Davide Montuori: intervista sul progetto Fil Rouge

Davide Montuori: intervista sul progetto Fil Rouge

Intervista a Davide Montuori, wine artist. 

Davide Montuori è un wine artist che ha unito le sue due più grandi passioni in un unico progetto. L’arte e il vino si fondono nella sua ultima mostra, resa fruibile anche online attraverso la galleria video pubblicata sui canali ufficiali. Si tratta di Fil Rouge, un format audiovisivo realizzato in collaborazione con il MAVV (Museo dell’Arte, del Vino e della Vite di Portici) che racconta in ogni puntata una singola opera, approfondendola non solo dal punto di vista tecnico, ma fornendo anche interessanti digressioni inerenti al tempo storico o al soggetto rappresentato. Lo abbiamo intervistato per saperne di più sulle sue opere e sul suo progetto.

“La Celta” con Aglianico, Chianti e Dolcetto Piemontese è il quadro che apre la galleria video Fil Rouge. Si nota da subito il tentativo di collegare il video alla storia partendo dalle origini. In base a che criterio ha scelto le diverse fasi storiche nelle quali inserisce i suoi quadri?

Il vino è “testimone” degli ultimi 9000 anni, e il suo consumo nelle civiltà antiche non è distante dal consumo odierno. Mi sono concentrato sulle società, che più di altre, hanno segnato un determinato periodo storico, raccontando di esperienze con cui è facile ritrovare aspetti della società contemporanea. Dietro al vino ci sono rituali sociali che restano immutati da millenni, dai festeggiamenti Celtici alle liturgie cristiane; dai banchetti medievali ai nostri selfie al winebar col calice alzato.

“Le Romane” con Aglianico e Chianti tratteggia le atmosfere della classicità romana. Una cultura che dava una grande importanza al vino, ospite immancabile in diverse occasioni sociali e che diventa in quest’opera il fil rouge (è il caso di dirlo) con il soggetto rappresentato. In base a cosa sceglie la qualità di vino per la realizzazione di una determinata opera?

La scelta del vino è data da due fattori, il primo è il gusto. Cerco nel vino una forza emotiva, capace di raccontare adeguatamente il contenuto morale dell’opera. Il secondo è il colore, poiché ogni vino ha il proprio colore, devo necessariamente valutarne l’intensità per accostarli e ottenere l’effetto di tridimensionalità desiderato.

Nella resa artistica, che differenza c’è tra l’uso di una qualità di vino piuttosto che un’altra?

Al di là di una resa cromatica, c’è da valutare un altro aspetto, quello della conservazione. Adopero per le mie opere spesso etichette D.O.C e D.O.C.G. Questo garantisce una mineralità autentica del prodotto e mi permette di non usare nessun additivo chimico in aggiunta.

Come mai ha deciso di dedicarsi alla pittura con l’uso esclusivo del vino?

Al contrario dei colori chimici, il vino “invecchia su tela”. Asseconda della tipologia e provenienza geografica, il vino muta di colore. In questi anni ho potuto vedere che tendenzialmente i vini del Nord protendono ai toni violacei, mentre quelli del sud protendono al “giallo pietra di tufo”. Questa caratteristica rende le opere più vive che mai e ben si sposa con noi esseri umani (protagonisti indiscussi della collezione Fil Rouge), che cambiamo idee e pareri, usi e costumi, ma non cambiamo il nostro modo di amare.

Immagine: Davide Montuori Wine Artist

A proposito di Mara Auricchio

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