Diversamente belli: una messa a nudo tra inclusione e indipendenza

Diversamente belli: una messa a nudo tra inclusione e indipendenza

L’obiettivo fotografico non è costretto a evitare sguardi imbarazzanti, a prodigarsi in espressioni pietose. L’obiettivo fotografico è in questo spietato: un occhio nero che risucchia l’immagine che accoglie, la rigetta su un supporto bidimensionale, mettendo il suo soggetto completamente a nudo. Ma la nudità in quanto tale, come quella quasi perenne delle nostre mani, le uniche a mostrare i nostri reali intenti, non è per forza la dimensione dell’inerme. Colui che è nudo non ha niente da nascondere, si palesa nella sua vera natura. I protagonisti della mostra Diversamente belli, di cui si è dato un assaggio il 20 aprile all’ingresso dell’incontro Vita indipendente dopo di noi tenutosi al Teatro comunale De Filippo di Portici, sono attori di una scena interamente spoglia.

Il coordinatore del team di fotografi impegnato in questa raccolta di anime, Stefano Renna, ha dato loro supporto e coesione di intrbti. La scelta dei soggetti è frutto di un legame profondissimo che Stefano ha intrattenuto con i “diversamente belli” grazie all’esempio di sua madre, per lungo tempo presidente dell’associazione porticese L’isola, spesso interessata a progetti di integrazione artistica, prima con spettacoli teatrali, e ora con il contatto diretto con fotografi del suo calibro. Protagoniste sono persone chiuse dalle proprie inibizioni, spesso retaggio dell’apprensione genitoriale, molto diffusa in nuclei familiari comprendenti diversamente abili, che hanno avuto modo di leggere la fotografia come forma di partecipazione.

Come in un’opera di Caravaggio: i “diversamente belli” protagonisti della scena

Diversamente belli è un progetto dedicato a Rosaria, una donna che Stefano Renna ha avuto modo di conoscere all’inizio della frequentazione del gruppo de L’isola, dieci anni fa. Il suo era un viaggio di conoscenza, «alla ricerca del sorriso», perché grazie alla fotografia è riuscito a «fermare un momento suo». Stefano è venuto a conoscenza della sua scomparsa di Rosaria, ma non di quello che ha ancora da raccontare. «La sua foto lascia oltre la vita qualcosa che racconta ancora, entra nelle cose e le incide sulla memoria». Dopo dieci anni, Stefano comprende oggi come questo sia un progetto di attraversamento, che persisterà anche dopo di noi. Con il suo peculiare stile caravaggesco, i suoi soggetti sono illuminati, messi in evidenza da un fondo scuro, come sulla scena di un teatro, ma con riflettori che riprendono ciò che di più naturale ci sia.

Vita indipendente dopo di noi è infatti il titolo del convegno cui hanno presieduto il sindaco di Portici Vincenzo Cuomo e le forze motrici della coordinazione del terzo settore, nonché della salvaguardia dei “diversamente belli”. L’idea di diversità è spesso connessa a quella di deviazione, come se ci fosse una retta via, e l’allontanarvisi costituisse un oltraggio a una vita normale. La società non è spontaneamente accogliente, ed è per questo che necessaria è una rivoluzione della percezione della persona. Questo è in prima istanza un discorso culturale. Il sindaco Cuomo parla della necessità di «tradurre in atti concreti i buoni propositi dei legislatori», portando in auge gli effetti benefici che la legge del Dopo di noi, la 112, augura ai “diversamente belli”.

Il legame è ancora una volta la soluzione. Il sindaco parla di una rete di connessione «non quella da tennis, che è un ostacolo, ma quella del pescatore», con maglie che raccolgono insieme e al sicuro. La svolta al discorso politico-sociale sta nella necessità di tradurre l’assistenza medica in accoglienza umana, non perdere mai di vista la concezione di persona. Per questo la nascita di tirocini formativi, di assistenti personali (e non domiciliari) per le esperienze della quotidianità, ma mai vivendo solo di progetti, mai riducendo i “diversamente belli” a semplici numeri. Raccontare in modo semplice la vita delle persone, perché l’obiettivo sta proprio nel dar loro nuova vita.

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A proposito di Carolina Borrelli

Carolina Borrelli (1996) è iscritta al corso di dottorato in Filologia romanza presso l'Università di Siena. Il suo motto, «Χαλεπὰ τὰ καλά» (le cose belle sono difficili), la incoraggia ogni giorno a dare il meglio di sé, per quanto sappia di essere solo all’inizio di una grande avventura.

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