La capitale ospita dal 25 ottobre 2024 al 23 marzo 2025 la mostra “Roma pittrice. Artiste al lavoro tra XVI secolo e XIX secolo”, presso Palazzo Braschi. Un viaggio nella storia dell’arte che mette in luce il contributo delle donne nel panorama artistico dell’epoca. Tra dipinti, miniature e disegni, emerge il talento di figure celebri come Lavinia Fontana e Artemisia Gentileschi, ma anche di artisti meno note le cui opere, avvolte in un velo di mistero, sono oggi oggetto di scoperta. Dunque, il Museo di Roma offre la possibilità di avvicinarsi ad una realtà rimasta per troppo tempo isolata nel silenzio storiografico.
“Roma pittrice“: il contesto storico e la lotta per l’affermazione.
Il nome della mostra ‘Roma pittrice’ rimanda ad un periodo in cui le scuole pittoriche rivendicavano la loro autonomia dall’egemonia fiorentina. Dal Rinascimento fino all’Ottocento, Roma si affermò come uno dei principali centri dell’arte europea, un crocevia culturale capace di attirare artisti e mecenati da tutto il continente. Tutte le pittrici che ritroviamo all’interno della mostra, infatti, hanno avuto un forte legame con la città. In questo contesto dinamico e vitale, però, hanno dovuto affrontare numerosi ostacoli per affermarsi all’interno del settore. L’accesso ad accademia, botteghe e lo stesso mercato dell’arte erano spesso limitati, costringendole a lavorare in condizioni di scarsa visibilità. Inoltre, molte opere, furono attribuite a lungo agli uomini, prima che studi approfonditi ne restituissero la paternità alle vere autrici: si pensi alle opere di Giovanni stanchi, in realtà spesso realizzate dalla sorella Anna.
Il biografo Giovanni Battista Mancini stabilì una gerarchia dei generi pittorici che poneva ritratti, paesaggi e nature morte agli ultimi posti per importanza, contribuendo a relegare le donne ad un ruolo marginale, poiché quelle erano le tipologie pittoriche da loro maggiormente praticate. Gli affreschi considerati fisicamente troppo impegnativi per il corpo femminile, erano infatti riservati agli uomini. Si tratta di un contesto che portò molte artiste a dedicarsi intenzionalmente a quei generi, consapevoli del pregiudizio nei loro confronti. Non a caso, quando Lavinia Fontana fu incaricata di realizzare una pala d’altare per San Paolo fuori le Mura, Cesare Baglioni criticò questa decisione, sostenendo che stesse togliendo lavoro a uomini più qualificati.
La maggior parte delle artiste, non potendo essere capi bottega, lavorava in ambienti chiusi come i monasteri, realizzando opere all’epoca considerate come “arti minori“, come l’oggettistica decorativa, candele, ricami o piccoli quadri. In alternativa, trovavano impiego nelle corti dove i generi più richiesti erano appunto la ritrattistica dei nobili e le nature morte, utilizzati come ornamento per i palazzi.
Un esempio calzante è quello di Angelika Kauffmann, pittrice girovaga molto richiesta a livello internazionale che lavorò principalmente nelle corti e che senza timore si cimentò nella pittura d’olio, tradizionalmente riservata agli uomini. Elisabeth Vigée Le Brun, invece, fu la ritrattista ufficiale di Maria Antonietta alla corte di Versailles, dove lavorò ottenendo importanti riconoscimenti.
Le donne appassionate di arte, se non pittrici e nobili, erano spesso collezioniste. Infatti, all’interno della mostra ritroviamo il “Ritratto della Marchesa Margherita Sparapani Gentili Boccapaduli”, realizzato da Laurent Pécheux che risulta essere fortemente rappresentativo di questa condizione. Nel dipinto la marchesa è circondata da oggetti che mostrano i suoi interessi, facendola apparire come una donna di cultura. Nello specifico, troviamo un tavolo ispirato all’antico Egitto caratterizzato da incisioni di geroglifici, con un ripiano superiore in pietre dure; un leggio che sorregge fogli su cui era rappresentata la categorizzazione delle farfalle; infine, delle conchiglie e un pappagallo impagliato che testimoniano la sua passione per la botanica e l’entomologia.
