An Accounting, la mostra di Maria Thereza Alves | Galleria Alfonso Artiaco

An Accounting, la mostra di Maria Theresa Alves

Inaugurata, venerdì, 20 gennaio, “An Accounting”, la nuova mostra dell’artista brasiliana Maria Thereza Alves, presso la Galleria Alfonso Artiaco, a piazzetta Nilo, nel cuore del centro storico di Napoli.

Con questa mostra l’ artista si propone di dare nuova voce a un problema sottaciuto per secoli: lo sfruttamento della comunità Xico in Messico a favore della nobile famiglia napoletana Pignatelli Cortés che mai si è curata dei propri possedimenti oltremare, se non quando i loro guadagni hanno iniziato a diminuire. La mostra si rivela così un focus su un tema mai troppo approfondito, An Accounting, e per farlo Maria Thereza si ispira al Museo della Comunità della Valle de Xico e alla sua collezione, composta da oltre 5000 reperti trovati dai residenti locali, così come alla Villa Aragona Pignatelli Cortés.

Con queste parole Maria Thereza Alves introduce la sua mostra in galleria: 

Negli archivi di Napoli, libri mastri.

File di numeri di ricchezza, raccolte per quattrocento anni in terre invase.

Negli archivi di Napoli, liste di tributi.

Lavoro non retribuito per la gestione degli allevamenti, delle hacienda, delle fattorie, per il lavoro nelle miniere e la costruzione di case, stalle, mulini, navi, negozi, laboratori, recinti; materiali da costruzione come legno, pietra, calce, porte, travi, elementi architettonici scolpiti; turchese, ambra, cristallo; mais, legumi, peperoncini, sale, cacao, tacchini, pollame, uova, pesce, gamberetti; cotone grezzo, indumenti di cotone; legna da ardere, gomma; gioielli e oro – il tributo preferito dopo l’invasione, riscosso da decine di migliaia di persone.

Gli importi definitivi trasferiti a Napoli.

Trasferiti a una famiglia di Napoli, che chiedeva tributi ancora più alti, ancora più terra, più ore di lavoro non retribuito.

Fu solo all’inizio del XX secolo che un membro di questa famiglia scrisse per chiedere come fossero la terra e la gente – lì in Messico dove la loro ricchezza raccolta stava diminuendo.

La città di Xico nello stato del Messico pagava i tributi a quella famiglia.

Come iniziare un dialogo in mezzo a secoli di conti?

Maria Thereza Alves, la biografia

Maria Thereza Alves è nata nel 1961 a San Paolo (Brasile). Vive e lavora tra Berlino e Napoli.  L’artista espone a livello internazionale dagli anni ’80, creando un corpo di opere che investigano le storie e le circostanze di particolari località per tenere traccia di storie silenti. I suoi progetti iniziano come risposta a bisogni locali e procedono attraverso un processo di dialogo tra materiali, realtà ambientali e circostanze sociali. La sua ricerca è caratterizzata da una forte critica sociale e politica che rivela l’impegno morale ed etico che l’artista dimostra verso il mondo in cui vive. Parlando dei media da lei prescelti, i suoi lavori sono radicalmente multidisciplinari, concettuali e formalisti. Ben consapevole dei binomi presenti nel mondo occidentale quali: natura e cultura, arte e politica, l’artista rifiuta deliberatamente di riconoscerli nella sua arte. Maria Thereza Alves sceglie invece di creare spazi di rappresentanza e visibilità per le culture oppresse attraverso pratiche relazionali e di collaborazione. Alves crede fermamente che l’arte sia dove c’è la possibilità di contraddire la tendenza comune concedendo alle categorie della conoscenza di prevenire che essa stessa si sviluppi. L’artista ha recentemente esposto a documenta (15) a Kassel, al Savvy Contemporary di Berlino, al PAV e al Castello di Rivoli a Torino e al MACBA di Barcellona. Nel 2017 è stata insignita del premio Vera List, conferito agli artisti che si impegnano nella divulgazione di importanti tematiche sociali. 

 La dichiarazione di Katherine Weir sulla mostra “An Accounting”

A Napoli nel 2022 al Museo Madre – Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina in occasione della mostra “Rethinking Nature”, a cura di Katherine Weir,  Alves ha partecipato con la sua installazione “Decolonizing Botany / Jevy Jejapo-pyra Temití-tyre” (2020), per mostrare la resilienza di ecologie diverse e dei popoli locali nonostante i 500 anni di dominazione coloniale.

