Charta 77 è una delle più significative iniziative di resistenza contro il regime comunista cecoslovacco durante il periodo di normalizzazione, quindi quel periodo che seguì l’invasione sovietica nella Cecoslovacchia il 21 agosto 1968. Questo atto di opposizione al governo ha come data ufficiale di inizio l’1 gennaio 1977, da ciò deriva parte del nome del documento Charta 77. Tra i redattori e i primi firmatari della Charta 77 troviamo lo scrittore Pavel Kohout, il filosofo Jan Patočka e il drammaturgo Václav Havel. Proprio Václav Havel era allora conosciuto solo nei circoli letterari per la sua attività di scrittore e per la sua intensa attività contro il regime comunista.
Charta 77: manifesto dell’inviolabilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
La decisione di avanzare un’azione collettiva contro il regime comunista in modo così chiaro matura in un contesto preciso. Il regime cecoslovacco continuava a reprimere le libertà dei suoi cittadini nonostante la sottoscrizione degli Accordi di Helsinki nel 1975. Questi Accordi venivano visti come un tentativo di miglioramento delle relazioni tra l’Occidente e i paesi oltre la cortina di ferro, perché sancivano, in uno dei punti chiave del trattato, l’inviolabilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. A questa conferenza parteciparono in tutto 35 stati, tra cui Italia, Stati Uniti, URSS e altri stati del blocco sovietico, ad esempio Bulgaria, Ungheria e Cecoslovacchia. Nel testo di Charta 77 vengono riportati più esempi di violazione di diritti dell’uomo affermati negli accordi di Helsinki del 1975, anche in riferimento a un caso concreto che avvenne l’anno prima in Cecoslovacchia, ovvero l’arresto di alcuni giovani musicisti. Si tratta della band musicale Plastic people of universe, che aveva una posizione critica contro il regime comunista. Gli autori di Charta 77 fecero proprio leva sulla firma e quindi alla partecipazione della Cecoslovacchia agli accordi per poter rendere ancora più chiara ai cittadini e al mondo la doppia faccia del regime comunista che, a livello internazionale, cerca consenso e approvazione, ma, nella realtà dei fatti non rispetta gli accordi presi. Forse anche per questo motivo il documento ebbe fortuna all’estero. Bisogna dire che Charta 77 non poteva ovviamente essere pubblicata per vie legali in Cecoslovacchia, quindi circolò in samizdat, ovvero venne diffuso illegalmente a spese degli autori, ma venne pubblicata dalle più importanti testate del mondo occidentale, quindi sul New York Times, su Le Monde, su Frankfurter Allgemeine Zeitung. L’iniziativa ebbe una buona risonanza all’estero, tanto che vennero create iniziative a sostegno di Charta 77. Ad esempio a Parigi venne fondato il Comitato internazionale per il sostegno dei principi di Charta 77, mentre a Stoccolma nasce la Fondazione Charta 77, sempre a supporto dell’iniziativa cecoslovacca di opposizione. In Cecoslovacchia Charta 77 ebbe diversa sorte. Il documento è rimasto, in fin dei conti, astratto per la maggior parte dei cittadini, pochi l’hanno vista o letta. Charta 77 non si proponeva come un’organizzazione strutturata, bensì come una libera e informale comunità di persone di diversa estrazione sociale che condivide le stesse idee e un forte rispetto per i diritti umani e civili, per cui i soprusi del governo vengono ritenuti inaccettabili. L’intenzione era quindi di coinvolgere non solo gli intellettuali e gli attivisti politici già contro il regime, ma di avere un consenso più ampio, esteso a tutti i cittadini, in quanto riguardava proprio tutti. Originariamente, all’inizio del 1977, furono 242 i firmatari di Charta 77. A metà degli anni ’80, circa 1.200 persone avevano firmato il documento, nel 1989, dopo un decennio, poco meno di 1900. Tra loro molti appartenevano agli ambienti intellettuali, erano soprattutto artisti, scienziati e giornalisti a sottoscrivere Charta 77. Firmare un documento del genere era sicuramente un atto di coraggio. Le punizioni inflitte dal governo avevano forti ripercussioni sulla vita di tutti i giorni. Molti furono costretti ad abbandonare il proprio lavoro, vennero forzati ad adempiere ad un lavoro diverso, spesso umiliante nel loro caso. Anche le famiglie degli oppositori erano toccate da questi provvedimenti.
Charta e Anticharta
Molti, come detto, non ebbero nemmeno la possibilità di conoscere Charta 77 direttamente, ma lo appresero in maniera indiretta, quando il governo cecoslovacco sfruttò, quasi a ripicca, la fama degli artisti più in voga del momento per redigere un altro documento, conosciuto col nome Anticharta, che venne firmato da più di 7000 persone legate al mondo dell’arte e dello spettacolo. Gli artisti in questione ribadivano in questo documento il sostegno e la fedeltà al governo cecoslovacco, legittimavano la persecuzione dei firmatari di Charta 77 e scoraggiavano allo stesso tempo i cittadini ad opporsi al regime. Molti di loro, s’intende, erano stati forzati a farlo, solo pochi rifiutarono. Questa dimostrazione di potere avvenne in un luogo simbolo per l’arte, al Teatro Nazionale di Praga, ed ebbe sicuramente più risonanza tra i cittadini cecoslovacchi.
Il dovuto riconoscimento dei firmatari di Charta 77 giunse solo dopo la caduta del regime comunista cecoslovacco. Tra i firmatari infatti, c’è chi occupò ruoli rilevanti nella neonata Cecoslovacchia democratica e futura Rep. Ceca, per esempio Václav Havel, che fu il primo presidente, o Petr Pithart, un politico di primo piano in quegli anni di transizione.
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