Anche se erano stati già i primi album dell’artista a suggerire il suo bisogno di sfidare le convenzioni, di variare il sound del rock e portare il suo pubblico in luoghi inaspettati, la maggior parte dei fan di David Bowie e dei critici musicali concorda sul fatto che la sua vera svolta sia arrivata nel 1972 con l’uscita di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. Ziggy Stardust segna la prima volta in cui Bowie si è avventurato in territori concettuali a quel tempo ancora sconosciuti nel panorama musicale. Similmente all’incarnazione di Peter Gabriel nelle sue creazioni con il gruppo dei Genesis (sebbene nell’ambito di un genere diverso), anche Bowie ha prestato voce e corpo a Ziggy Stardust, una rockstar bisessuale dai capelli arancioni di un altro pianeta. Tale personalità (così come l’annuncio improvviso ma perfettamente tempestivo di Bowie di essere bisessuale) ha certamente contribuito a generare controversia e interesse per l’originale progetto musicale in questione. E anche se il racconto di Ziggy è iniziato e finito con questo album, la sua ‘maschera‘ è rimasta intorno all’artista per diversi album successivi.
È già evidente da questo breve racconto l’impatto e la rilevanza culturale che questo disco ha avuto fin dalla sua pubblicazione, motivo per cui in questo articolo cercheremo di ritracciare, ripercorrendo il racconto di Ziggy Stardust traccia per traccia, tutti quegli aspetti che hanno contribuito a rendere Bowie uno dei più peculiari artisti degli anni ’70.
1. Five Years:
Accompagnato dalla sua band di supporto, gli Spiders from Mars (alla chitarra il mitico Mick Ronson, al basso Trevor Bolder, alla batteria Mick Woodmansey), Bowie crea un brano cupo e intenso, un vero e proprio annuncio dell’imminente fine del mondo, per il quale alla Terra spettano solo cinque anni di vita rimanenti. Più avanti ,nel corso degli anni ’70, Bowie avrebbe affermato di aver scelto la durata della vita terrestre, cinque anni, a seguito di un sogno in cui suo padre defunto gli disse che non doveva più volare e che sarebbe morto in cinque anni, in risposta a una domanda sulla sua paura di volare. Utilizzando slang americano e pronunce blande, Bowie crea un’atmosfera di disperazione e alienazione, introducendo anche il personaggio di Ziggy Stardust. In Ziggyology, Simon Goddard cita anche l’influenza di Sulla Strada di Jack Kerouac, uno dei libri preferiti di Bowie, nonché uno dei romanzi-manifesto della Beat Generation. Altro aspetto interessante è dato dal seguente verso: “Don’t think you knew you were in this song” (“Non pensavo che tu sapessi di far parte di questa canzone”). Bowie si rivolge direttamente all’ascoltatore, segnando un fatto assai raro nei testi rock dell’epoca. Five Years riflette chiaramente l’ispirazione armonica su Bowie di artisti come Lou Reed e Bob Dylan. Il tutto in una chiave di lettura fantascientifica e distopica che preannuncia il tema chiave del disco.
2. Soul Love:
La seconda traccia del disco di Bowie consiste in un breve momento di tregua tra Five Years e Moonage Daydream. Non è strettamente legata al concetto generale dell’album, pur restando un ascolto piacevole. Ha lo stesso ritmo delicato della traccia precedente, iniziando senza sforzo dopo che l’altra canzone svanisce gradualmente. Il canto di Bowie è provocatorio durante tutto il pezzo (reso ancora più evidente dal canto di sottofondo acuto), particolarmente nelle strofe tranquille, ma sono i cori improvvisamente travolgenti a rendere davvero speciale la canzone. Mick Ronson alza il volume con alcuni ottimi riff, mentre il suo assolo conclusivo è un esempio perfetto della gloria del glam. La batteria di Woody Woodmansey e il basso di Trevor Bolder sono, come al solito, perfetti per il compito che hanno di fronte. Dopo aver appreso la visione apocalittica di Five Years, Soul Love offre un paesaggio più “ottimistico”, dato dai bonghi e dalla chitarra acustica. I personaggi coinvolti vedono una madre che piange sulla tomba del figlio, l’amore del figlio per l’ideale per cui è morto (che sembra fare eco al dolore di Maria alla tomba di Gesù), una coppia di giovani amanti che credono in “nuove parole” e l’amore di “Dio nell’alto dei cieli”. Tuttavia, verso la fine del brano apprendiamo un sottotesto nichilistico e una reinterpretazione cinica dell’amore che contrasta nettamente con le canzoni precedenti di Bowie: la lotta contro ‘l’amore idiota’ che ‘scende su coloro che sono indifesi’ e conclude desolatamente che ‘l’amore non è amare’. Nel brano sono presenti anche temi che riflettono il disprezzo di Bowie per le istituzioni e le cause, come il figlio morto che “ha dato la sua vita per salvare gli slogan”. Il testo introduce verso la fine anche la figura di un un prete che era già comparso in Five Years, qui “gusta la parola” in mezzo “alla cecità che lo circonda”.
