In Norvegia, a Halden, sorge un carcere che ridefinisce il concetto di detenzione. Inaugurato nel 2010, il carcere di Halden è stato definito il “più umano al mondo”, un luogo progettato non per punire, ma per riabilitare. Scopriamo la sua filosofia, il suo funzionamento e perché rappresenta un modello studiato a livello globale.
Indice dei contenuti
Due modelli di detenzione a confronto
Caratteristica | Approccio a confronto |
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Obiettivo primario | Modello riabilitativo (Norvegia): Reinserimento del detenuto nella società. Modello punitivo (tradizionale): Punizione e restrizione della libertà. |
Rapporto guardie-detenuti | Modello riabilitativo: Interazione e fiducia (“sicurezza dinamica”). Le guardie sono disarmate. Modello punitivo: Controllo e sorveglianza. Le guardie sono armate. |
Pena massima | Modello riabilitativo: 21 anni (prorogabili). L’ergastolo non esiste. Modello punitivo: Ergastolo e pene molto lunghe sono comuni. |
Tasso di recidiva (a 2 anni) | Modello riabilitativo: Circa il 20%. Modello punitivo: Oltre il 60% in molti paesi, come gli USA. |
La filosofia norvegese: il principio di normalità
Il sistema norvegese si basa su un concetto chiave: il principio di normalità. Come spiegato dal Servizio Penitenziario Norvegese, la vita in prigione deve assomigliare il più possibile a quella esterna, perché è lì che il detenuto dovrà tornare. La priorità è la rieducazione e il reinserimento, non la vendetta.
La vita a Halden e la “sicurezza dinamica”
A Halden le finestre sono senza sbarre e gli agenti disarmati. Ogni detenuto ha una cella privata con bagno e TV. Ci sono spazi comuni, una palestra, uno studio di registrazione e corsi di formazione. Questo approccio si basa sulla “sicurezza dinamica”: la vera sicurezza deriva dall’interazione e dalla fiducia tra agenti e detenuti. Gli agenti, formati in psicologia e criminologia, diventano mentori.
Il modello Halden nel mondo: altri esempi virtuosi
Halden non è un caso isolato. È l’espressione massima di un modello nordico che ha altri esempi celebri, come la prigione di Bastøy, un’isola a bassa sicurezza dove i detenuti lavorano in una comunità agricola. Anche altri paesi scandinavi, come la Svezia e la Finlandia, adottano approcci simili, concentrandosi sulla riduzione della popolazione carceraria e su programmi di riabilitazione intensiva.
Il contrasto: i peggiori carceri al mondo
Il modello di Halden appare ancora più rivoluzionario se confrontato con alcune delle peggiori prigioni del mondo. Strutture come la prigione di Gitarama in Ruanda o quella di Tadmor in Siria sono tristemente note per il sovraffollamento disumano, la violenza endemica, la tortura e la quasi totale assenza di condizioni igienico-sanitarie. Questi luoghi rappresentano l’estremo opposto del modello riabilitativo, dove la detenzione diventa una condanna alla sopravvivenza quotidiana.
Risultati, costi e critiche al sistema
Il risultato più eclatante del modello norvegese è un tasso di recidività di appena il 20%, tra i più bassi al mondo (in Italia supera il 68%). Questo successo ha un costo elevato: circa 120.000 euro all’anno per detenuto. Il sistema è stato messo a dura prova dal caso di Anders Breivik, l’autore della strage di Utøya, a cui viene applicato lo stesso trattamento, sollevando un acceso dibattito. Nonostante le critiche, come analizzato dal Consiglio d’Europa, il modello rimane un punto di riferimento. La domanda finale resta aperta: qui in Italia, saremmo pronti a una simile rivoluzione culturale?
Fonte immagine in evidenza: Pixabay
Articolo aggiornato il: 21/09/2025