Alice Cerea, come un pesce appena pescato, vivere con l’epilessia

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Alice Cerea ci racconta la sua esperienza: vivere con l’epilessia

“Hai presente i pesci appena pescati? È così che mi sento ogni volta che ho un attacco epilettico. Quando devo spiegare il mio tipo di epilessia uso sempre questa frase, perché mi pare sia quella più calzante. La butto sempre sul ridere, perché un pesce appena pescato è frastornato, si dimena di continuo, e credo non sappia nemmeno più chi è, almeno questo è quello che succede a me, ogni qual volta mi riprendo dalla crisi non ricordo neppure il mio nome”.

Ecco l’epilessia nelle parole di una persona che la affronta ogni giorno. La storia di Alice Cerea accomuna molte persone, qualcuno conosce già il nome della sua patologia, qualcun altro ne è ancora all’oscuro.

Qui la storia della ragazza bergamasca, Alice Cerea, classe 1994, CEO dell’agenzia pubblicitaria Sognatori Digitali e fondatrice del magazine di bellezza Glamstyler.

Non è facile immedesimarsi, ma esemplificare una situazione di questo tipo è semplice. Immaginate di essere in piedi a svolgere le faccende di casa, siete lì ad abbracciare vostra madre, a tirare la palla al vostro cane, siete in piedi sulle vostre gambe a ballare la vostra canzone preferita, siete con le spalle contro il muro a guardare il cielo prossimo alla pioggia, e poi succede, di colpo cadete a terra, le vostre braccia, le vostre gambe, si dimenano senza una precisa destinazione o ragione, le persone che vi sono attorno non sanno cosa fare, immaginano il peggio, chiamano a gran voce i soccorsi. Tutto del vostro corpo si muove senza logica. Persino la vostra bocca fa cose strane, i vostri denti prendono a morsi qualsiasi cosa si pari dinanzi, la vostra lingua viene mordicchiata ferocemente dai denti, fino a sentire qualche lembo di pelle spezzarsi. D’un tratto, come se foste un pesce appena pescato in un retino, vi rassegnate alla vostra condizione, smettete di dimenarvi, e il vostro corpo segue la rassegnazione stantia della mente. Quando vi risvegliate la vostra mente è come pressata contro un vetro, i ricordi sono frammentati, il cervello sembra come essere forato, le informazioni sfuggono al ricordo, per le prossime 12 ore le cose più banali della vostra vita sembrano grossi punti di domanda. Quando la vostra testa e il vostro corpo sembrano tornare in asse, toccherà alla vostra lingua fare i conti con gli attimi di quella crisi. La cicatrizzazione sarà feroce, ma necessaria, il corpo sembra ristagnarsi nella sua condizione originale.

Che cos’è l’epilessia e quanti tipi esistono?

Partiamo dal principio, definendo l’epilessia come un disturbo cronico cerebrale caratterizzato da crisi epilettiche ricorrenti spontanee. L’epilessia, è spesso considerata idiopatica, ovvero senza una causa apparente, tuttavia in alcuni tipi di malattia epilettica possono esserci particolari stimoli scatenanti.

Nell’epilessia sintomatica, le crisi epilettiche sono scatenate, infatti, da una causa nota, come ictus o altre malattie. In tale caso c’è una forte insorgenza in bambini e anziani.

L’epilessia criptogenica è quella alla cui base c’è un fattore scatenante, ma ad oggi le cause sono sconosciute.

Le crisi non epilettiche, sono generate da disturbi temporanei come infezioni del sistema o disturbi metabolici, tossicità da farmaci, stati febbrili, e molto altro.

Nelle crisi psicogene, i sintomi sono spesso accomunati agli stati epilettici, ma si differenziano nel fatto che in tali manifestazioni, è assente la scarica elettrica anomala nel cervello.

Esiste inoltre, un tipo particolare di epilessia, definita come “riflessa”. In tale variante, gli stati epilettici, sono causati presumibilmente da uno stimolo esterno, come videogiochi, musica, luci lampeggianti…

Quello che accomuna i vari tipi è senz’altro la perdita di coscienza e la consapevolezza compromessa. Possono esserci crisi tonico cloniche, chiamate anche grande male. Convulsioni cloniche (sussulti ritmici), convulsioni toniche (irrigidimento dei muscoli), convulsioni miocloniche (spasmi ritmici senza irrigidimento), crisi atoniche (perdita del tono muscolare) e molte altre.

Come diagnosticare l’epilessia?

La cosa più importante, ovviamente è una valutazione clinica, per capire se l’evento verificatosi sia una crisi epilettica o esso sia riconducibile a tutt’altra cosa. Dopo una crisi generalmente, il paziente non ha memoria di ciò che è successo, per cui, per un’attenta diagnostica, occorre il racconto di eventuali testimoni. Il trattamento prevede alcuni accorgimenti: eliminazione della causa laddove sia possibile, l’assunzione di farmaci anticonvulsivanti o l’intervento chirurgico (resezione del focus epilettico).

Di seguito vi proponiamo la nostra intervista ad Alice Cerea.

La storia di Alice Cerea

La prima cosa che viene in mente quando si è dinanzi ad un qualcosa che non conosciamo, è la sua iscrizione temporale. Il quando sembra essenziale quanto opportuno, perché in una porzione di tempo esplode e si mette in scena un qualcosa che non è prevedibile né auspicabile. Quindi quando è avvenuta la prima crisi e quali sono stati i pensieri predominanti in quel frangente di tempo?

