Un’opera d’arte che riesce nel suo scopo non dà risposte. Al contrario, è fatta di silenzi davanti ai quali svuotare la mente e commuoversi. È proprio ciò che riesce a farci fare Diego Marcon nella sua mostra dedicata al film The Parent’s Room (2021), presentato in anteprima al Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes.
Un uomo seduto sul bordo del letto vicino al cadavere della moglie guarda assente fuori dalla finestra, al di là della quale si apre un paesaggio sommerso dalla neve. Un uccellino si posa sul davanzale ed intona una melodia tanto tragica quanto inquietante, accompagnando il racconto di quell’uomo che ci dice di avere ucciso la sua amata ed i suoi figli.
Il film, nella sua intensa brevità, è allestito in una stanza del museo Madre di Napoli che immette lo spettatore in un’atmosfera domestica simile a quella dei personaggi.
La scena si apre con un lungo silenzio di un’esplosiva forza evocativa, interrotto dalla canzone al termine della quale si ritorna al silenzio: è un loop in cui i personaggi sono incastrati. Di riflesso anche lo spettatore si ritrova coinvolto in un momento che sembra non avere né un inizio né una fine, ma come se si trovasse in una dimensione quasi onirica è immerso in un vortice in cui ad ogni nuova ripetizione corrisponde una nuova intensa emozione.
I personaggi presentano un aspetto deformato, da marionette con i loro volti scultorei e le loro pose plastiche intervallate da pochi micromovimenti, alterando così ancora una volta la realtà.
Tra una dimensione reale ed una fantasmagorica, Marcon riesce abilmente a farcele distinguere ed allo stesso tempo a rendere i loro confini così assottigliati da generare in primis uno stato di confusione e, poi, una condizione che diventa contatto con la propria sensibilità. L’artista indaga proprio questo: le varie possibilità di raccontare il reale, in un’incessante confronto con le molteplici sfaccettature della propria soggettività.
Al termine della mostra si esce profondamente toccati dalla potenza delle emozioni personali esplorate e scatenate con un’energia disarmante. Andrea Viliani – curatore della mostra insieme ad Eva Fabbris – la definisce un’esperienza catartica, dedicata a chi ha assaporato il silenzio turbato dopo un trauma: una scultura animata per chi non riesce più a rincorrere la vita e scandisce un tempo che è un tutt’uno col niente. Ma il niente è qualcosa, al cui contatto si vive un processo di purificazione che ci fa ritornare alla purezza delle emozioni.
Diego Marcon e la sua The Parents’ Room
Una mostra originale, tutto sommato anche inaspettata, che più che da vedere è da vivere, attivando tutti i sensi e lasciandosi travolgere da questo balsamo capace di rimarginare le ferite.
La mostra è sita al museo Madre di Napoli, la cui direttrice artistica è Kathryn Weir, creata dal regista Diego Marcon, curata da Eva Fabbris e Andrea Viliani e co-prodotta da INCURVA (Trapani) e la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e promosso grazie al sostegno dell’Italian Council. Le musiche sono state composte da Federico Chiari e scritte da Diego Marcon.
Fonte immagine: Ufficio stampa