Othello e il concetto di alterità: l’analisi del pregiudizio in Shakespeare
The Tragedy of Othello, The Moor of Venice è una delle più potenti tragedie scritte da William Shakespeare nel 1603. Nell’opera, i temi principali riflettono i valori e le motivazioni dei personaggi, tra cui l’amore, la gelosia e il pregiudizio. Un’analisi approfondita della questione razziale rivela come il concetto di alterità nell’Othello sia il vero motore della vicenda. Il dramma esplora come la percezione dell'”altro” possa essere manipolata fino a distruggere anche l’uomo più nobile.
L’alterità nella Venezia del XVI secolo: il contesto storico dell’Othello
Il concetto di “straniero” rimase fluido e mutevole tra il XIV e il XVI secolo, ma la Serenissima Repubblica di Venezia, una delle ambientazioni dell’opera insieme a Cipro, era nota per un profondo radicamento identitario. Questa norma portava ogni abitante a sentirsi parte integrante del sostrato urbano, rendendo allo stesso tempo difficile per uno straniero integrarsi pienamente. Benché vigilati, i forestieri erano tollerati, specialmente se funzionali alla società e al suo benessere economico. Venezia, colpita da forti ondate migratorie, offriva ospitalità e persino riconoscimenti a chi dimostrava abnegazione e rispetto. Di fatto, però, il forestiero continuava a essere escluso da una piena partecipazione sociale: le imposizioni esistenti non consentivano una vera mescolanza, proteggendo la presunta “purezza” veneziana.
L’alterità di Othello: lo straniero utile ma escluso dalla società
In linea con il pensiero dell’epoca, il valoroso generale Othello, pur essendo osannato per le sue capacità militari contro i Turchi, non è mai visto come un vero veneziano. Per la società è soprattutto “carne da cannone”, un bene prezioso ma sacrificabile. La sua utilità lo rende tollerabile, ma la sua “blackness” lo definisce. Othello è l’altro sangue, l’altra razza, l’altra pelle, l’impuro. La sua identità è costantemente filtrata attraverso il colore della sua pelle, un marchio indelebile che lo separa dagli altri. Questa concezione dell’alterità in Othello emerge chiaramente dai soprannomi dispregiativi usati da Iago e Roderigo, che lo definiscono “the Barbary Horse” o “the thick-lips“, riducendolo a una caricatura animalesca e razzializzata.
Iago: il manipolatore che sfrutta il concetto di alterità in Othello
Se il pregiudizio è il contesto, Iago è il catalizzatore che lo trasforma in veleno. L’alfiere non si limita a essere razzista; egli comprende e sfrutta magistralmente l’insicurezza che l’alterità genera in Othello. Iago sa che la più grande debolezza del Moro non è la sua natura, ma la sua consapevolezza di essere un estraneo in un mondo di bianchi. La sua diabolica manipolazione si fonda interamente su questo. Suggerisce che l’amore di Desdemona è “innaturale” e che lei, prima o poi, tornerà a desiderare qualcuno “del suo clima, colore e grado”. In questo modo, Iago non attacca Desdemona, ma l’autostima di Othello, convincendolo che, in quanto “altro”, non potrà mai essere veramente amato e accettato.
La gelosia come strumento di distruzione dell’altro
La gelosia che consuma Othello è alimentata dal suo senso di inadeguatezza razziale e culturale. Iago lo porta a dubitare di tutto ciò che ha ottenuto: la sua posizione, il suo onore e, soprattutto, l’amore della sua sposa. Il fazzoletto perduto diventa la “prova” non tanto dell’infedeltà di Desdemona, quanto della sua stessa estraneità. Il Moro inizia a vedere la moglie non più attraverso i suoi occhi, ma attraverso quelli pieni di pregiudizio della società veneziana, la stessa società che Iago incarna. La tragedia sta nel fatto che Othello finisce per credere alla menzogna che il suo essere “diverso” lo renda indegno d’amore.
Il matrimonio con Desdemona: il punto di rottura dell’alterità
Finché Othello rimane un generale al servizio di Venezia, la sua alterità è gestibile. Il vero punto di rottura è il suo matrimonio clandestino con Desdemona. Questo atto non è solo una scelta privata, ma una violazione pubblica dell’ordine sociale. Sposando una nobildonna bianca, giovane e istruita, Othello oltrepassa un confine invisibile ma invalicabile. La reazione del padre di lei, Brabanzio, è emblematica: accusa Othello di averla stregata, perché inconcepibile che sua figlia possa essersi innamorata di un Moro. Il problema, quindi, non è solo il colore della pelle, ma l’audacia di aver preteso un’unione paritaria, un gesto che trasforma l’utile straniero in una minaccia per la purezza della società. Questo crimine sociale si trasformerà, nella mente avvelenata del protagonista, in un pretesto per un crimine mortale.
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