Chance Giardiniere: analisi pragmatica di un personaggio atipico

Chance Giardiniere: analisi pragmatica di un personaggio atipico

Chance Giardiniere (in lingua originale “Chance the Gardener”) è il protagonista di “Being There”, film americano del 1979 diretto da Hal Ashby e adattato, per il pubblico italiano, con il nome di “Oltre il giardino”. Basato sull’omonimo romanzo di Jerzy Kosiński del 1970 – tradotto in italiano da Vincenzo Mantovani – egli stesso prese parte alla sua produzione, come sceneggiatore. L’atipicità di questo personaggio, analizzato attraverso gli strumenti della pragmatica, rende un prodotto simile interessante sotto vari punti di vista, oltre a fornire notevoli spunti di riflessione al pubblico a cui tale opera è indirizzata. 

Chi è Chance Giardiniere? La trama

Il film è interpretato da Peter Sellers nei panni di Chance, un giardiniere di mezza età, che ha trascorso tutta la sua vita a prendersi cura del giardino di un anziano e ricco signore a Washington DC, di cui non conosciamo il nome. È interessante segnalare che il nostro personaggio principale non ha mai lasciato quella proprietà. Oltre al giardinaggio, la sua conoscenza della vita, delle usuali interazioni sociali deriva interamente da ciò che vede in televisione. Potremmo considerarlo un equivalente moderno e mitico della storia del bambino abbandonato e allevato dagli animali: in questo caso, tutto ciò che ha appreso, l’ha fatto attraverso la TV. Ricordiamo che nel momento in cui Kosiński scrive, la riflessione sui media, quali mezzi di comunicazione di massa, era già cominciata. Quando il suo benefattore muore, all’inizio del film, Chance dice agli avvocati che non ha alcuna pretesa nei confronti della proprietà e gli viene ordinato di trasferirsi.

Come la storia della Genesi, di un uomo posto all’interno di un giardino, il protagonista viene lanciato, senza esitazione, in un mondo del tutto sconosciuto e ricco di insidie. Mentre vaga senza meta, passando davanti ad un negozio di televisori, resta sorpreso vedendosi ripreso da una telecamera nella vetrina, in gioco di inquadrature in cui noi pubblico, dallo schermo, vediamo un personaggio mentre si riflette attraverso un altro obiettivo. Completamente assorto da una tecnologia a lui totalmente estranea, viene colpito da una limousine di proprietà di un anziano imprenditore: Benjamin Rand. In macchina c’è Eve Rand, la sua giovane moglie, che porta Chance nella loro lussuosa tenuta, per riprendersi. Chance viene etichettato come “Chauncey Giardiniere” da Eve, la quale interpreta male il suo tentativo di identificarsi come “Chance, il giardiniere”. La donna rimane catturata dai suoi modi antiquati e stranamente cortesi, finendo per innamorarsene. Dopo essere stato visitato dal dottore della tenuta, il dottor Robert Allenby, Chance viene invitato a cena con i coniugi Rand. Quando Ben lo incontra, scambia “Chauncey” per un uomo d’affari educato e onesto, grazie al suo aspetto rispettabile, tuttavia caduto in disgrazia per varie vicissitudini. Da lì in poi, tutta l’azione è diretta da un fato insolitamente favorevole. 
Per tutta la durata del film, nonostante egli rimanga analfabeta e fondamentalmente asociale, ottiene ampio successo e un inaspettato consenso da parte dell’opinione pubblica. Gli viene offerto di scrivere un libro, è invitato come ospite in un talk show politico e arriva persino ad essere considerato come papabile candidato per le successive presidenziali. Ma come è possibile ciò?

Significato pragmatico dell’opera

In quest’opera si riprende un comune topos letterario: la demistificazione di pratiche, usi e abitudini dell’élite culturale. Operazione simile è quella che fa Jonathan Swift in “The Gulliver’s Travels”, quando nel Libro III fa incontrare a Gulliver gli abitanti di Laputa. Il confronto tra lo stile minimalista di un personaggio, alienato dal contesto sociale, e il linguaggio dell’élite, fatto di perifrasi, ellissi e retorica, finisce per minare la sua stessa autosufficienza. Se da una parte si può presumere che le parole di Chance Giardiniere siano sempre ad un “livello 0” di significazione: egli implica a malapena ciò che dice e con un linguaggio povero e scarno, parla delle uniche cose che conosce legate alle piante, al mantenimento del giardino, all’impatto delle stagioni sulla vegetazione. La televisione ha avuto un ruolo preponderante nella sua educazione, ma ciò gli ha dato un’idea superficiale di cosa siano le interazione sociali.
Dall’altra, le percezioni che il mondo esterno ha delle sue parole e occorrenze creano un fantasma, qualcuno che funge da specchio per gli altri. Le persone interpretano continuamente il comportamento e le frasi di Chance Giardiniere in base alle proprie esigenze, in base a ciò che vogliono capire. Ne consegue che i parlanti identificano se stessi, ma anche gli altri, attraverso il proprio uso del linguaggio. I continui discorsi diretti di Chance, tali che la sua ingenua visione della vita non gli fa supporre che possa risultare maleducato, sono sempre confusi con un linguaggio implicativo. Le “implicature” (in pragmatica, i significati che si “nascondono” dietro le parole) sono innescate dal riconoscimento da parte degli ascoltatori delle convenzioni linguistiche, associate a un determinato contesto sociale. La significazione non è più legata alle intenzioni del parlante, a ciò che il parlante volontariamente vuole esprimere, ma si deduce ex post. La “norma” è spietatamente satirizzata dal regista, perché è seguita da automi non pensanti, fuorviati dai media, che scambiano la pochezza intellettiva con una grande saggezza.

Colui che emette l’atto linguistico è del tutto inconsapevole delle conseguenze che il suo linguaggio produce negli ascoltatori. Ne risulta che non esiste più una cooperazione paritaria, un patto egualitario e cooperativo tra gli interlocutori, ma questo potrebbe essere un buon esempio di “presupposto di cooperazione”, una cooperazione fittizia.

Fonte immagine: Wikipedia

A proposito di Diana Natalie Nicole

Studentessa di Letterature Comparate, sostengo la continuità tra filosofia e letteratura, con qualche benigna interferenza di linguistica, arte e cultura.

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