Nella scena musicale napoletana: intervista ai Babël

Nella scena musicale napoletana: intervista ai Babël

Addentrarsi nella scena musicale napoletana vuol dire cogliere diverse sfumature, prestare attenzione a realtà emergenti e allenare l’animo a scorgere la bellezza nei meandri dei vicoli e del cuore pulsante del centro storico di una città multiforme. A farlo sono i Babël, gruppo musicale della scena napoletana, tra torri di Babele, progetti futuri e sogni.

Abbiamo scambiato due parole con loro, raccogliendo la loro storia di vita, di scambi e di espressione poliedrica.

Nella scena musicale napoletana: intervista ai Babël

Grazie per la disponibilità. Mi piacerebbe cominciare con una domanda forse banale ma a tratti difficile: cosa vuol dire il nome del vostro gruppo, Babël?

Il nome nasce in seguito a diversi eventi, tra cui la visione dell’ omonimo film di Iñarritu, che tratta il tema della vicinanza e della connessione tra le persone, al di là della distanza e delle barriere linguistiche. Evidenzia, inoltre, l’eventualità dell’esistenza di un invisibile filo che ci collega tutti per chissà quale motivo.

Un’altra ragione risiede nel fatto che ognuno di noi proviene da realtà personali e musicali diverse, che però convergono e trovano ragione di essere ed esistere nello sviluppo di un’estetica il più possibile corale nella forma, ma unica nella sostanza e nell’obiettivo comune.

Babël, in primo luogo, è un chiaro riferimento alla leggenda della torre di Babele, struttura imponente che fu costruita dagli uomini stessi per avvicinarsi a Dio e in secondo luogo come rappresentazione del caos che ne seguì. Il mito infatti parla proprio di una confusione linguistica vera e propria, di un misto di lingue che permette a ognuno di avere una propria identità. Non a caso, i nostri testi sono spesso in diverse lingue, proprio per rendere concreto il nostro concetto.

Come è nato il vostro gruppo?

Il nucleo dei Babël, ha origine dalle ceneri di un vecchio progetto in cui figuravano Andrea e Luigi, rispettivamente chitarrista/compositore e voce/paroliere. Babël ha quindi ereditati vecchi inediti riarrangiati in seguito, grazie a Luca (batteria e percussioni) e Gabriele (bassista/producer). L’attuale formazione, prevede anche Daniele, il nostro manager e responsabile della Comunicazione.

Cosa ne pensate della realtà musicale napoletana? E quanto ha influito Napoli sul vostro sound?

Parlare di una sola realtà musicale a Napoli è sbagliato e riduttivo, in quanto questa città sta vivendo una forte attenzione mediatica ed un ricambio generazionale sotto qualsiasi aspetto.

D’altronde, la realtà musicale napoletana è estremamente complessa. Per quanto ci riguarda, non consideriamo minimamente l’aspetto “neomelodico” del termine e di ciò che può essere considerato il “lato oscuro” di Partenope. La musica oltre che essere intrattenimento è anche una forma d’espressione, ma vi è l’impressione che in alcuni ambienti si presti attenzione solo alla seconda, dalla serie “Suoni se porti gente e se fai guadagnare il locale”, spesso non avendo nemmeno un compenso, o percependone uno assolutamente minimo. Dal canto nostro, ci siamo sempre allontanati da questi personaggi e da chi c’è dietro.

Di contro, ammiriamo e siamo estremamente affascinati da tutti i nostri colleghi “emergenti” e dalle varie organizzazioni musicali, in primis il NaDir (Napoli Direzione Opposta) e i vari centri sociali, che permettono ogni giorno di poter fruire liberamente dell’arte.

Crediamo che Napoli sia un  melting pot incredibile, abbiamo la fortuna di essere nati in questa città e di viverla nel bene e nel male.

Il centro è il vero cuore, la reale “Torre di Babele” che accomuna popoli, etnie e sogni condivisi. Napoli ci rappresenta come noi rappresentiamo Napoli.

Riguardo gli artisti internazionali, chi sono le vostre stelle polari?

Riguardo la musica internazionale, non amiamo identificarci in altre band o influenze moderne. Siamo un pò nostalgici è vero, soprattutto per quella che è stata definito rock psichedelico ma, purtroppo, in questa nuova realtà musicale non riusciamo a trovare dei veri innovatori del genere. Tuttavia, se dovessimo fare dei nomi, sicuramente ci verrebbe naturale citare Tame Impala, The Mars Volta, Radiohead, Grizzly Bear (…) e tutti i nostri amici musicisti.

Qual è stata la soddisfazione più grande e quale la delusione?

La più grande soddisfazione è suonare e condividere questa esperienza con compagni di vita e di viaggio straordinari.

Amici, oltre che musicisti: alchimia, interplay e comunicazione sono impagabili ed essere apprezzati anche dal pubblico per quelli che siamo e non per chi vogliamo sembrare, nel bene e nel male, è una gran cosa.Vedere il nostro pubblico ad ogni nostro live, i loro sorrisi, le sensazioni e i flussi che riusciamo a creare e trasmettere ogni volta che suoniamo, è ciò che ci tiene realmente in vita.

Ci teniamo a ringraziare sempre i nostri amici e soprattutto chi ci ascolta per la prima volta, e anche chi ci fa critiche costruttive e chi ci da consigli su come migliorare.

La più grande delusione è forse la mancanza di spazi e mezzi per poter esprimere tutto ciò che abbiamo da dire e fare, l’eterna lotta per farsi sentire, emergere, costruire la Torre insomma. (combattere con i promoter, le etichette, i booking e i locali).

Cosa consigliereste a un giovane che vuole intraprendere la carriera musicale in Campania?

Una volta un amico ci disse che “la musica è lo sport dei ricchi”. Sicuramente fare l’artista è già di per se una scommessa, e se non scommettete su voi stessi come possono scommetterci gli altri? In generale, comunque, consiglieremmo di studiare, magari intraprendere un percorso accademico e farlo bene, essere preparati e professionali, affrontare la musica come forma d’arte e non solo di intrattenimento.

Progetti futuri?

I nostri progetti futuri sono molti e a volte contrastanti, per mancanza del tempo utile e necessario per realizzarli. Nello specifico, si potrebbero riassumere così, step by step: pubblicare un video di un nostro singolo, registrare il nostro primo album in studio, girare il mondo in tournée e, successivamente, conquistarlo.

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A proposito di Monica Acito

Monica Acito nasce il 3 giugno del 1993 in provincia di Salerno e inizia a scrivere sin dalle elementari per sopravvivere ad un Cilento selvatico e contraddittorio. Si diploma al liceo classico “Parmenide” di Vallo della Lucania e inizia a pubblicare in varie antologie di racconti e a collaborare con giornali cartacei ed online. Si laurea in Lettere Moderne alla Federico II di Napoli e si iscrive alla magistrale in Filologia Moderna. Malata di letteratura in tutte le sue forme e ossessionata da Gabriel Garcia Marquez , ama vagabondare in giro per il mondo alla ricerca di quel racconto che non è ancora stato scritto.

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