I confini dell’impero romano: consolidamento e rivolte nel I e II secolo d.C.
La politica di consolidamento dei confini dell’impero romano: l’eredità di Augusto
Gli imperatori del I secolo d.C. non intrapresero grandi campagne di espansione, limitandosi piuttosto al consolidamento dei confini dell’impero romano. Questa linea politica fu una diretta eredità di Augusto che, dopo la disastrosa sconfitta nella foresta di Teutoburgo (9 d.C.), aveva lasciato un memoriale in cui invitava i suoi successori a non ampliare ulteriormente i domini di Roma. Questo consiglio venne perlopiù rispettato. Fatta eccezione per la sottomissione della Britannia da parte di Claudio e alcune operazioni mirate, il primo secolo dell’impero fu caratterizzato da una strategia difensiva, volta a rendere sicure le vastissime frontiere già esistenti.
Il fronte settentrionale: il limes del Reno e del Danubio
Nello scacchiere settentrionale, il confine rimase saldamente attestato lungo la linea Reno-Danubio. Dopo il fallimento delle campagne in Germania, non vi fu alcun vero tentativo di riprendere l’espansione. La Germania restava un’area ostile, coperta di boschi e paludi, poco adatta agli scontri in campo aperto in cui i legionari romani eccellevano. La popolazione germanica, sebbene frammentata, sapeva coalizzarsi per respingere l’invasore. L’iniziativa romana si limitò quindi al pattugliamento e alla fortificazione del Limes, un complesso sistema di forti, torri di guardia e strade. Lungo il Reno vennero dislocate ben otto legioni. Con l’imperatore Domiziano si verificò una ripresa dell’espansione, ma con il fine di rafforzare un punto debole: il territorio tra l’alto corso del Reno e del Danubio (gli Agri Decumates). Tra l’83 e l’85 d.C., quest’area fu conquistata e integrata nel sistema difensivo, creando la provincia della Germania Superiore.
L’eccezione alla regola: la conquista della Britannia
Se la Germania fu esclusa dall’espansionismo, lo stesso non si può dire della Britannia. Il primo a sbarcarvi era stato Giulio Cesare, ma le sue furono incursioni temporanee. Fu l’imperatore Claudio a intraprendere la conquista vera e propria nel 43 d.C. Per Claudio, imperatore insediatosi da poco e privo di prestigio militare, la conquista di un’isola leggendaria era un’occasione irripetibile per legittimare il proprio potere. Egli riuscì a ottenere l’effettiva sottomissione dell’area centro-meridionale. Nei decenni successivi, il dominio romano rimase incerto, tanto che nel 60-61 d.C. un’imponente rivolta guidata dalla regina Budicca mise in forse la presenza romana. La ribellione fu così violenta che Nerone pensò di abbandonare l’isola. Anche sotto Domiziano, le forze romane furono costantemente impegnate a consolidare i confini contro le bellicose popolazioni dell’attuale Scozia.
Le grandi rivolte contro Roma: le guerre giudaiche
I confini non erano le uniche zone calde. Particolarmente violente furono le guerre giudaiche. In Giudea, il sentimento antiromano, alimentato da ragioni religiose e da un malgoverno dei funzionari imperiali, esplodeva periodicamente in rivolte durissime, represse con altrettanta ferocia.
La prima guerra giudaica e la distruzione del Tempio
La più vasta di queste rivolte scoppiò a Gerusalemme nel 66 d.C. Gli Zeloti, nazionalisti giudaici, sopraffecero la guarnigione romana. Nerone inviò in Giudea un esercito di 60.000 uomini, comandati dal generale Vespasiano. Mentre la guerra infuriava, a Roma si scatenò il caos dopo la morte di Nerone (l’Anno dei quattro imperatori). Furono le sue stesse legioni a proclamare Vespasiano imperatore. La guerra in Giudea fu portata a termine da suo figlio Tito. Nel 70 d.C. Gerusalemme fu espugnata e il Tempio di Salomone, cuore del culto ebraico, fu distrutto. Gli ultimi ribelli si asserragliarono nella fortezza di Masada, dove si suicidarono in massa pur di non cadere prigionieri. Gli arredi preziosi del Tempio furono portati a Roma, un evento immortalato sull’Arco di Tito. Da allora il Tempio non è mai stato ricostruito, e il Muro del Pianto ne è l’ultima vestigia.
La rivolta di Bar Kokhba e la diaspora ebraica
Un’altra grande rivolta, nota come rivolta di Bar Kokhba, scoppiò oltre mezzo secolo dopo, tra il 132 e il 135 d.C., durante il regno di Adriano. A scatenarla furono due decisioni romane percepite come inaccettabili: il divieto di praticare la circoncisione e la scelta di ricostruire Gerusalemme come colonia romana, con il nome di Aelia Capitolina, dedicandola a Giove. La repressione fu ancora una volta atroce. Adriano, per cancellare ogni legame degli Ebrei con quella terra, cambiò il nome della provincia in Siria Palestina, rifacendosi agli antichi Filistei. Questo evento segnò l’inizio della grande diaspora, la dispersione del popolo ebraico in tutto il mondo.
L’eredità della politica imperiale: da Augusto ad Adriano
In conclusione, la politica estera dei primi due secoli dell’impero fu una complessa gestione dell’enorme eredità di conquiste della Repubblica. Gli imperatori, con poche eccezioni, si concentrarono sulla difesa e l’organizzazione dei confini dell’impero romano, creando un sistema, il Limes, che garantì per lungo tempo la Pax Romana all’interno. Questa stabilità, però, fu ottenuta al prezzo di un costante impegno militare sulle frontiere e di una repressione spietata delle rivolte, come dimostrano le tragiche guerre giudaiche, che cambiarono per sempre la storia del popolo ebraico e della regione.
Prof. Giovanni Pellegrino
Foto di Chait Goli: https://www.pexels.com/it-it/foto/colosseo-italia-1797161/