Solo dall’Ottocento in avanti, le artiste cominciarono ad ottenere spazi propri, aprendo i primi atelier e gettando le basi per una visione della creatività che comprendesse anche opere femminili.
Volti e opere di spicco al Museo di Roma
All’interno di palazzo Braschi, i volti delle pittrici sono molteplici, spesso sconosciuti, poiché l’arte femminile, a differenza di quella maschile, è stata a lungo trascurata dagli studi storici. Solo nel 1971 iniziò una rivalutazione sistematica, che però ancora oggi lascia molte lacune sulle storie delle artiste e delle loro opere, costringendo gli studiosi ad interpretare i silenzi del passato.
Tuttavia, non mancano figure di spessore capace di attirare l’attenzione di esperti e appassionati. Tra queste spicca Lavinia Fontana, pittrice bolognese e una delle prime donne ad ottenere fama internazionale. Fontana realizzò capolavori come “Autoritratto alla spinetta”, in cui si raffigura prima come giovane raffinata, adornata di corallo e intenta a suonare lo strumento, poi come donna più matura e composta, dopo il matrimonio. Il “Ritratto di una giovane aristocratica”, invece, dimostra la sua capacità di sperimentare tecniche innovative dipingendo sui lapislazzuli, prendendo probabilmente spunto dalle opere di Antonio Tempesta.
Un’altra figura centrale è Artemisia Gentileschi, formata a Roma dal padre Orazio, fu la prima donna ammessa all’Accademia fiorentina delle Arti del Disegno. Tra le opere esposte, spicca “Cleopatra”, che dimostra il suo virtuosismo nel nudo ispirato alla statuaria classica e arricchita da un chiaroscuro drammatico. Ne “L’Aurora”, rappresenta una figura femminile iconica e sensuale, mentre in “Giuditta” e ne “La serva con la testa di Oloferne” reinterpreta con toni più cupi, quasi caravaggeschi, un soggetto del padre.
Infine, un altro contributo artistico importante è quello di Giovanna Garzoni, pittrice e miniaturista celebre per le sue nature morte raffinate e dettagliate, commissionate da mecenati illustri come il cardinale Leopoldo Medici. Al museo è esposto il suo straordinario album di acquerelli, un’opera che raccoglie raffigurazioni di piante, frutti, fiori e animali, testimonianza delle sue abilità tecniche e della sua passione per il mondo naturale.
La struttura espositiva: un percorso tra colori e luci
La mostra “Roma pittrice. Artiste al lavoro tra il XVI e XIX secolo” presenta il lavoro di 56 artiste, per un totale di circa 130 opere. I dipinti arrivano per lo più dai Musei Civici di Roma, le cui collezioni, nel tempo, sono state arricchite da prestiti nazionali ed internazionali, tra cui l’Accademia di San Luca, le gallerie degli Uffizi, l’Accademia di Brera, i Musei Reali di Torino, la National Portrait Gallery di Londra e il Museo Thorvaldsen di Copenaghen.
Il percorso espositivo si sviluppa in sezioni cronologiche e tematiche, esaltando diversi linguaggi, generi e tecniche adottati dalle artiste. Le stanze si differenziano a livello cromatico, rendendo la visita più dinamica e coinvolgente. A ciò si aggiunge un’illuminazione calibrata che consente di ammirare le opere senza affaticare la vista e di fotografare facilmente gli spazi. Inoltre, un display offre una breve spiegazione di alcune opere, mentre eleganti divanetti in velluto rosso invitano i visitatori a prendersi un momento per osservare con più calma le opere. Le didascalie, sintetiche e ben strutturate, sono disponibili sia in italiano che in inglese, rendendo la mostra accessibile ad un pubblico internazionale.
L’ esposizione di ‘Roma pittrice’ rappresenta un’opportunità unica per appassionati, esperti, studenti e turisti per approfondire una sfera dell’arte a lungo trascurata. Soprattutto, restituisce dignità a tutte quelle pittrici che hanno dovuto combattere per affermarsi in un settore prettamente maschile. Il momento storico in cui sembra finalmente esserci maggiore coscienza sulle disparità di genere, mostre come queste non celebrano soltanto il passato, ma ispirano il futuro, ricordando che il talento non conosce limiti né pregiudizi.
Fonte dell’ immagine: ufficio stampa