Il termine catarsi – dal greco katharsis, “purificazione” – indica un processo fisico, religioso, simbolico o psicologico attraverso cui ci si libera da una situazione di dolore o angoscia. È un’autentica liberazione, propriamente una purificazione dalle scorie che inquinano la mente, l’anima e il corpo.
È interessante analizzarne l’excursus storico, che pone la catarsi al centro di diversi ambiti di pensiero e studio, secondo i quali la purgatio da una contaminazione può concernere sia la spiritualità che la fisicità.
Catarsi in ambito medico
Nell’ambito della medicina greca del V° a.C., in particolare in quella d’Ippocrate, la catarsi passa attraverso l’evacuazione e la mestruazione, espellendo fisicamente dal corpo escrementi o sangue ritenuti dannosi per la salute: la malattia viene a quel tempo considerata “come un qualcosa di estraneo che si impianta nell’organismo”; dunque il malato può guarire per mezzo di una purificazione appunto, ossia mediante la fuoriuscita catartica di escrementi, umori o sangue. Quest’ultima funzione catartica è propria della fisiologia femminile, ritenendo possibile per la donna trovare benessere temporaneo soltanto attraverso e durante la catarsi del sangue mestruale. Infatti, in presenza di una catarsi mestruale incolore o irregolare, la donna necessiterebbe di purificazione, in quanto sentore di diverse patologie, tra cui vari riferimenti alla “follia”: è divenuto ormai un cliché l’allusione ai nervosismi, vulnerabilità emotive, ansia, tristezza e irritabilità, tipicamente riscontrati nelle donne in fase premestruale, spesso anche correlati con febbre, sudori e palpitazioni. A tal proposito, la “guarigione” passa mediante l’attivazione di emozioni nel paziente, attuando la catarsi attraverso le emozioni.
Catarsi in ambito religioso
Dal punto di vista religioso, la catarsi come purificazione passa attraverso autentici rituali, consistendo nella formazione di un gruppo, nella solidarizzazione e nel favorire l’interconnessione tra gli individui. La purificazione prevede un’azione di tipo rituale, attraverso cui l’uomo elimina le impurità interiori ed esteriori per mezzo dell’acqua, e puntando a sacrificare animali domestici, offrire primizie e impiegando fuoco, libagioni di vino, di miele, olio e acqua. Dunque la catarsi si compie per eliminare la sporcizia esteriore, ma anche per liberarsi da turbamenti come la malattia, la morte, i rapporti sessuali e qualunque contaminazione concerni la vita umana.
Catarsi nel pitagorismo
Giungendo all’ambito matematico e filosofico, la catarsi assume una connotazione sempre più spirituale anziché fisica. Per il pitagorismo la catarsi costituisce la base dei riti ascetici, celebrati per purificarsi dalla materialità del corpo, anche raggiungibile attraverso l’adozione di particolari diete alimentari. Ma è la musica l’oggetto catartico per eccellenza. La musica, e la matematica che la sottende, per i pitagorici è in grado di liberare l’anima dall’irrazionalità delle passioni.
Nella visione crociana, invece, la purificazione catartica passa attraverso la poesia. Qui la catarsi costituisce il momento più alto dell’intuizione poetica.
Catarsi in ambito filosofico
Nella filosofia la catarsi assume significato puramente simbolico-spirituale, a partire da Platone, nel cui pensiero il termine si riferisce alla purificazione dell’anima dai mali interiori. Il filosofo intende la catarsi quale processo conoscitivo attraverso cui ci si libererebbe dalle impurità dello spirito, intaccato nel suo stato di purezza originaria, quello cioè relativo al mondo delle idee, in cui domina il Bene.
Per quel che concerne Aristotele, se la sua concezione iniziale di catarsi, descritta nella Politica, risulta vicina a quella pitagorica, osannando la musica che induce alla meditazione e alla riflessione, che liberano dagli affanni quotidiani, nella Poetica passa a descrivere la catarsi come liberatorio distacco dalle passioni attraverso le intense vicende rappresentate sulla scena dalla tragedia. Per Aristotele dunque la catarsi è nel dramma, in particolare nella pietà e nel terrore che lo spettatore prova per i protagonisti, all’idea che anche lui potrebbe trovarsi in situazioni analoghe a quelle rappresentate. Pietà e terrore si risolveranno catarticamente nello spettatore quando il dramma si scioglierà in una spiegazione razionale dei fatti narrati. A un certo punto poi si passerà ad un’ulteriore interpretazione della catarsi, quella estetica, legata cioè al piacere: lo spettatore non si purifica delle sue emozioni vedendo esempi edificanti, ma sarà lo stesso dispositivo teatrale, lo spettacolo in sé, a purificarlo.
Psicologia moderna
Giungendo all’epoca della psicologia moderna, il termine catarsi viene ripreso da Sigmund Freud e Josef Breuer nel 1895, negli Studi sull’Isteria, per indicare la liberazione di emozioni in pazienti ansiosi, grazie al recupero di particolari pensieri o ricordi. La catarsi così intesa è dunque il culmine di un processo psicanalitico e psicoterapeutico atto a liberare da un trauma o un conflitto interiore, facendo appunto riaffiorare alla mente del paziente ciò che ha prodotto quel conflitto o quel trauma.
Catarsi in ambito culturale
In età contemporanea, nell’ambito della cultura GLBT, sia il Coming Out che l’Outing costituiscono importanti forme di catarsi, determinanti dopo secoli di repressione, condanna e omertà sociali, religiose, politiche e morali.
Spesso invece, in silenzio tra le mura domestiche, si attua un’altra tipologia di catarsi, ritenuta indubbiamente dannosa e sentore di fragilità psico-emotiva, quella giovanile e adolescenziale del masochismo: consistente nel prodursi volontariamente tagli sulla pelle, per far fuoriuscire con il sangue il dolore, le delusioni e la rabbia, imputabili a traumi infantili, di abbandono o violenze, sepolti nell’inconscio o pienamente coscienti.
Ma al di là del male catartico, legato al male di vivere, la catarsi può senza dubbio prodursi in forme meno drammatiche ma altrettanto liberatorie e curative, quali la scrittura, la danza, la pittura, la musica e qualsiasi forma d’arte possa essere utile, oltre che piacevole, a guarire le ferite che fanno fatica a cicatrizzarsi. Persino la follia, quel pizzico di sana follia può fungere da azione catartica, per liberare fuori il malessere, le costrizioni, le ingiustizie e le privazioni che troppo spesso avvelenano la mente e l’anima, trascinandole in un vortice di dolore altrimenti inespresso, anche fisico.
In definitiva, un processo catartico determina una soluzione, implicando la conclusione di un processo doloroso, fisico o emotivo, ossia lo scioglimento di un evento drammatico, anche senza lieto fine.