Dal 5 all’11 ottobre 2024, Fabrizio Venturi, in arte Ventoit, espone alla Mondrian Suite di Roma le sue opere per la mostra personale «2002». In occasione del vernissage, abbiamo rivolto qualche domanda a questo giovanissimo e promettente artista.
Fabrizio Venturi, in arte Ventoit, è un artista autodidatta contemporaneo. Nasce a Roma nel 2002, dove si diploma al liceo linguistico e realizza la sua formazione artistico-culturale. Ed è proprio in un ambiente estremamente metropolitano che avvia il suo processo creativo. L’indole di Fabrizio, curiosa e vitale, lo costringe alla ricerca di risposte a domande tipiche di un individuo cresciuto nell’attuale contesto storico. La sua energica esigenza e il temperamento fortemente sensibile e inquieto sono la chiave di lettura della sua arte. Decisi e istintivi sono i getti che caratterizzano le sue opere e che, alternati a linee gentili, si amalgamano spontaneamente creando un ordine nel caos. I soggetti principali sono animali, cavalli e bestie primitive. I temi trattati riguardano problematiche moderne, quali la guerra e le discriminazioni. Ventoit, dunque, si fa testimone della sua generazione e della società che lo circonda, rappresentando le paure di chi non sa che mondo riceverà in eredità, il sentimento di rivalsa e al contempo la totale passività e la mancanza di ideali concreti di chi invece si dimostra indifferente o forse, ancora più tragicamente, di chi si è arreso.
In un mondo fatto di scontri e conflitti armati, di morte e corruzione, di genocidi e discriminazioni, la figura umana è sempre più riconducibile a quella di un animale selvatico, a tratti selvaggio. L’immagine di un animale distorto non è altro che una cruda rappresentazione dell’uomo, inteso come essere vivente che osserva, immobile, l’effetto di una sadica esistenza. Non essendo stato capace di creare una società equilibrata, la subisce. Per l’essere umano, artefice di dolore e distruzione, non rimane che un rifugio nei bisogni istintivi e primordiali, come l’amore, il sesso e la conservazione della specie.
Come è nata questa passione? Come si è approcciato al mondo della pittura e dell’arte?
Mi è sempre piaciuto, fin da piccolo. La vera svolta probabilmente c’è stata quando un anno e mezzo fa è morto mio nonno. Il giorno stesso ho dipinto il mio primo toro, grandissimo. Sta a casa, in questo momento non è esposto.
Come descriverebbe il suo stile?
Mi piace il fatto di riportare l’arte primitiva in chiave contemporanea. Anche in modo, tra virgolette, lussuoso. La rappresentazione dell’oro, di colori vivaci, di colori che possano stare benissimo su una parete bianca. È come se fosse una grotta antica, ma un po’ più moderna.
E nasce tutto in maniera istintiva?
Sì. L’istinto è una caratteristica fondamentale.
Ho notato che ha rappresentato alcune delle sue opere su materiali o oggetti riciclati e riutilizzati. In particolare quella all’entrata. Cos’era, un tavolo?
È una porta. C’è del pellet e una porta divisa a metà. Mi piace molto utilizzare elementi di strada. È ciò che mi rappresenta, variare e rendere l’arte a portata di tutti. Tutti possono fare quello che faccio io, e farlo bene.
Nelle sue opere tocca spesso temi e problematiche sociali. Qual è il messaggio che vorrebbe lanciare con la sua arte?
Non c’è un vero e proprio messaggio. Cioè, io mi sento un po’ un testimone di questa terza grande guerra in arrivo. È una cosa immediata, e noi non riusciamo a schierarci. Il nostro governo si è schierato senza che noi ci fossimo schierati. Giorgia Meloni è dalla parte di Netanyahu, dalla parte di coloro che stanno compiendo dei genocidi senza alcun pudore. E noi non ci siamo schierati. Nel senso, il non schierarsi è relativo, perché è ovvio che ci dobbiamo schierare dalla parte del buono. Ma abbiamo votato per niente, perché andremo comunque in guerra. La guerra verrà fatta ed è indipendente da noi, ecco. E sinceramente mi sento molto male per questo.
A proposito di questo, in uno dei suoi quadri compare la scritta «Non schierarti». Si tratta di una provocazione, immagino.
Sì, decisamente. È giustissimo avere un’ideologia ed è importantissimo schierarsi. Anche se è inutile, tra virgolette.
Invece, per quanto riguarda la scelta dei colori, che cosa la attrae di queste tonalità e di questi contrasti cromatici?
Mi piace mettere insieme colori brillanti che magari non stanno neanche bene insieme, ma farli combaciare. Poi c’è da dire pure che sono daltonico, quindi certe sfumature e certi colori li vedo anche in maniera diversa. Mi piace sperimentare.
La sua percezione è che questa potrebbe trattarsi di una fase, un po’ come per Picasso il periodo blu o quello rosa, oppure che saranno sempre elementi fissi e imprescindibili per il suo stile?
Non so. Potrebbe cambiare, e sicuramente cambierà. È tutto in continua evoluzione. Vorrei raggiungere una specie di perfezione estetica. Che anche se non è bello risulta comunque bello per la sua simmetria, perché è ben bilanciato nello spazio che rappresento.
Qual è stata, o è tuttora, la sua più grande fonte di ispirazione?
Mia madre, che amo tantissimo. Nel voler fare sempre qualcosa di più e non fermarsi mai.
Progetti e obiettivi per il futuro?
Fare assolutamente una seconda mostra, subito. Mi piacerebbe tantissimo farla a Milano. Mi piacerebbe anche andarci a vivere, un giorno. Però mi va benissimo anche Roma, la Spagna, Forlì o Pompei. L’importante è che si faccia.
Ventoit ha inoltre illustrato ai presenti alcune delle opere non esposte sulle pareti. In una in particolare compare la scritta «È solo un riflesso, non uno schieramento». Raffigura un cavallo in torsione rivolto verso una palla infuocata, un sole. Al posto dell’occhio un bulbo lacrimante e insanguinato all’interno del quale possiamo visibilmente riconoscere il simbolo delle SS.
«Il cavallo, ovvero l’uomo, non è fascista o nazista perché è una sua scelta, ma perché è influenzato dalla società. Il cavallo vede ciò che gli viene mostrato, è il frutto di una società malsana. Quella in cui viviamo» ha spiegato l’artista.
Immagine in evidenza articolo Ventoit alla Mondrian Suite di San Lorenzo: l’intervista al giovane e talentuoso artista romano Fabrizio Venturi: Ufficio Stampa