3. Moonage Daydream: la dichiarazione di intenti di Ziggy Stardust di David Bowie.
Se il concetto dell’album Ziggy Stardust di David Bowie ruotava attorno a una rock star aliena scesa dal cielo per sconvolgere le menti degli esseri umani, allora, Moonage Daydream è e rimane quella particolare dichiarazione di intenti. Non sorprende che la canzone rimanga una delle più popolari di quel disco, nel quale l’interpretazione geniale del chitarrista Mick Ronson prende chiaramente il palco in primo piano. La canzone inizia con una massiccia sovraincisione di feedback e riff, acustici ed elettrici, alternandosi a stravaganti ma in qualche modo perfette affermazioni di Bowie nel contesto: “Sono un alligatore/Sono un mamma-papà che viene per te/Sono l’invasore dello spazio!/Sarò una maledetta rock and roll per te!” Essendone Bowie un pioniere, la formula ancora influente del glam rock (accordi discendenti di strumenti a corda, acuti vocali, immagini erotiche…) colpisce su tutti i fronti. Le tastiere di Ronson e l’arrangiamento finale dei vari strumenti a corda, dai violini alla chitarra elettrica, abbinati a un brillante assolo di quest’ultimo, si rivelano la ciliegina sulla torta del pezzo, sigillando Moonage Daydream per sempre come un classico del rock.
4. Starman: il singolo più famoso di Ziggy Stardust di David Bowie.
È probabilmente il singolo più famoso di tutto il catalogo di Bowie. All’epoca della sua promozione, Bowie apparve al Top of the Pops della televisione britannica, spavaldo, un po’ kitch e assai colorato, con un braccio languidamente appoggiato sulla spalla del chitarrista Mick Ronson, e cantando incoraggiamenti a ogni uomo, donna e bambino della Terra. Due settimane dopo, Starman era tra i primi dieci in classifica e Bowie era una superstar. La canzone è dolce, emozionante, ma anche molto semplice alla base. È “la storia di un piccolo uomo dello spazio che viene sulla Terra”, spiegava la sua pubblicista dell’epoca, Cherry Vanilla. Naturalmente è un po’ più complicato di così. Bowie dichiarò a Rolling Stone: “Ziggy viene consigliato in un sogno, dagli infiniti, di scrivere l’arrivo di un uomo delle stelle” – gli infiniti sono una razza di alieni che viaggiano attraverso buchi neri, ma evidentemente hanno un’eccellente comprensione dello slang terrestre contemporaneo. “Lasciate che i bambini ballino” (“let the children boogie”).
5. It Ain’t Easy
L’unica cover presente Ziggy Stardust di David Bowie fu originariamente scritta da Ron Davies. Nella reinterpretazione di Bowie, le strofe offrono momenti di calma, con l’aggiunta di ciò che sembra essere un clavicembalo ad una sezione ritmica di base e discretamente in sottofondo, il canto acuto di Bowie assume dei tratti quasi lirici all’interno della composizione musicale. Nei ritornelli, invece, tutto esplode improvvisamente – cori sovraincisi, la batteria di Woody Woodmansey diventa più potente e pone in risalto la chitarra trionfante di Mick Ronson. Anche nella parte strumentale conclusiva, Ronson aggiunge un tocco di maestria.
6. Lady Stardust
Altro brano di ispirazione glam rock, in cui artisti come Mike Bolan dei T-Rex sembrano essere tirati in ballo. Bowie canta di un musicista in contrasto con i tradizionali ruoli di genere. Lady Stardust è in realtà un ragazzo, uno che indossa trucco, ha capelli lunghi e veste con colori sgargianti, destinato a essere considerato un outsider fino a quando non sale su un palco per la prima volta. A quel punto, il suo genere non ha più importanza. Le canzoni di Lady Stardust possono essere cupe, ma smuovono le persone in un modo che solo la musica può fare. La derisione a cui era sottoposto si trasforma prima in stupita perplessità e poi nel desiderio di sapere chi è questa persona. Bowie scrive questa storia attraverso una brillante melodia con un ritornello coinvolgente. La voce dal registro acuto di Bowie si adatta perfettamente al flow del pezzo ed è perfettamente facile immaginare una folla che ondeggia e canta nota per nota questo bellissimo, memorabile brano.
