Amnesty e il rapporto 2023-2024: una fase critica per i diritti umani

Amnesty e il rapporto 2023-2024: una fase critica per i diritti umani

Il rapporto 2023-2024 di Amnesty International, che presenta un’indagine sul campo in 155 stati diversi, rivela un “momento spartiacque” per i diritti umani: l’escalation dei conflitti armati ha raggiunto livelli senza precedenti, e tutto ciò nella totale mancanza di rispetto nei confronti del diritto internazionale. Amnesty allerta inoltre che lo sviluppo rapido e incontrollato dell’intelligenza artificiale potrebbe portare a un definitivo collasso del primato del diritto. Tuttavia, nulla è perduto: ciò ha dato vita a una mobilitazione globale, e più uno stato opprime il suo popolo, più quest’ultimo si fa agguerrito. 

1. Escalation dei confltiti

L’analisi di Amnesty presenta un vero e proprio tradimento, da parte delle istituzioni, verso la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: l’ordine mondiale rischia di essere compromesso a causa dell’aggravarsi dei conflitti. Gli orrendi e incessanti attacchi aerei da parte dell’esercito israeliano nelle aree civili di Gaza hanno spazzato via case con intere famiglie, forzato il trasferimento di quasi due milioni di palestinesi e bloccato le comunicazioni: il rapporto critica altresì l’eccessivo uso del diritto di veto da parte degli Stati Uniti per paralizzare il Consiglio di sicurezza dell’ONU su una risoluzione per il cessate il fuoco, oltre che il ridicolo e grottesco doppio standard adottato dai paesi occidentali nel sanzionare la Russia e protestare contro Hamas, continuando al contempo a sostenere militarmente e diplomaticamente Israele. Per quanto concerne l’invasione russa in Ucraina, continuano i crimini di guerra perpetrati dall’esercito russo su aree civili ad alta densità abitativa e i danni infrastrutturali e ambientali che ne conseguono, alimentando ancora di più la sofferenza degli ucraini. L’esercito di Myanmar e le milizie alleate hanno condotto attacchi indiscriminati contro i civili che hanno causato 1000 morti solo nel 2023, mentre il bilancio dei morti, nello stesso anno, nella guerra civile in corso in Sudan ammonta a 12.000. 

2. Il ruolo dell’intelligenza artificiale per Amnesty

Secondo il rapporto di Amnesty International, la tecnologia e l’intelligenza artificiale sono sempre più usate per generare disinformazione e alimentare l’intolleranza verso categorie discriminate. L’attivista ed esperta di diritti umani Agnès Callamard ha dichiarato: le piattaforme social amplificano e diffondono odio, discriminazione e disinformazione grazie ad algoritmi ottimizzati per massimizzare l’ingaggio prima di ogni altra cosa; tale è il contesto in cui si svolgeranno le elezioni presidenziali degli USA a novembre.
Preoccupa l’uso sempre più ricorrente del riconoscimento facciale per controllare le proteste di piazza da parte di diversi stati del mondo, ma soprattutto da Israele in Cisgiordania, per portare ulteriormente avanti le limitazioni sulla libertà di movimento dei palestinesi e l’insediamento dei coloni israeliani nei territori occupati. Strumenti elettronici e sistemi biometrici automatizzati sono stati adoperati nelle frontiere per disumanizzarne ancora di più il controllo e la gestione dei flussi migratori. In Serbia, inoltre, l’introduzione di un sistema semiautomatico di previdenza sociale ha tolto l’assistenza a migliaia di persone, soprattutto appartenenti alla comunità rom e con disabilità, che ne avevano urgente bisogno: ciò dimostra che un’automazione priva di controlli non fa che esacerbare le disuguaglianze. 

3. Repressione e solidarietà globale: non tutto è perduto

Amnesty, nell’ultimo periodo, osserva e mette in evidenza come in Italia siano aumentate le segnalazioni di tortura e maltrattamenti da parte di agenti carcerari e di polizia, effettuati nella repressione di diverse manifestazioni studentesche, com’è stato per i casi di Pisa e Napoli, di fronte alla sede della RAI; attivisti per la giustizia climatica sono inoltre incorsi in restrizioni sproporzionate al diritto di aggregazione pacifica; per di più, l’accesso all’aborto è stato ancora più ostacolato dall’approvazione, da parte del Senato, della presenza di comitati pro-vita nei consultori. Parallelamente, in un momento critico per i diritti umani, si sta assistendo a una mobilitazione globale senza precedenti. Il genocidio in atto a Gaza ha generato proteste in ogni parte del mondo per il cessate il fuoco, e in USA, Polonia e in El Salvador le persone sono scese in strada per rivendicare il diritto all’aborto, sempre più affossato. Anche Fridays for Future si è mobilitato per chiedere una quanto più rapida uscita dal fossile, e grazie a ciò, sebbene in misura minore di quanto sarebbe stato necessario, la Cop28 ha accettato l’avvio della transizione: si è trattato della prima volta in cui i combustibili fossili sono stati menzionati in una decisione della Cop.

Per far fronte a questo momento a dir poco critico per i diritti umani, evidenzia nelle sue piattaforme Amnesty Internazional, occorre rinnovare le istituzioni internazionali create per tutelarli: è fondamentale che si impongano limiti nel diritto di veto tra i membri permanenti del Consiglio di sicurezza. È altresì importante che si regolamenti lo sviluppo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale in chiave anti-discriminatoria in modo da impedire i danni da loro causati.

Fonte immagine: Wikimedia Commons (Silanoc)

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