Di fronte al prolungarsi del conflitto a Gaza, molti si chiedono come poter agire concretamente. Quando la diplomazia appare distante, una risposta può trovarsi in un gesto quotidiano come l’acquisto. Sostenere i marchi pro Palestina e boicottare quelli ritenuti complici nelle violazioni dei diritti umani diventa un modo per inviare un messaggio di solidarietà ed esercitare una piccola ma significativa influenza.
Nota importante: questo articolo ha uno scopo informativo e si basa su dati e liste pubblicate da movimenti di attivismo come il BDS e da organi di stampa. Le posizioni delle aziende possono cambiare. Si consiglia di verificare sempre le fonti ufficiali per le informazioni più aggiornate.
Indice dei contenuti
Sintesi dei marchi da sostenere e da boicottare
Marchi da sostenere (Pro-Palestina) | Marchi da boicottare (secondo il movimento BDS) |
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Cosmetica: Huda Beauty, FARSÁLI, Kayali, Simihaze Beauty. | Tecnologia: HP, Siemens, Google, Amazon. |
Abbigliamento: PaliRoots, Nol Collective, Darzah, Kuvrd. | Sport: Puma. |
Alimentare: Gaza Cola, Zaytoun, Al’Ard Palestinian Agri-Products. | Cibo e bevande: Coca-Cola, Starbucks, McDonald’s, Burger King. |
Supermercati: In Italia, Coop (per la sua politica sugli insediamenti). | Grande distribuzione: Carrefour (per le sue partnership in Israele). |
Come riconoscere i marchi che sostengono la Palestina
Identificare le aziende con un sostegno autentico richiede attenzione. Per sapere con certezza se un marchio sostiene la Palestina, il modo più affidabile è verificare le fonti dirette: canali social, comunicati stampa e dichiarazioni dei fondatori. I criteri principali sono:
- Dichiarazioni pubbliche e azioni concrete: un brand che prende una posizione chiara, come ha fatto Huda Kattan di Huda Beauty con la donazione di un milione di dollari, mostra un impegno tangibile.
- Coerenza con le campagne BDS: un indicatore utile è consultare le liste del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni). Questa iniziativa globale, come spiegato sul sito ufficiale di BDS Italia, esercita pressione non violenta su Israele. Verificare l’assenza di un marchio dalle liste di boicottaggio è un buon punto di partenza.
Una lista di marchi pro Palestina settore per settore
Cosmetica e bellezza
Nel settore beauty, nomi come Huda Beauty e FARSÁLI si sono distinti per le loro donazioni. A questi si uniscono Kayali, Simihaze Beauty (fondato da gemelle di origine palestinese) e Topicals.
Abbigliamento e accessori
Marchi come PaliRoots e Kuvrd sono nati per celebrare la cultura palestinese. Altri, come Nol Collective e Darzah, promuovono l’artigianato locale collaborando con cooperative in Cisgiordania.
Prodotti alimentari e bevande
Aziende come Gaza Cola sono nate come alternativa etica, donando i profitti per la ricostruzione. Realtà come Zaytoun e Canaan Palestine lavorano per un mercato equo per i prodotti agricoli palestinesi.
Quali marchi boicottare secondo le campagne pro-Palestina?
Parallelamente, il movimento di boicottaggio prende di mira i marchi accusati di supportare direttamente o indirettamente le politiche israeliane. Le liste, promosse da iniziative come il BDS, si concentrano su aziende specifiche per il loro presunto coinvolgimento.
Categoria | Marchi e motivazioni del boicottaggio (secondo le campagne) |
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Fast food e bevande | McDonald’s, Starbucks, Coca-Cola, Burger King (criticati per iniziative delle filiali israeliane o per operazioni negli insediamenti). |
Tecnologia | HP, Siemens, Google, Amazon (accusati di fornire tecnologia e servizi che supportano l’infrastruttura di controllo israeliana). |
Abbigliamento sportivo | Puma (criticata per la sponsorizzazione della Federcalcio israeliana, che include squadre degli insediamenti). |
Grande distribuzione | Carrefour (criticato per accordi di franchising con aziende israeliane attive negli insediamenti). |
Il caso Coop in Italia: una posizione chiara
Un esempio di posizionamento etico in Italia è Coop. Come chiarito in una nota ufficiale, Coop da tempo non vende prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati. Questa scelta, in linea con le risoluzioni ONU, non è un boicottaggio verso Israele, ma un’azione mirata basata sul diritto internazionale.
L’impatto reale del consumo consapevole
L’azione individuale, sommata a quella collettiva, può avere conseguenze significative. Come riportato da un’analisi de Il Fatto Quotidiano, le campagne di boicottaggio hanno iniziato a produrre risultati concreti. Aziende come McDonald’s e Starbucks hanno registrato cali nelle vendite in diverse regioni, spingendole a prendere pubblicamente le distanze dalle azioni delle loro filiali locali. Questo dimostra che la pressione dei consumatori può influenzare le strategie aziendali e inviare un forte messaggio politico.
Fonte immagine: Wikipedia
Articolo aggiornato il: 22/09/2025