Lucio Battisti è stato un cantautore, polistrumentista e compositore che ha segnato la musica italiana in modo indelebile. Le sue canzoni, nate principalmente dal sodalizio con Mogol, risuonano ancora oggi, confermandolo nel 2021 come uno degli artisti più ascoltati su Spotify. Pochi però conoscono a fondo l’ultimo periodo di Lucio Battisti, una fase di radicale sperimentazione e di volontaria sparizione dalle scene che ha ridefinito la sua figura artistica.
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Tabella: gli album del periodo bianco (Battisti-Panella)
Per comprendere l’evoluzione artistica di Battisti in questa fase, questa tabella riassume i cinque album nati dalla collaborazione con Pasquale Panella, noti come “album bianchi” per le loro copertine minimaliste.
Album | Anno e caratteristiche |
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Don Giovanni | 1986 – L’album che inaugura il sodalizio, un ponte tra la classicità e la nuova poetica ermetica. |
L’apparenza | 1988 – La sperimentazione si fa più audace, con testi che giocano sull’ambiguità e su sonorità elettroniche. |
La sposa occidentale | 1990 – Le sonorità si avvicinano alla world music e al dance-pop, mantenendo la complessità dei testi. |
Cosa succederà alla ragazza | 1992 – Considerato uno dei vertici della collaborazione, con testi surreali e arrangiamenti sofisticati. |
Hegel | 1994 – L’ultimo album, il più complesso e impenetrabile, un testamento artistico che cita il filosofo tedesco. |
La rottura con Mogol e la fase di transizione
La celebre collaborazione con Mogol si conclude con l’album “Una giornata uggiosa” del 1980. La separazione segna l’inizio di una nuova ricerca per Battisti, che desiderava svincolare la musica dal testo tradizionale. L’album successivo, “E già” (1982), rappresenta un momento di passaggio: i testi sono firmati dalla moglie Grazia Letizia Veronese con lo pseudonimo di Velezia. Questi brani, già più ermetici e complessi, anticipano la svolta radicale che sarebbe arrivata di lì a poco.
L’inizio del periodo bianco: la collaborazione con Pasquale Panella
La vera e propria sperimentazione inizia con l’incontro con il poeta e paroliere Pasquale Panella. Nel 1986 esce “Don Giovanni”, il primo dei cinque album che definiscono il cosiddetto periodo bianco. Questa fase è chiamata così perché le copertine, astratte ed emblematiche, sono completamente bianche, con solo un simbolo o un disegno di Battisti al centro. Con Panella, Battisti esplora l’importanza del suono della parola (il “suonoparola”), creando nuove sonorità dove la bellezza acustica prevale sul significato letterale, come dimostra l’enciclopedia Treccani. Le atmosfere sono stranianti, e i testi, come quello di “Le cose che pensano”, lasciano all’ascoltatore la massima libertà di interpretazione.
L’assenza come scelta artistica e il mistero sulla vita privata
L’ultimo periodo di Battisti è caratterizzato da una scelta precisa: la totale assenza mediatica. Battisti era restio a concerti, interviste e a qualsiasi forma di promozione, credendo che l’opera dovesse parlare da sola, senza l’interferenza dell’immagine dell’artista. Questo suo riserbo divenne leggendario, tanto da ispirare la rubrica “abbattistamenti” nel programma Rai “Va ora in onda”. Questa profonda pulsione di rinnovamento, che sfidava il mercato e le classifiche, era accompagnata dal suo consueto perfezionismo maniacale in sala di registrazione. La stessa privacy ha avvolto la sua morte, avvenuta nel 1998 a soli 55 anni, per cause mai rese note ufficialmente. Ancora oggi, la gestione della sua eredità artistica da parte degli eredi rende complessa la fruizione della sua musica sulle piattaforme digitali, ad eccezione del catalogo con Mogol, come riportato da diverse fonti giornalistiche, tra cui un approfondimento de Il Post.
Fonte immagine in evidenza: Wikipedia
Articolo aggiornato il: 29/09/2025