In occasione della mostra “An Accounting”, Katherine Weir, direttore artistico del Museo Madre, fornisce al visitatore un’attenta analisi di lettura della mostra, dichiarando: 

La mostra “An Accounting” fa parte di un progetto di ricerca di Maria Theresa Alves iniziato più di un decennio fa e che riunisce diverse geografie in cui l’artista ha lavorato, in particolare Napoli e la città messicana di Xico, insieme alle storie silenziate che le collegano. Nel 2012 a dOCUMENTA (13), Maria Thereza Alves ha presentato “The Return of a Lake”, un lavoro iniziato nel 2009 che raccontava la storia di Xico e dei suoi abitanti negli ultimi 500 anni da quando Hernán Cortés invase e prese il controllo dell’area che oggi è il Messico. Nello stesso periodo, dieci anni fa, l’artista ha iniziato a visitare Napoli con maggiore regolarità e un giorno è rimasta colpita dal nome di Cortés su una delle istituzioni simboliche della città, la Villa Pignatelli Cortés. Da quel momento, ha iniziato a rivelare i destini intrecciati di quei luoghi e persone apparentemente distanti tra loro, ma che sono in realtà inestricabilmente legati dalla violenta estrazione di risorse e manodopera da parte dell’imperialismo europeo.  Ha esaminato i conti della famiglia Pignatelli Cortés e altre carte dell’Archivio di Stato di Napoli, trovando i libri contabili di vasti possedimenti ereditati da Cortés dopo un matrimonio tra le famiglie, e che riportavano dettagliatamente onoranze in oro e altre ricchezze, lavoratori indigeni e schiavi dell’Africa occidentale, bestiame e prodotti agricoli, anche relativi all’area di Xico.

La ricerca di Maria Thereza Alves è stata pubblicata per la prima volta dalla No Man’s Land Foundation nel 2020 nel libro d’artista “Thieves and Murderers in Naples: A Brief History on Families, Colonization, Immense Wealth, Land Theft, Art and the Valle de Xico Community Museum in Mexico”. La storia della famiglia Pignatelli Cortés viene esaminata insieme a quella della comunità di Xico e vengono messe in dialogo una serie di iconografie, dall’architettura agli oggetti, dai simboli emblematici ai documenti. Il corpus di opere presentato in “An Accounting” emerge da questa giustapposizione e attraversa cinque secoli per rivolgersi agli effetti ancora in corso che sconvolgono ecologie e vite, mentre l’Europa afferma il suo controllo imperiale su territori e popolazioni. Attraverso opere che spaziano  tra fotografia e video, acquerello, scultura e design, Alves crea costellazioni di elementi che parlano di come queste storie continuino nel presente.

Attraverso il tempo e lo spazio, le forme ibride e le storie presentate fondono elementi organici e inorganici, umani e non umani. In questi momenti di pausa e di divenire, Alves si chiede come sia possibile intervenire e creare modi di agire per trasformare le circostanze attuali. Per iniziare a creare luoghi di riparazione, l’artista propone di pensare collettivamente questi frammenti di storie divise attraverso soluzioni concrete: 

“La Villa Pignatelli vale circa 12 milioni di euro. Invece di chiedere allo Stato italiano di venderla e di utilizzare il ricavato come atto simbolico di riparazione coloniale, propongo di invitare ogni anno due membri del Museo della Comunità della Valle de Xico per una borsa di ricerca e una residenza d’artista di sei settimane” (dal libro Thieves and Murderers in Naples: A Brief History on Families, Colonization, Immense Wealth, Land Theft, Art and the Valle de Xico Community Museum in Mexico, The No Man’s Land Foundation/di Paolo Edizioni, 2020)

Le opere di Maria Thereza Alves dischiudono questioni sull’essere situati e di come diventare membri di reti più ampie e di responsabilità e di riconciliazione. Opponendosi alla continua appropriazione della terra, della cultura e dei mezzi di sussistenza delle comunità indigene, l’artista offre la possibilità di collaborare per immaginare un futuro sostenibile per tutti”.

La nostra personale interpretazione delle opere esposte

In  ciascuna opera pare (ma questa è una nostra interpretazione, da liberi fruitori) che l’artista, in particolare nelle sculture,  perpetuasse il tragico racconto di quel dramma colonialistico e rivolgendosi allo spettatore dicesse: “Ecco, vedi, è palese, qui, i dominatori che vivono nel lusso con le loro porcellane e i loro arredi dorati e là i dominati che soffrono la fame e che sgobbano”. 

 

Noi di Eroica Fenice, vi consigliamo vivamente di andare a vedere questa mostra di questa grande artista che con  le sue opere sente la necessità di rivelarci delle verità scomode sul nostro passato coloniale e sul nostro attuale sistema capitalistico, esortandoci a cooperare per la creazione di comunità più inclusive e sostenibili. Siamo sicuri che non vi lascerà indifferenti.

La mostra sarà visitabile fino al 4 marzo 2023.

Fonte immagini: Ufficio Stampa – Galleria Artiaco

A proposito di Martina Coppola

Appassionata fin da piccola di arte e cultura; le ritiene tuttora essenziali per la sua formazione personale e professionale, oltre che l'unica strada percorribile per salvare la società dall'individualismo e dall'omologazione.

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