DaD: la scuola “spaziale” funziona davvero?

DaD

DaD (Didattica a Distanza): ne parla la psicologa di Eroica(mentis).

Che lo si voglia oppure no, niente divide di più le famiglie, la scuola e la politica riguardo al tema della didattica a distanza, meglio conosciuta con l’acronimo DaD. Se da un lato alcuni genitori temono l’aumento dei contagi e mostrano preoccupazioni per i propri familiari, dall’altra la scuola “spaziale” non convince in termini di efficacia e funzionalità per cui si temono importanti conseguenze sulla formazione e sul futuro dei giovani studenti.

La DaD funziona, ma la necessaria distanza formativa e soprattutto emotiva ha importanti ricadute sull’apprendimento a lungo termine. La prima e evidente distinzione da fare riguarda l’età dello studente: la presenza fisica in aula di studenti e insegnante è fondamentale soprattutto per le scuole di primo ciclo. Nella fascia d’età che va dai 6 ai 12 anni, la neuroplasticità del cervello è più elevata in particolare durante i processi di memoria e apprendimento. Anche se geneticamente possediamo grandi capacità di apprendimento ad esempio, se queste non verranno adeguatamente “allenate” e stimolate dall’ambiente e dalle relazioni, tale capacità resterebbe solo una potenzialità inespressa o può addirittura e in certi casi essere compromessa in situazioni future che implicano l’uso di tale potenzialità.

La stimolazione cognitiva, emotiva e motoria proveniente nel nostro caso da un contesto altamente formativo ed esperienziale come la scuola, è importantissima in questa fascia d’età affinché i bambini possano imparare ad adattarsi alle esigenze dell’ambiente che li circondano. Fondamentale è l’apprendimento linguistico. Immaginate il caos delle chat, i microfoni delle piattaforme audio-video scarsamente funzionanti, la connessione rallentata, l’immagine del volto insufficientemente messa a fuoco. I bambini che in modo intermittente richiamano l’attenzione della maestra senza riuscire a farsi sentire magari perché sono più timidi, hanno la voce bassa, altri che invece si lasciano distrarre dai loro giochini perché trovano noiosa la lezione fatta a distanza.

Manca l’attenzione, il pilastro dell’apprendimento.
L’insegnante ha il compito di catturarla e incanalarla, ma questo diventa davvero complesso da fare se di fronte a sé ha uno schermo anziché i bambini in presenza. L’aula è lo spazio che contiene e fermenta la vita sociale dei bambini, l’attenzione e l’apprendimento dipendono molto dai segnali sociali. Ad esempio se al bambino gli si indica qualcosa il suo sguardo sarà rivolto prima al suo interlocutore (la maestra) e solo dopo si girerà nella direzione in cui la maestra sta guardando. Diversi esperimenti hanno dimostrato che quando al bambino gli si insegna una parola nuova, se il bambino interagisce con l’adulto e può seguire il suo sguardo verso l’oggetto che corrisponde alla parola, la impara subito. Se invece la stessa parola viene ripetuta anche più volte attraverso un microfono come accade in DaD, il bambino non la memorizza.

La formazione in classe favorisce, inoltre, un altro aspetto importante dell’apprendimento, il coinvolgimento attivo.
L’attivazione e lo sviluppo del pensiero riflessivo e ipotetico aiuta il bambino a fare chiarezza sollevando dubbi e ponendo domande rispetto ad un argomento o ad un esercizio che gli può sembrare poco chiaro, attivando una serie di processi che stimolano la sua immaginazione mettendo in gioco il suo “saper fare” anche commettendo errori. Solo in questo modo, si attiveranno delle connessioni tanto forti con altre strutture cerebrali, l’ippocampo e l’amigdala, indispensabili per l’immagazzinamento delle informazioni e la formazione delle memorie a lungo termine (i ricordi).
La formazione a distanza purtroppo non favorisce questo genere di ritenzione dell’informazione compromettendo di fatto il processo dell’apprendimento in assenza di un reale ed emotivamente pregnante coinvolgimento.
Manca dunque la relazione.
L’educazione e l’istruzione passano anzitutto attraverso la socialità, il confronto, la messa in gioco degli alunni sotto ogni aspetto della loro vita.

Fondamentale poi è il riscontro dell’errore.
Abbiamo notato che è importante che l’insegnante possa correggere in maniera collaborativa e non punitiva l’errore commesso dall’alunno. Oltre ad essere funzionale in termini di apprendimento risulta avere una funzione motivante non solo dal punto di vista individuale, ma anche e soprattutto quando si organizzano gruppi di studio. Molte ricerche hanno dimostrato che quando si studia in piccoli gruppi ne beneficiano sia gli alunni meno capaci che quelli più preparati. Spiegare a chi ne sa un po’ meno un concetto appena appreso, è il modo migliore per padroneggiarlo di più. Anche questa una dimensione sociale importante per la scuola in presenza oggi ostacolata dalla DaD.

Immagine: Pixabay

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