Metti, una sera a cena con Peppino, il ritratto di un genio della cultura e dello spettacolo nel film-documentario, diretto da Antonio Castaldo sullo scrittore e regista napoletano Peppino Patroni Griffi, scomparso nel 2005.
Hanno introdotto la proiezione: il direttore dello Stabile, Luca De Fusco e Mariano D’amora, membro del comitato artistico del Teatro San Ferdinando.
Patroni Griffi e il suo rapporto mai facile con Eduardo, che aveva letto in lui una mutazione nella drammaturgia napoletana. Un Eduardo che, nell’ultimo periodo artistico, andava pian piano eliminando il napoletano e Patroni Griffi che, invece, lo rilanciava.
Artista versatile, in grado di passare dalla regia teatrale a quella cinematografica, al ruolo di drammaturgo, scrittore e sceneggiatore, Giuseppe Patroni Griffi è stata una delle voci più innovative e di maggior peso della scena e della Letteratura del secondo Novecento italiano.
Il passaggio da una napoletanità popolare ad una borghese, dal femminiello al travestito. Un provocatore, con il costante fiato sul collo della censura di una società più conformista che illuminata. Le sue immancabili cene: un convivio che partiva dalla tavola e si protraeva fino a tarda mattinata dove, insieme ai suoi attori, modificava l’interpretazione delle sue opere; in quel linguaggio del corpo del quale fu promotore e che tanto gli stava a cuore.
Patroni Griffi, la risposta borghese alla Napoli milionaria di Eduardo
Il film, diretto da Antonio Castaldo, prodotto da 8 Production e distribuito da Istituto Luce Cinecittà, traccia il ritratto umano e intellettuale di questo grande protagonista e interprete della cultura del secondo Novecento, avvalendosi delle testimonianze e dei contributi, tra i tanti, di amici come l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e lo scrittore Raffaele La Capria; di collaboratori come Vittorio Storaro e Gabriella Pescucci, di attori come Massimo Ranieri e Kaspar Capparoni.
Un documentario in cui colpisce il connubio tra musica confortevole e la potenza d’immagine della Napoli del dopoguerra, l’alternanza tra commozione e adorazione affascinata dei personaggi intervistati. Un mirabile confronto dei giovani d’oggi con il passato.
Il film nasce con l’obiettivo non solo di conservarne la memoria, ma anche di provare a scoprire dei tratti della sua personalità: «Ho voluto esplorare la vicenda umana di Patroni Griffi attraverso la sua ampia e poliedrica produzione artistica, di cui sfortunatamente si sta perdendo la memoria, ma che offre importanti riflessioni su temi universali quali l’amore e l’amicizia», spiega l’autore che condivide con l’artista le radici napoletane, la lingua e un particolare paesaggio umano.
Patroni Griffi: Napoli è un posto all’inferno, ma è il mio posto.