Ilaria Salis, a un anno dall’arresto l’Italia si mobilita

Ilaria Salis

Ilaria Salis è stata arrestata in Ungheria l’11 febbraio 2023. L’accusa? Aver aggredito due estremisti di destra in occasione del “Giorno dell’onore”, un raduno non autorizzato ma tollerato dal governo Orbán, che si tiene ogni anno a Budapest come commemorazione dei caduti di SS e Wermacht nel 1945. In quei giorni, formazioni neonaziste raggiungono l’Ungheria da tutta Europa per ricordare la resistenza di gruppi hitleriani all’avanzata dell’armata rossa nel corso della seconda guerra mondiale; Salis, invece, partecipava, come antifascista, a una contromanifestazione.

Il 29 gennaio è la data fissata per l’inizio del processo a suo carico, in cui dovrà dimostrare di non aver provocato “lesioni potenzialmente mortali” ai due neonazisti, che tuttavia non hanno sporto denuncia e hanno ricevuto una prognosi di cinque e otto giorni.  “Hanno promesso di vendicarsi in strada racconta il padre di Ilaria Salis, trentanovenne, maestra elementare – modalità secondo cui dicono essere soliti regolare le proprie questioni. Intanto, hanno pubblicato sul web il mio indirizzo di casa”. Roberto Salis presenzierà alla prima udienza, di tipo tecnico, insieme alla stampa e a esponenti del corpo diplomatico italiano.

Al momento, Ilaria Salis rischia otto anni di carcere per lesioni personali e otto per una presunta appartenenza a un’associazione criminale, poiché è accusata di sostenere l’organizzazione antifascista internazionale, il gruppo tedesco Hammerbande. Quando è stata prelevata, si trovava in un taxi con dei ragazzi tra cui una persona già coinvolta in un altro processo. Questo ha portato il rischio di pena a un un totale di ventiquattro anni di prigione, pur non essendo stata colta in flagrante ed essendosi dichiarata innocente. Agli atti c’è semplicemente un video, in cui tutti i presenti sono a volto coperto, e non ci sono testimoni dell’accaduto. In Italia, per una situazione simile, non sarebbe nemmeno indagata.

La detenzione nelle carceri ungheresi è, a di poco, degradante, come riferiscono i familiari e le Ong che seguono la sua vicenda. In due lettere ai legali italiani, Ilaria Salis ha raccontato di essere detenuta in spazi angusti, senza areazione e insieme ad altre sette persone, non tutte donne. Quando è stata arrestata è stata messa in una cella in isolamento; il primo mese non le è stato concesso di cambiarsi e non le sono stati forniti assorbenti igienici. Per i primi tre mesi è stata tormentata da punture di cimici da letto che le procuravano reazioni allergiche, ma non ha ricevuto antistaminici né creme. Solo dopo 35 giorni le è stato consegnato un pacco con generi di prima necessità da parte dell’Ambasciata italiana. Il primo colloquio con la famiglia è avvenuto sette mesi dopo l’arresto ed è stata sottoposta a interrogatorio in mancanza di un avvocato e di un interprete. Può ricevere due libri al mese e non può frequentare corsi di lingua. Avrebbe anche assistito a violenti episodi in cui alcuni detenuti sarebbero stati tenuti al guinzaglio dagli agenti.

Ilaria Salis, il governo italiano muove i primi passi per riportarla in Italia

Più volte Roberto Salis, nell’ultimo anno, ha lamentato la latitanza del centrodestra, tanto da essersi trovato costretto a rivolgersi, con una lettera, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La sottosegretaria Pucciarelli aveva semplicemente dichiarato che il canale di comunicazione con il governo ungherese era aperto. Mentre il senatore Sandro Sisler aveva confermato che la Presidente del Consiglio era stata informata del caso. Oggi, finalmente, qualcosa si muove. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha chiesto al suo collega ungherese, Peter Szijjarto, di valutare misure alternative alla detenzione per Ilaria Salis. A margine del Consiglio Affari Esteri dell’UE a Bruxelles, ha dichiarato: “oltre a quello che sta facendo la nostra ambasciata a Budapest, ho chiesto un impegno attento da parte del governo ungherese sulla situazione della nostra connazionale per garantirle tutti i diritti che hanno i detenuti”.

Il 23 gennaio, Roberto Salis è stato convocato a Roma per incontrare il ministro della Giustizia Carlo Nordio, in quello che è stato il primo contatto ufficiale tra l’esecutivo e la famiglia. Il giorno dopo, Ilaria Salis, dopo 11 mesi di detenzione, ha ricevuto la visita dell’ambasciatore italiano in Ungheria ed è stata coinvolta in alcuni laboratori che la tengono impegnata in carcere. L‘obiettivo resta, tuttavia, trovare una soluzione per i domiciliari in Italia senza aspettare le scadenze processuali ungheresi.

Nel frattempo, sono nati due comitati a sostegno del rimpatrio di Ilaria Salis. Uno di questi – che ha lanciato una petizione online da più di cinquantamila firme – è gestito dai suoi ex compagni di scuola. A sostegno anche Ilaria Cucchi, Pippo Civati, il giornalista Michele Serra e il fumettista Zerocalcare, autore di un intenso fumetto di ventisei pagine uscito su Internazionale, che Roberto Salis ha commentato così: “Ilaria per me è un’idealista descritta perfettamente dall’ultima pagina del racconto. Mia figlia è una che non ha paura di buttarsi nel pozzo per un ideale. Io preferirei non lo facesse, ma la ammiro perché lo fa”.

Fonte immagine: Pixabay

A proposito di Maria Laura Amendola

Nata a Potenza il 28 giugno 1993, madre australiana e papà Irpino. Impegnata, per diversi anni, in organizzazioni a carattere sociale e culturale, ho prediletto come ambito il femminismo e le battaglie contro le disuguaglianze di genere. Nel 2021, è nata la mia prima opera letteraria, "Una donna fragile", Guida Editori.

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