7. Star
Una delle tracce in Ziggy Stardust di David Bowie che fa direttamente riferimento al concetto di ‘stella‘ e che vede l’artista affrontare il desiderio di aspirare a una tale figura attraverso una serie di rapide descrizioni di personaggi. I riferimenti sporadici alla vita nel Regno Unito dell’epoca (“Tony è partito per combattere a Belfast“) rendono l’idea di “emergere come una superstar regolare” una soluzione ancora più attrattiva. Dal punto di vista musicale, la canzone è vivace e rappresenta un esempio convincente di rock energico, con Ronson che si distingue attraverso alcuni riff e arrangiamenti inaspettatamente sofisticati. Forse il momento più eccentrico dell’interpretazione sono i “sha-ya-ya” leggermente balbettati nel ritornello, ma ciò è compensato dalla parte finale in cui tutto rallenta, permettendo prima a Bowie di emergere con il piano in evidenza e poi alla band nel suo complesso di concludere l’esibizione con un ultimo ‘inchino’ climatico.
8. Hang On to Yourself
Con il suo prominente ritmo rockabilly, il brano è molto più che una semplice continuazione revival di questo genere degli anni ’50. La canzone è principalmente sostenuta dalla sezione ritmica degli Spiders from Mars, tuttavia, con i colpi decisi di rullante di Woody e il basso di Bolder (una presenza dominante nel ritornello) che conferiscono al brano una robusta fondamenta. Ciò non significa che il contributo di Ronson sia meno che esemplare, prendendo il sopravvento alla fine di ogni ritornello, scalando sempre più in alto la tastiera prima che il riff risolutivo collassi su se stesso in maniere alquanto avvincente.
9. Ziggy Stardust: il brano culmine di Ziggy Stardust di David Bowie.
Il brano-culmine della sorprendente storia alla base di Ziggy Stardust di David Bowie è stato riproposto, preso in prestito e rivisitato così tante volte ora, che, cercare di descriverne l’impatto diventa quasi impossibile. Quello che è interessante nella versione originale, però, in confronto agli sforzi successivi degli altri è, quanto relativamente contenuto sia in certi aspetti. Piuttosto che essere uno dei rapidi, freddi pezzi rock dell’album, è misurato, prende il suo tempo, si caratterizza per essere tanto acustico quanto elettrico. Tuttavia, la performance della band è niente meno che nitida ed esplosiva, il lavoro della chitarra distorta di Ronson e l’interpretazione dei riff strani e un po’ nevrotici che compongono la canzone sono tanto un segnale per dove potrebbe andare il rock quanto un tributo al grande successo passato di musicisti e chitarristi come Hendrix. Bowie stesso sovverte e trascende brillantemente quel momento storico della musica, con un canto beffardo e stridulo e una serie bruciante di testi che tocca qualsiasi tema-tabù, dal sesso e la morte fino all’egoismo, per poi concludere con un disperato “Ziggy played…guitar!“, sigillando un classico assoluto.
10. Suffragette City
11. Rock n’ Roll Suicide: temi attuali in Ziggy Stardust di David Bowie.
Il brano segna la conclusione del percorso di Ziggy, e dunque del disco di Bowie. Ziggy viene inevitabilmente influenzato dalla vuotezza e superficialità della fama, trovandosi smarrito. Previsione che si avvera lentamente nel corso dell’intero album di Bowie. Nel brano, sembra essere presente una versione dell’io artistico che è ‘sana’ e che parla direttamente a Ziggy. Questa caratteristica introduce il concetto dei ‘due sé‘ o delle due personalità che si collega alla fascinazione di Bowie per le malattie mentali come la schizofrenia, in relazione anche alla storia mentale della sua famiglia. La canzone enfatizza anche la progressione del tempo, un tema ricorrente sia all’interno dell’album che del personaggio stesso. Il personaggio di Ziggy Stardust di Bowie è comunemente percepito come depresso, e in parte attribuisce questa condizione alle restrizioni del tempo. Cerca di convincersi a vivere felicemente, evitando che il ‘sole getti la tua ombra‘, un collegamento alla teoria secondo cui la sua persona è un modo per esorcizzare i suoi demoni in uno spazio sano. Ziggy (o Bowie) cerca disperatamente aiuto e tende la mano nel suo modo deluso o folle. Si aggrappa alla convinzione che possa cambiare le persone del mondo e far loro apprezzare le stesse cose che interessano a lui, cose di valore, non gratificazioni istantanee. Al di fuori dei riferimenti immaginari al personaggio di Ziggy Stardust, la canzone contiene temi incredibilmente attuali che resistono alla prova del tempo, motivo per cui i testi di questo disco sono stati così innovativi e importanti per tutto il panorama musicale dell’epoca.
Fonte immagine in evidenza: Spotify, copertina ufficiale dell’album The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars (Remaster del 2012)