In questa intervista Le Schiene di Schiele presentano Danze della sfiga, il loro nuovo album, disponibile dal 20 Giugno 2025 sulle principali piattaforme streaming e in rotazione radiofonica. L’album della band torinese è forte e diretto e, attraverso le sue otto tracce, racconta storie di ordinaria disfatta, di cadute necessarie per mostrare la parte più grottesca e feroce della vita. Attraverso questa narrazione, a tratti ironica e accompagnata dal loro tipico stile post-punk, Danze della sfiga non fa sconti a nessuno (neanche a loro stessi), eppure c’è la celebrazione dell’errore, dell’inciampo: forse accettare l’errore, la sfiga, l’imperfezione o il passo sbagliato può salvare. L’intervista a Le Schiene di Schiele per Danze della sfiga è anche uno sprono che gli artisti rivolgono al loro pubblico nel considerare la musica non solo come un momento di intrattenimento, ma anche un momento introspettivo, che dà la possibilità di guardarsi, di scavare dentro sé stessi e sporcarsi le mani, se necessario.
Ecco come la band racconta il suo nuovo lavoro.
“Danze della sfiga” è un titolo tanto accattivante quanto potente. Perché avete scelto le “danze” come immagine musicale, ma soprattutto, cosa intendete con “ballare male”?
«Il “ballare male” è una metafora della vita che non sempre si riesce ad affrontare in modo “coordinato”, dato che nessuno ti insegna veramente i “passi” giusti da fare e devi spesso improvvisare. Abbiamo pensato che questa metafora si addicesse al nostro modo di suonare e alla nostra attitudine un po’ zoppicante, nella vita e nella musica».
Ogni traccia del vostro album racconta storie di ordinaria disfatta. Perché avete deciso di dedicare il vostro lavoro a questo lato della realtà sociale e umana delle persone? Da dove nascono i testi? Avete preso spunto da esperienze personali oppure avete creato un filo narrativo che conduce poi al messaggio?
«La tematica del disco, più che una dedica diretta e intenzionale, è stata una ricostruzione a posteriori. Abbiamo scritto i pezzi attingendo da storie di vita vissuta sulla pelle nostra o di persone a noi vicine. Solamente dopo aver scritto “La danza della sfiga” abbiamo realizzato come essa potesse racchiudere dentro di sé tutte le altre storie che compongono l’album e per questo l’abbiamo resa una semi-titletrack.»
A proposito di messaggio: cos’è che volete dire ai vostri fan/ascoltatori? Che tipo di messaggio volete che venga recepito?
«Per noi la musica è riflessione, catarsi e identità. A noi piace suscitare disagio con la nostra musica, perché è quello che cerchiamo nella musica e nell’arte come fruitori. Crediamo che solo dal disagio si può essere spinti al cambiamento in positivo o alla riflessione su sé stessi e su ciò che ci circonda».
Quando e perché nasce l’idea di iniziare a suonare musica punk? Quali sono stati gli artisti/band che più vi hanno ispirato?
«Non abbiamo mai preso una decisione netta e definita sul genere di musica che vogliamo suonare e non siamo neanche troppo sicuri che quello che facciamo si possa canonicamente definire “punk”. Diciamo che ci piace prendere a piene mani dai vari ascolti personali che sentiamo più vicini alla nostra attitudine alla musica. Sicuramente, tra le influenze, giocano un ruolo fondamentale la scena anni 90 della Touch&Go e l’attuale scena alternative/post punk nord europea».
Avete già delle date estive per la promozione del vostro nuovo lavoro. Qual è la parte che trovate più elettrizzante delle vostre esibizioni live?
«La cosa più emozionante per noi è già di per sé il suonare dal vivo. Il live è il nostro habitat naturale e siamo felici ogni volta che abbiamo la possibilità di suonare davanti a un pubblico. I nostri concerti sono molto energici e ci piace molto quando la gente si lascia coinvolgere da questa energia in modi diversi: c’è chi poga o chi preferisce ascoltarci muovendosi sul posto e facendo cenni con la testa. Tutto questo ci fa sentire parte di un vero e proprio scambio, come se ci fosse una conversazione in corso tra noi e il pubblico».
Fonte immagine: pagina ufficiale Instagram della band