Impressionismo: la mostra a Roma

Impressionisti: la mostra a Roma

In mostra al Museo della Fanteria di Roma fino al 28 luglio circa 200 opere che raccontano la storia dell’Impressionismo, dalle origini all’eredità.

Si chiama Impressionisti – L’alba della modernità la mostra inaugurata a Roma lo scorso 30 marzo e in esposizione al Museo Storico della Fanteria fino al prossimo 28 luglio. Prodotta da Navigare srl e curata da un comitato scientifico diretto da Vittorio Sgarbi, la mostra celebra i 150 anni dalla nascita del movimento impressionista.

Impressione è quella che suscitano le pennellate senza contorni di questi artisti che rivoluzionano la pittura realista, dipingendo la natura e la città, il movimento frenetico delle folle così come i momenti di intimità e raccoglimento dei singoli; raccontano, insomma, tutto quello che cattura il loro sguardo, nel momento esatto in cui l’impressione prende corpo, en plein air.

La storia dell’Impressionismo

La mostra Impressionisti – L’alba della modernità racconta la nascita, l’evoluzione e l’eredità del movimento impressionista, a partire dalla prima esposizione del 1874 nello studio fotografico di Nadar al n. 35 di Boulevard des Capucines a Parigi. La prima sezione si snoda tra i nomi degli artisti che, tra Settecento e Ottocento, non furono toccati dalle istanze dell’Impressionismo, ma in qualche modo ne anticiparono i motivi. Jean Baptiste Camille Corot, Jean-François Millet, Eugène Boudin e Jean-Baptiste Armand Guillaumin lavorano sulla luce del paesaggio, sulla resa suggestiva del colore, sulla descrizione della sfumatura esatta; le loro insufficienze tecniche sono compensate da una sensibilità percettiva e da un’intensità creativa che ancora non sanno riconoscersi nell’Impressionismo, ma allo stesso tempo non possono essere più ridotte alla pittura realista. Dobbiamo staccarci dalle influenze esterne per rimanere noi stessi”, sosteneva Corot, per professare la sua indipendenza ideologica e creativa.

Sono gli autori dell’ École de Barbizon, i paesaggisti francesi di inizio Ottocento che per primi caricarono il paesaggio di emotività.

Il termine impressionismo sarebbe stato coniato successivamente, e in senso dispregiativo, da Louis Leroy in riferimento al quadro di Claude Monet, “Impressione, levar del sole”, manifesto della corrente artistica.

Impressionisti – L’alba della modernità

Una mostra, quella in esposizione a Roma, che intende evidenziare anche la molteplicità di supporti e di tecniche utilizzati dagli Impressionisti francesi, alcune delle quali mutuate dall’arte giapponese. Litografie, monotipi, acqueforti, xilografie sono accostate ad acquerelli e dipinti. E straordinariamente, ciascuna tecnica, a suo modo, riesce a evocare profondità partendo da soggetti comuni e semplici, caricando di spessore la luce e cercando nelle sfumature del colore le impressioni dell’artista.

Il racconto dell’evoluzione dell’Impressionismo non può prescindere dal ruolo fondamentale che ebbe il collezionismo privato – da cui derivano per gran parte i prestiti esposti al Museo della Fanteria – nella diffusione e nella valorizzazione delle opere impressioniste. E non può prescindere nemmeno dall’influenza del progresso tecnologico, dal cinema e dalla fotografia, dal telefono, dalla luce elettrica, dal volo e in sintesi da una società in rapida trasformazione che ha influenzato l’arte ed è stata dall’arte esaltata.

Di tutto questo sono fatte le tavole disegnate, incise su zinco e poi stampate su heliogravure da Camille Pissarro, amante della folla e del fermento, così come i paesaggi di Jean Francois Raffaelli, vicino più alla pittura realista che a quella impressionista, ma immediato nel tratto e molto amato da Degas.

Impressionismo: la mostra a Roma
Jean-Francois-Raffaelli, Paesaggio con neve, olio su carta intelata 24,5 x 35 cm, collezione privata ©

Maestro di incisione dei più grandi fu Félix Bracquemond, che mise la sua arte al servizio degli artisti con quello spirito di gruppo che gli artisti un tempo avevano, legati com’erano agli altri da una corrispondenza di entusiastici intenti, dalla voglia di rivoluzionare l’arte e di portarla per strada, fuori dalle torri d’avorio.

Gli autori esposti

Le sale centrali sono dedicate ai maggiori esponenti dell’Impressionismo.

Pierre-Auguste Renoir, primo tra tutti. Tra le opere in esposizione ci sono Il ritratto di Wagner, il più impressionista Barges sur la Seine, la Baigneuse en dormie e La Saône se jetant dans les bras du Rhône; quest’ultimo rappresenta allegoricamente l’incontro tra Saone e Rodano, i due fiumi di Lione e fu realizzato quando l’artrosi deformante rendeva quasi impossibile per Renoir anche muovere semplicemente le mani. Per non essere costretto a smettere di dipingere, l’artista si fece legare i pennelli ai polsi.

Impressionismo: la mostra a Roma
Claude Monet, Deux canots échoués (1857 ca.), disegno 31 x 23 cm, collezione privata ©

Cuore nevralgico del percorso è Edgar Degas. Momenti di intimità e quiete in Femme nue debout à sa toilette, Femme nue à la porte de sa chambre e in La femme à sa toilette intim. Degas non si limita a cogliere la luce del momento in un paesaggio di colori pastello, ma partecipa alla vita parigina fatta di comparse e luoghi di incontro. Il suo sguardo è catturato dalle tante ballerine di danza classica, soggetti fotografici colti in momenti estemporanei e sgraziati: mentre si allacciano il tutù, mentre si riposano, prima della performance, o dopo, mai durante. Non hanno nulla di pomposo, sono autentiche, disincantate e per questo belle.

Ci sono disegni firmati e qualche olio su tela di Claude Monet, tra i quali Vue de Londres dans le brouillard “La Tamise” e Deux canots échoués, esposti accanto alle scene femminili e materne della pittrice Berthe Morisot, tra i fondatori del movimento.

E poi Gaugain, Paul Cezanne e Henri de Toulouse-Lautrec che lentamente ci conducono al post-impressionismo, traghettando tutta l’eredità che, in vario modo, influenzerà le correnti successive.

“Una mattina, siccome uno di noi era senza nero, si servì del blu: era nato l’impressionismo.” Era l’alba della modernità.

 

 

In copertina: Eugène Boudin, Lavandaie a Etretat (1890 ca.), olio su tela 31 x 44,5 cm, Kronos Gallery.
Immagini fornite da Navigare srl

 

A proposito di M. S.

Laureata in Filologia, letterature e storia dell’antichità, ho la testa piena di film anni ’90, di fotografie e di libri usati. Ho conseguito un Master in Giornalismo ed editoria. Insegno italiano, latino e greco, scrivo quando ne ho bisogno e intervisto persone. Vivere mille vite possibili attraverso gli altri è la cosa che mi riesce meglio, perché mi solleva dalla pesantezza delle scelte.

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