La scuola italiana sta per compiere un ulteriore passo verso il vuoto che incombe. È di qualche giorno fa la notizia secondo cui la casa di produzione Magnolia, responsabile della messa in onda di programmi altamente culturali come l’Isola dei Famosi, è alla ricerca di insegnanti delle più disparate discipline, dall’inglese all’economia domestica, dal latino al canto. Una volta superati i provini, i “fortunati” insegnanti scelti per partecipare al programma dovranno dimostrare, non si è ancora capito in che modo, che la scuola italiana è da sempre basata su principi quali disciplina e metodo. La domanda a cui il format vuole rispondere è: può la scuola attuale competere con quella del passato?
Il reality, infatti, si chiamerà Il Collegio, sarà ambientato nei dintorni di Bergamo e metterà a confronto i metodi di insegnamento rigidi del passato, in uso nelle scuole degli anni ’50 e ’60, con quelli moderni. Per fare questo, il format prevede che un gruppo di adolescenti tra i 14 e i 17 anni debba frequentare per quattro settimane un istituto dove sarà chiamato a sottostare alle ferree regole degli insegnanti e al controllo di supervisori integerrimi. I ragazzi, insomma, proveranno sulla loro pelle i metodi severi di un tempo, quando i docenti erano freddi e distanti e non c’era nessun aiuto tecnologico.
Un reality può decidere quale sia l’educazione migliore?
Chissà quante volte, parlando con persone che hanno terminato gli studi 20 anni prima di noi, abbiamo sentito tessere le lodi dell’educazione di un tempo. Quante volte il nostro maturo interlocutore ha iniziato il suo discorso dicendo: “Ai miei tempi era tutta un’altra storia! Quella, sì, che era scuola! Lì si studiava davvero, mica come adesso!”. E, devo ammetterlo, io stessa qualche volta lo dico ai miei giovani alunni, nonostante abbia terminato il liceo appena dieci anni fa. D’altra parte, vuoi per sentimentalismo nostalgico, vuoi perché in effetti il nostro ieri era migliore rispetto al nostro oggi, tutti tendiamo ad idealizzare ogni aspetto del passato, arrivando alla conclusione che “prima era meglio”. Avendo avuto a che fare con adolescenti che frequentano diverse tipologie di istituto, ho potuto constatare come gli insegnanti di oggi tendano a “premiare” con maggior facilità i propri studenti rispetto al passato. Vedo docenti più o meno giovani dare dieci in pagella come se nulla fosse, mentre la mia insegnante di latino e greco del ginnasio pretendeva tutto il programma alla perfezione per poter aspirare massimo al sette. Certo, per tutta l’adolescenza ho odiato quella donna, eppure è per lei che oggi sono a mia volta insegnante; soprattutto, grazie a lei conosco la differenza tra congiuntivo e condizionale: non posso dire altrettanto per le generazioni successive alla mia, formate da smartphone-dipendenti che entrano alla Feltrinelli solo perché c’è un Pokémon da catturare. Ora, trasformare la scuola, che già versa in una situazione non troppo florida, in un reality, può essere la soluzione?
Panem et circensem reality
Quando nell’antica Roma c’era qualche problema di ordine socio-politico o economico che potesse scatenare una rivolta popolare, l’Imperatore organizzava giochi gladiatorii che distraessero le masse dal reale problema. Oggi accade su per giù la stessa cosa, solo che non ci rechiamo in teatro per assistere ad una lotta all’ultimo sangue. No, oggi ci mettiamo comodi sul divano, accendiamo la tv e guardiamo reality. L’ Italia oggi è il paese dei reality show, il regno di Maria de Filippi, dei tronisti, delle aspiranti soubrette che non sanno fare nulla e sperano di diventare qualcuno partecipando al GF. Il reality viene troppo spesso utilizzato per istupidire l’homus italicus che, alla fine, non si preoccupa minimamente di ciò che accade davvero nel mondo. Mentre guardiamo un qualsiasi reality possiamo preoccuparci al massimo della liaison amorosa di quello o di quell’altro partecipante. Quando va bene, possiamo alternare l’istinto “gossipparo” con la reale preoccupazione legata alla carenza di cibo di un gruppo di vip che si abbronzano e oziano sulle spiagge dell’Honduras. Cosa c’entra questo con Il Collegio? Tanto, se si pensa alla drammatica situazione in cui versa la scuola italiana. Tra concorsi-fuffa, lotte intestine tra abilitati e non, autonomia scolastica, chiamata diretta e altre belle trovate, c’è davvero poco da stare allegri. Eppure, piuttosto che cercare soluzioni valide ai tanti problemi legati al mondo dell’istruzione, lo Stato preferisce proporre una insulsa gara tra docenti dalla quale sicuramente la scuola uscirà sconfitta. Qualcuno dirà che è un modo per avvicinare al mondo della scuola i non addetti ai lavori, ma resto del parere che un reality non è la soluzione al problema. Ma l’ Italia non solo non vuole soluzioni, non vuole nemmeno vedere i problemi. La scuola ha qualcosa che non va? Facciamo un bel reality in cui gli insegnanti obbligano gli studenti a recitare le cinque declinazioni latine stando su una gamba sola e il quadro sembrerà più roseo mentre la barca-scuola colerà a picco.