Avevo tredici anni quando mi è successo la prima volta, ero a spasso con i miei amici e non avrei mai potuto pensare che una cosa del genere potesse accadermi. In realtà non ho concretizzato, non ho nemmeno avuto il tempo di pensare. In un attimo sono caduta a terra e ho fatto conoscenza con una patologia che ancora oggi mi accompagna nel corso della mia vita. Allora come oggi, non ho un vero e proprio ricordo, semplicemente perdo conoscenza e cado a terra. Quando mi sveglio non ricordo nulla. Se qualcuno mi dicesse: “Alice, hai avuta una crisi”, non potrei giurare sul fatto che sia vero.

In presenza di patologie invalidanti sono molti i sogni che spesso fanno a zuffe con le difficili condizioni di salute. Desideri, volontà e luoghi pubblici. Tre grandi portoni in cui spesso si fa fatica a metter piede, ma che gli intrepidi valicano senza problema alcuno. Quali sono i sogni che hai portato a termine o sono sulla giusta strada? E quali invece le porte che hai trovato sbarrate, magari per ciò che concerne la scuola e i luoghi affollati.

Sono molti i sogni che ho realizzato, sono la fondatrice di un magazine sul beauty, sono l’amministratrice delega di sognatori digitali. Non ho fatto grandi rinunce, eppure ogni giorno mi pongo dei nuovi obiettivi. Il mondo scolastico non è mai stato un problema, forse perché all’epoca il mio problema era scomparso, e quindi ho potuto tenere gli amici e l’epilessia in due gruppi ben distinti. Non volevo essere considerata diversa o meno capace degli altri. Non ci sono cose che non riesco a fare nello specifico, direi tutto e niente. L’unica cosa a cui fare caso è che l’epilessia arriva senza bussare. Devo stare attenta nelle situazioni di pericolo. Potrei essere in vasca, al mare o in piscina e la crisi potrebbe arrivare proprio in quel momento: è essenziale che ci sia sempre qualcuno con me. I miei amici e la mia famiglia non vivono tutto ciò come un peso, mi sono sempre stati molto vicino, e per questo mi considero tanto fortunata.

Sono molti i tipi di epilessia, eppure ognuno, nella sua feroce categorizzazione, si insinua nelle vite di tutti. Come si chiama il tipo di cui tu sei affetta?

Il mio si chiama “Grande male”, sembra il titolo di un libro, eppure è il nome di una patologia. Molti la considerano la forma più grave. Una crisi può avere una durata che varia dai 5 ai 10 minuti, e si manifesta con una prima fase di contrazione intensa su tutto il corpo, seguono le convulsioni e solo alla fine una respirazione molto rumorosa. Almeno questo, è il racconto che mi fanno gli altri.

La vita in due sembra un toccasana dinanzi le difficoltà, in special modo quando le patologie ottenebrano l’indipendenza. Com’è la tua vita di coppia? Essere in due ha in qualche maniera alleggerito il tuo carico?

Sono stata fortunata anche in questo. Sono fidanzata con lo stesso ragazzo da quando ho 15 anni, lo scorso anno ci siamo anche sposati. Al secondo appuntamento ho messo subito le cose in chiaro, non volevo ci fossero sorprese, ricordo di avergli detto con fermezza “soffro di epilessia, voglio una storia seria, e col farmaco che assumo potrei non avere figli né ora né mai”. A 19 anni ho avuto la mia prima crisi in sua presenza, c’erano anche i miei genitori, i quali gli hanno mostrato cosa fare in quei momenti. Successivamente eravamo soli, ma lui si è sempre dimostrato all’altezza della situazione. Vivo con mio marito, la nostra è una vita di coppia normale, la cosa che differenzia la mia esistenza da quella altrui, è il fatto di non poter essere totalmente indipendente. Necessito che qualcuno sia sempre al mio fianco in caso di bisogno. I miei vicini di casa sono i miei genitori, quando mi sento “strana” o semplicemente ho bisogno di qualcuno, corro da loro. C’è solo una cosa che mi preme, spero in futuro di essere più indipendente, ho sempre amato la solitudine, eppure non mi è stata mai concessa.

Com’è l’esperienza tiktok, com’è essere in qualche maniera un simbolo e un punto di riferimento per coloro che sono affetti della stessa patologia o semplicemente prendono a cuore tali tematiche?

In realtà non mi aspettavo su un social popolato dai giovanissimi un interesse così alto. In verità ho ben compreso che siamo più di quelli che mi aspettavo, l’epilessia si è diffusa a macchia d’olio. Non mancano però semplicemente le persone che hanno voglia di imparare a stare accanto alle persone che amano, in maniera efficace, sapendo bene che aiuti dare, in che momento, e cosa gli si parerà dinanzi in quei momenti.

Qual è il messaggio che intendi lanciare agli altri?

Forza, chiedi aiuto quando ne hai bisogno, è essenziale. Trova un modo per sfogare la rabbia, esiste, c’è dentro di noi convive con la nostra vita, è normale, non vergognartene e non sopprimerla.

 

Grazie ad Alice Cerea per la sua disponibilità. 

 

Fonte immagine: Instagram.

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