I Mescalina: l’intervista alla band

I Mescalina: l'intervista alla band

I Mescalina, così si chiama la band composta da quattro giovani e grintosi artisti: Sika (microfono e produzione), Renato Iappelli (chitarrista), Mario Scamardella (chitarra) e Riccardo Leone (batteria). Come si evince già dalle loro seguitissime pagine social, portano avanti l’idea di un gruppo musicale che possa trasmettere familiarità, unione, passione, affinché il pubblico possa affezionarsi e assaporare la musica nella sua essenza più pura divertendosi insieme a loro. Ma ecco le loro parole!

I Mescalina: quattro artisti, una band e tanta passione: l’intervista

Ciao Mescalina! Innanzitutto, mi rivolgo soprattutto ai veterani della band (Sika e Renato): come nasce la band?

«In realtà, i Mescalina nascono nel 2017 completamente a caso, nel senso che c’erano delle canzoni difficili da cantare chiuse nel cassetto e per le quali serviva necessariamente una band. Perciò, chiamammo Giancarlo Sannino (chitarrista), conosciuto a una Jam Session e ci trovammo subito con il resto del gruppo che all’epoca prevedeva Cesare Marzo al basso e Claudio Sannino alla batteria. Nel 2018 partecipammo a Sanremo Giovani e ci piazzammo sesti nell’Area Sanremo e terzi al televoto. Dopodiché, cambiammo due membri della band (Claudio e Giancarlo) e prendemmo in sostituzione Renato, che prima suonava il moog e la chitarra, e Myhoo alla batteria. Nel 2019 svolgemmo un tour lunghissimo tra Milano, Torino, Sicilia, Napoli e Puglia. Nel 2020, partimmo per una conferenza stampa di Sanremo durante la quale conoscemmo Cristiano Malgioglio, che ci propose di fare qualcosa insieme. Ma di lì a poco ci fu la pandemiae poiché si perse un po’ lo stimolo, il progetto Mescalina terminò; per fare una band ci vuole innanzitutto un investimento di tempo, energie, ma anche economico. Inoltre, si deve remare nella stessa direzione, un po’ come in un rapporto di poliamore, e ci vuole organizzazione, struttura. Sika ha continuato il suo percorso artistico di autore, cantante e produttore con Mauro Spenillo, finché Mario Iappelli – padre di Renato Iappelli e Giorgia Iappelli, in arte Yurei– ha riacceso l’interesse di riaprire il progetto dei Mescalina. Continuavano a esserci canzoni che solo una band poteva suonare. Verso dicembre 2023, Sika si convinse e Renato presentò Mario Scamardella, il quale a sua volta presentò Riccardo Leone. Quindi, ora i Mescalina sono: Sika alla voce e alla produzione, Renato Iappelli al basso, Mario Scamardella alla chitarra, Riccardo Leone alla batteria. Poi, presenze imprescindibili sono: Mauro Spenillo, che ci assiste ogni volta, e Giovanna Sepe, che cura le pagine social».

Dietro il funzionamento di una band c’è praticamente un mondo. Ecco, cosa significa mettere in piedi da zero i Mescalina, organizzare la band, viverla e farla vivere giorno per giorno?

«Si parte sempre dalle canzoni, che siano inediti o editi – ci sono band che scelgono come loro linguaggio solo quello delle cover. Ma, soprattutto, si parte dalle persone: un progetto del genere deve essere correlato alle anime, altrimenti è come avere un rapporto con una persona con cui non si ha un feeling. Anche perché è fondamentale che ci sia un’estetica quanto più comune possibile, intesa come una consonanza forte e reciproca».

Quindi, in una band in che modo l’estetica si inserisce e pesa?

«Pesa perché l’impatto estetico di una band è la prima cosa che si nota. Adesso la musica non la si sente soltanto ma la si vede anche. Perciò, è importante trovare un’estetica innanzitutto comune, come dicevamo prima. È un elemento che entra in gioco affinché il gruppo abbia una sua identità, altrimenti al pubblico arriva zero personalità o diventa una Jam Session, non una band. È una questione di percezione da comunicare, basta poco, non servono tanti orpelli».

E se doveste definire l’estetica dei Mescalina come la descrivereste?

«Esteticamente siamo molto outrun, ci orientiamo verso gli anni Ottanta con il Jukebox, pur rimanendo abbastanza semplici e coesi. Alla fine, risultiamo così anche musicalmente sebbene ognuno abbia le sue contaminazioni personali, ma cerchiamo di fare uscire la nota giusta, ovvero un suono solo da quattro musiche diverse. Quando arriva quella nota lo senti: è un po’ come incontrare la persona di cui ti innamori, è una sensazione anche fisica come un brivido lungo la schiena. È un qualcosa alla quale cerchiamo di arrivare unendoci anche al di fuori del lavoro, per creare una famiglia oltre alla band. Noi vogliamo un pubblico che si affezioni alle nostre canzoni e per questo motivo puntiamo a un target molto ampio – che, poi, è l’obiettivo del Pop, non per generalizzare la musica ma per sentirla e assorbirla come tale e basta. Quindi, l’impatto è fondamentale ed è dato dalla credibilità, tra di noi e in ciò che facciamo, che si raggiunge con l’esperienza e la conoscenza: c’è chi può avere più dimestichezza dal vivo, chi invece dallo strumento, ma fondendo le due cose diventa uno scambio reciproco e continuo. Inoltre, siamo molto attenti e sintonizzati sul feeling della band, dello stile del singolo e della canzone che creiamo insieme».

A proposito di esperienze dal vivo: avete partecipato al Certo Contest di Roma. Com’è stato?

«Certo Festival ci ha chiamato a partecipare per fare un Open Mic insieme ad altre band. Abbiamo fatto il soundcheck, nonché la prima sessione che prevedeva una scrematura per decidere chi avrebbe suonato al Contest. Sui biglietti di tutti compariva il nome dei Mescalina, così abbiamo passato la prima fase. Con il secondo step abbiamo vinto un posto al Contest e suoneremo lì live sul palco il 14, 15 e 16 giugno. È stata un’esperienza unica, nonché la prima per noi come gruppo fuori dalla sala prove. Ecco, lì abbiamo sentito quel brivido, quel feeling, ci siamo dati letteralmente in pasto al pubblico ed è bastato divertirci, vivere la nostra musica».

Ci sono progetti futuri in vista?

«Stiamo cercando di fare uscire il nostro primo singolo per quest’estate. A Roma abbiamo portato Xanax e A te e il nostro scopo è creare un album ma andiamo con cautela per non affrettare troppo i tempi in modo avventato, visto che la band è fresca. Per il momento, i singoli si possono ascoltare sulle nostre pagine social e stiamo ancora in fase contrattuale con una casa discografica, così da potere iniziare a pensare a un progetto più ampio. Inoltre, il nostro grande obiettivo è di partecipare di nuovo a Sanremo per l’edizione 2025. Ma ancora niente, troppi spoiler…!».

 

Fonte immagine di copertina: De Santis Danilo

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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