Lo scorso novembre la Camera ha approvato il disegno di legge che sancisce il divieto di produzione e distribuzione in Italia della carne coltivata, chiamata erroneamente anche carne sintetica. Una decisione che ha creato un acceso dibattito tra i sostenitori, che ne sottolineano i vantaggi ambientali, e i tradizionalisti, che non mangerebbero un hamburger prodotto in laboratorio.
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Cos’è la carne coltivata e come viene prodotta
Innanzitutto, è importante sottolineare che il termine sintetico è improprio: in inglese viene chiamata cultivated meat, quindi la traduzione più appropriata è carne coltivata. L’aggettivo sintetico ha spesso un’accezione negativa, rimandando a un qualcosa di non naturale e non sicuro.
La carne coltivata è prodotta in vitro mediante tecniche di medicina rigenerativa, senza macellare animali. Il processo inizia con una biopsia per prelevare un campione di cellule staminali dal muscolo dell’animale. Queste cellule vengono inserite in bioreattori, contenitori con condizioni ottimali per la loro proliferazione. Sono necessari due elementi: il terreno di coltura, un siero con sostanze nutritive, e un supporto (scaffold) che conferisce alle cellule una struttura tridimensionale. Al termine si ottiene un macinato di carne. Per quanto riguarda il sapore, diversi test hanno dimostrato che è molto difficile distinguerla dalla carne tradizionale.
Carne Coltivata: Pro e Contro a Confronto
Trattandosi di ricerche recenti, i dati a disposizione sono pochi, quindi è difficile sapere con certezza gli effetti a lungo termine. Tuttavia, il dibattito si concentra su alcuni punti chiave.
Vantaggi (pro) | Limiti (contro) |
---|---|
Sostenibilità ambientale: Riduzione potenziale di emissioni di gas serra, consumo di suolo e acqua rispetto agli allevamenti intensivi. | Elevati costi di produzione: Manodopera specializzata, strumenti e bioreattori rendono il processo ancora molto costoso. |
Sicurezza alimentare: Potrebbe essere più sana, priva di antibiotici somministrati agli animali e con minor rischio di contaminazione batterica. | Impatto energetico: Richiede un notevole consumo di energia, che deve provenire da fonti rinnovabili per essere sostenibile. |
Benessere animale: Non richiede la macellazione di bestiame, rispondendo a importanti questioni etiche. | Scetticismo dei consumatori: Aspetti culturali, disinformazione e sfiducia verso un alimento prodotto in laboratorio possono limitarne l’accettazione. |
I vantaggi della carne coltivata
1) Sostenibilità ambientale: gli allevamenti intensivi sono responsabili del 18% delle emissioni di gas serra. La carne in vitro potrebbe rappresentare un’alternativa più sostenibile.
2) Sicurezza alimentare: la carne prodotta in laboratorio potrebbe essere più sana, perché priva di antibiotici e meno contaminata da batteri.
3) Benessere animale: non richiede la macellazione di bestiame. Sebbene in passato venisse usato il siero fetale di vitello, oggi si stanno sviluppando alternative vegetali. Non è un prodotto vegano, in quanto deriva da cellule animali, ma è cruelty-free.
I limiti della carne coltivata
1) Elevati costi di produzione: manodopera specializzata, strumenti e bioreattori rendono difficile la produzione su larga scala.
2) Impatto ambientale incerto: secondo alcuni studi di The Good Food Institute, a lungo termine potrebbe avere un impatto ambientale maggiore per l’alto consumo energetico e l’uso di plastica monouso per garantire la sterilità.
3) Questioni aperte: restano poco chiari i metodi di smaltimento delle sostanze di scarto e l’accettazione da parte dei consumatori.
Stato dell’arte: prezzo, consumo e prospettive future
Il primo hamburger di carne coltivata fu prodotto nel 2013 da Mark Post al costo di 375mila euro. Oggi i costi si sono ridotti, ma sono ancora elevati. Attualmente è possibile consumarla solo a Singapore, in Israele e negli Stati Uniti, con un prezzo tra i 400 e i 2000 dollari al kg. In UE non è ancora possibile produrla, in attesa dell’approvazione dell’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare).
La carne coltivata rappresenta una vera e propria sfida tecnologica. Prima che l’UE la legalizzi, saranno necessari studi approfonditi, e solo allora sarà possibile trovarla nei supermercati, ma si tratterà di un processo lungo e che richiederà una transizione graduale.
Articolo aggiornato il: 02/09/2025
Fonte immagine in evidenza: tilialucida tramite Canva.com