Donne indiane nell’antichità: tra sacro e profano

Donne indiane nell'antichità: tra sacro e profano

La condizione delle donne nell’antica India è stata complessa e non monolitica, caratterizzata da una progressiva disuguaglianza di genere e sottomissione al potere maschile, sancita nel tempo da leggi, tradizioni e credenze religiose. È fondamentale distinguere tra le diverse epoche storiche per comprendere appieno le difficoltà affrontate e le possibili eccezioni a una regola di subordinazione.

Il ruolo della donna: un’evoluzione storica

La società indiana antica era prevalentemente patriarcale, ma lo status delle donne subì un significativo deterioramento nel corso dei secoli. Nel primo periodo Vedico (circa 1500-1000 a.C.), le donne godevano di una posizione più rispettata. Avevano accesso all’istruzione, potevano partecipare a dibattiti filosofici e alcune di loro, come le sagge Gargi e Maitreyi, sono ricordate per la loro erudizione. Sebbene il matrimonio fosse un’istituzione centrale, le donne avevano voce in capitolo nella scelta del consorte e potevano possedere una forma di proprietà personale nota come Stridhana (principalmente doni ricevuti).

Con il passaggio al tardo periodo Vedico e ai periodi successivi, il loro ruolo divenne sempre più subordinato, limitato alla sfera domestica e alla procreazione. Questa involuzione fu codificata in testi giuridici e religiosi successivi.

Aspetto della vita Periodo Vedico (ca. 1500-1000 a.C.) Periodo Post-Vedico (leggi di Manu)
Educazione Accessibile, con esempi di donne erudite e sagge. Generalmente negata e considerata non necessaria.
Matrimonio Le donne avevano una certa libertà di scelta e si sposavano in età adulta. Spesso combinato in età infantile, considerato un dovere.
Proprietà Diritto al possesso dello Stridhana (beni personali). Controllo sulla proprietà quasi nullo, dipendenza economica totale.
Partecipazione religiosa Partecipazione attiva ai riti e ai sacrifici insieme al marito. Esclusione dalla lettura dei testi sacri e dai riti principali.

Il Codice di Manu e il consolidamento del patriarcato

Uno dei testi che meglio rappresenta la concezione restrittiva della donna nell’antica India è il Codice di Manu (o Manava-Dharmashastra). Si tratta di un antico testo giuridico e religioso indiano, risalente a un periodo compreso tra il II secolo a.C. e il III secolo d.C., come documentato da fonti accademiche come l’Enciclopedia Britannica. Il Codice di Manu prescriveva che la donna dovesse essere costantemente sotto la tutela di una figura maschile: sottomessa al padre durante l’infanzia, al marito durante la giovinezza e ai figli maschi in età avanzata. Secondo queste leggi, la donna non aveva autonomia decisionale e la sua capacità di possedere beni era fortemente limitata.

Matrimonio, famiglia e dote

Il matrimonio era considerato un dovere sacro per le donne, spesso combinato dalle famiglie. La dote, ovvero l’insieme dei beni che la famiglia della sposa forniva allo sposo, assunse un ruolo sempre più determinante. In alcuni periodi storici, come durante le invasioni a partire dall’VIII secolo d.C., l’età del matrimonio si abbassò notevolmente, e i matrimoni infantili divennero più frequenti come forma di “protezione” sociale.

Pratiche e tradizioni legate alla condizione femminile

Sati: il sacrificio della vedova

Una delle pratiche più controverse era il Sati, il rituale in cui la vedova si immolava sulla pira funeraria del marito. Questo gesto, sebbene non sempre obbligatorio, era fortemente incoraggiato dalla società come atto supremo di devozione e fedeltà.

Jauhar: l’immolazione collettiva

Il Jauhar, diffuso tra le caste guerriere (Kshatriya), prevedeva l’immolazione collettiva delle donne per evitare di cadere nelle mani del nemico in caso di sconfitta, preservando così l’onore della comunità da violenze e umiliazioni.

Purdah: la segregazione femminile

Il Purdah era l’usanza che imponeva la segregazione delle donne, confinate in casa o costrette a indossare un velo integrale in pubblico. Diffusa tra le caste superiori, questa pratica limitava la loro libertà e partecipazione alla vita sociale.

Devadasi: le “serve di Dio”

Le Devadasi erano donne consacrate a una divinità e dedicate al servizio di un tempio attraverso danza, canto e musica. In alcuni contesti, questa figura fu associata anche a pratiche di prostituzione sacra.

Donne e religione: tra esclusione e partecipazione

In generale, nei periodi più tardi, alle donne fu preclusa la possibilità di leggere i testi sacri o di partecipare direttamente ai principali riti religiosi, un’ulteriore regressione rispetto alla maggiore inclusività dell’epoca Vedica.

La condizione femminile nell’India odierna: tra persistenze e cambiamenti

Sebbene pratiche come il Sati siano state ufficialmente abolite, la condizione femminile in India è ancora oggi un campo di forti tensioni. La Costituzione dell’India garantisce formalmente l’uguaglianza e vieta la discriminazione basata sul genere. Nonostante i progressi legislativi e sociali, persistono profonde disuguaglianze. Molte donne, soprattutto nelle aree rurali, continuano a subire violenze, matrimoni forzati ed emarginazione. La lotta per il pieno riconoscimento dei diritti femminili rimane una sfida aperta, in bilico tra il peso di antiche tradizioni e la spinta verso la modernità.

Fonte immagine: Pixabay


Articolo aggiornato il: 15/09/2025

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