario per capire se la musica poteva soddisfare quello di cui ero alla ricerca. Scrivere canzoni è un fattore imprescindibile dalla mia natura però volevo essere sicuro di sentirmi felice prima di pubblicare un disco. Nel frattempo però ho studiato, sono stato alla continua ricerca di un qualcosa che mi rappresentasse e che mi reinventasse, mi sono dedicato a canzoni singole ed ho viaggiato. Viaggiare mi ha aiutato tantissimo a ritrovarmi. Undici anni sono tanti, ma stavolta ne è valsa la pena anche se mi sono ripromesso di fare un altro disco almeno entro i prossimi dieci anni (scherza, ndr).

Com’è nato questo nuovo disco e perché la scelta di questo titolo?

Più che un “nuovo album” lo definisco una raccolta dei miei precedenti anni di ricerca e lavoro in studio e una pubblicazione di nuovi brani inediti che rappresentano l’ultimo periodo di scrittura, un periodo costellato di grandi esperienze artistiche e umane che mi hanno cambiato e dato la spinta necessaria alla pubblicazione di questo album. Il titolo che ho scelto è un titolo importante per me. E’ vero che sono passati molti anni, e che sono più vecchio ma le canzoni sono e saranno il filo conduttore che hanno mantenuto il “mio tempo” immutato. In un anno può succedere di tutto. Possono cambiare percezioni e sentimenti. E siccome tutte le canzoni contenute nel disco rappresentano particolari momenti di questo mio percorso ho pensato di ancorarle in questo preciso spazio di tempo.

Tra i dieci brani contenuti nell’album spicca Svuoto il bicchiere, brano dedicato al giudice Paolo Borsellino, che ti è valso il premio nazionale “Musica contro le mafie”. Come mai hai sentito l’esigenza di dedicare una canzone ad una figura tanto importante?

In realtà il brano è venuto fuori prima ancora di venire a conoscenza di questa magnifica realtà che è Musica contro le mafie. Da qualche tempo mi ronzava in testa l’idea di voler scrivere un brano che parlasse di figure che fossero riuscite “nel tempo” a cambiare la percezione delle cose e delle persone ma volevo farlo senza rischiare di cadere nella metafora e retorica di cui troppo spesso si nutre la musica. Poi da buon siciliano ho pensato che la figura del Giudice Paolo Borsellino potesse essere una figura perfetta per raccontare una storia delicata e di grande quotidianità che ha toccato un po’ tutti. Sono riuscito a raccontare un personaggio visto dagli occhi della figlia Fiammetta che nel corso di una intervista televisiva raccontò questo particolare episodio di vita di cui parlo nel brano, episodio che mi colpì moltissimo. La canzone è nata di getto e in cinque minuti. Poi tutto ciò che è successo con Musica contro le mafie è stato un traguardo inimmaginabile per i numeri e per tutte le belle esperienze artistiche conseguenti.

Questo disco è molto vario: ci sono canzoni d’amore, testi introspettivi e pezzi dal risvolto sociale. Secondo Gero, è piú difficile scrivere una canzone d’amore o un brano cosiddetto “impegnato”?

Mi piace nelle mie canzoni toccare tante e diverse tematiche. Mi reputo una persona molto curiosa e mi piace approfondire e spiegare le cose dal mio punto di vista. Parlare d’amore lo considero molto semplice perché per comunicarlo utilizzi il cuore, la pancia e l’istinto, quindi tutto ciò che viene detto è molto spontaneo e genuino. Per scrivere brani impegnati occorre invece una dose in più di conoscenza perché bisogna andare a toccare le corde giuste, nel giusto modo. Io ci provo sempre e credo che la canzone cantautorale e intima sia un abito che mi sta addosso benissimo, perché forse mi piace pensare che nelle mie canzoni qualcuno ci ritrovi qualche risposta che ha sempre cercato ma che non ha mai avuto il coraggio di darsi. Ecco, più o meno i cantautori credo abbiano un ruolo sociale importante, grande fortuna ma altrettanta responsabilità.

A proposito di brani “impegnati”, tra i pezzi più significativi del disco, va segnalato anche Yemen, un brano in cui ti focalizzi sul tema del Medio Oriente. Ci racconti com’è nato?

Ho un mio caro amico di infanzia che svolge il suo lavoro presso l’esercito. Ogni tanto mi capita di sentirlo e mi racconta che lo mandano in missione per le terre del medio-oriente. Poi spulciando i social leggevo che la moglie faceva il conto alla rovescia dei giorni che mancavano per riabbracciarsi, per riabbracciare i propri bambini. Così ho cercato di descrivere una condizione che in tanti vivono, quella della lontananza per ragioni di lavoro abbastanza delicate. Ho immaginato di un padre che scrive una lettera alla sua famiglia rivolgendosi in particolar modo a suo figlio neonato che non ha mai conosciuto, contando e immaginando quel giorno quando potrà riabbracciarlo per la prima volta. Il titolo Yemen invece nasce per una esigenza personale di focalizzare nel mio piccolo, l’attenzione su questo paese saudita, fuori dagli occhi della cronaca certamente perché nessuno ha interessi economici ma palcoscenico di una guerra silenziosa e sanguinosa che negli ultimi 3 anni ha visto morire oltre 600.000 persone, molte delle quali donne e bambini, quindi un vero e proprio scempio umanitario di cui nessuno parla.

Grazie al brano Svuoto il bicchiere sei stato premiato anche a Casa Sanremo da Mauro Marino, noto speaker di Radio Italia e ad Aprile 2019, in occasione del Tour “Change Your Step”, ti sei esibito al Club Tenco di Sanremo. Restando in tema Sanremo, visto che siamo ancora in clima festival, non hai mai pensato di partecipare alla gara canora più famosa d’Italia?

Sanremo giovani è il sogno di chi come me spera di arrivare al grande pubblico attraverso la kermesse più importante, dove tutto il mondo dello spettacolo è focalizzato. Ci ho provato un paio di volte, l’ultima proprio per questa edizione ma non è andata come speravo. Spero di riuscirci un giorno anche da autore per altri, sarebbe altrettanto gratificante, il coronamento di un percorso artistico nel quale ho sempre creduto e investito. Ma sono dell’idea però che oltre Sanremo esistono realtà molto importanti che meritano di essere vissute. Io sono sempre per una crescita interiore e mi accontenterei anche di non fare Sanremo ma continuare a fare dischi e canzoni importanti per il pubblico che mi segue.

Impegni futuri?

Il mio impegno futuro si chiama Un anno in più. Ho desiderio di farlo ascoltare a quante più persone possibili riuscendo a portarli tutti dalla mia parte. Faremo una buona promozione stampa e delle presentazioni pubbliche (primi appuntamenti Mussomeli 31/01 e Albenga 05/02). Dopo di ciò mi dedicherò al discorso Live, aspetto fondamentale per un artista. Sto cercando di capirne le modalità.

Prima di salutarci voglio chiudere questa intervista con l’invito personale a dedicare 38 minuti per ascoltare il mio album perché credo sia un lavoro minuzioso e molto contaminato da vari generi pur rimanendo nel pop. Sono certo che colpirà. Grazie e a presto.

A proposito di Antonella Sica

Napoletana, laureata in Comunicazione pubblica, sociale e politica alla Federico II. Giornalista pubblicista; appassionata di musica, sport, attualità, comunicazione. Ama scrivere, fotografare, creare lavorando all'uncinetto e a punto croce. Realizza bijoux a crochet utilizzando anche materiale di riciclo.

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