Chi è Giordano Bruno: una storia di fiamme e coraggio

Chi è Giordano Bruno: una storia di fiamme e coraggio

Giordano Bruno nasce a Nola, vicino Napoli, nel 1548. Si racconta che da bambino, osservando il Vesuvio, si convinse che oltre non ci fosse nulla, così decise di esplorarlo. Da quell’esperienza trasse una verità rimasta poi alla base di ogni sua intuizione: per comprendere le cose bisogna sempre avere una prospettiva più ampia. La sua è una storia di coraggio e tenacia, ma per capire chi è Giordano Bruno bisogna partire dalle origini.

Chi è Giordano Bruno

Il suo vero nome è Filippo Bruno, ma decise di abbandonarlo intorno ai 15 anni e di prendere il nome di Giordano in onore del Beato Giordano di Sassonia. Era infatti molto giovane quando, dopo essersi trasferito a Napoli per studiare, decise di entrare nel convento dei Domenicani presso il monastero di San Domenico. Probabilmente questa scelta non era dettata da un interesse religioso ma dalla necessità di riservarsi un’ampia educazione. A seguito della rigida formazione prevista dal convento, Bruno si dedicò allo studio di numerosi filosofi e pensatori (Aristotele, Nicola Cusano, Marsilio Ficino) e, seppur fossero vietati in convento, riuscì a procurarsi i libri di Erasmo da Rotterdam. Come lui, sin dal suo arrivo in convento Giordano Bruno criticò e denunciò l’ignoranza e la poca devozione dei suoi confratelli.

L’anno della svolta fu il 1576. In quel periodo, Giordano Bruno durante i dibattiti con gli altri frati iniziò a palesare apertamente i suoi dubbi riguardo ad alcuni aspetti centrali della fede (Trinità, la verginità di Maria). Dopo essere stato denunciato all’Inquisizione per eresia decise di fuggire. Dopo aver passato un breve periodo a Roma, troppo pericolosa per le accuse che gravavano su di lui, abbandonò l’abito domenicano e si spostò in Liguria. Nel frattempo scoprì che a Napoli stavano istruendo contro di lui un processo per eresiaDa quel momento in poi iniziò per lui un lungo periodo di esilio destinato a durare per gran parte della sua vita. Giordano Bruno viaggiò in Svizzera, Spagna, Francia, Germania e nel frattempo elaborò gli elementi chiave della sua filosofia.

Nel 1591, inaspettatamente decise di tornare in Italia, forse sottovalutando il pericolo. Venne invitato a Venezia da Giovanni Mocenigo che, appassionato di filosofia occulta, era intrigato dalla filosofia di Bruno. All’epoca Venezia era una repubblica relativamente autonoma in cui l’Inquisizione era molto meno pressante, ma ciò non salvò il filosofo dal rischio che stava correndo. In poco tempo il rapporto con Giovanni Mocenigo si deteriorò. Il nobile, insoddisfatto e disilluso, lo denunciò per blasfemia, per non credere nella Trinità e alla transustanziazione e predicare l’esistenza di mondi infiniti. La sera del 23 maggio 1592 Giordano Bruno venne sequestrato e rinchiuso nelle carceri dell’Inquisizione di Venezia. L’Inquisizione romana chiese la sua estradizione, concessa dal Senato veneziano nel febbraio dell’anno successivo. 

Il processo e la condanna

Durante il processo, i giudici dell’Inquisizione esaminarono attentamente i testi pubblicati dal filosofo, ampiamente diffusi in tutta Europa. 

Giordano Bruno rifiutava la visione aristotelico-tolemaica dell’universo e proponeva una concezione di Dio al tempo stesso trascendente e immanente. Dio supera la natura ma è anche presente in ogni cosa: la natura stessa è un’espressione diretta del divino. Per questo motivo, non è necessaria l’intermediazione della Chiesa per avvicinarsi a Dio, poiché Egli si manifesta ovunque e in ogni essere vivente. Per sua natura l’uomo è un microcosmo, un’estensione dell’universo, ed ha dunque già dentro di sé gli strumenti necessari per comprendere autonomamente le verità della fede. Il suo compito non è quello di adorare passivamente e accettare ciecamente i dogmi ma di esplorare il proprio mondo interiore per elevarsi spiritualmente attraverso la libertà di pensiero.

Dagli scritti di Bruno emergeva una visione filosofica e religiosa radicalmente riformista, che metteva in discussione i fondamenti stessi della dottrina cattolica, motivo per cui la Chiesa lo temeva particolarmente. Il processo dell’Inquisizione durò sette lunghi anni. Durante questo periodo Giordano Bruno venne più volte interrogato, probabilmente torturato, e gli venne offerta più volte la possibilità di abiurare ma puntualmente rifiutò non avendo nulla di cui pentirsi e non ritrattando mai neanche un aspetto del suo pensiero. 

Soltanto il 20 gennaio del 1600 il tribunale ecclesiastico condannò definitivamente Giordano Bruno come eretico recidivo e Papa Clemente VIII approvò l’esecuzione della sua condanna a morte. L’8 febbraio dello stesso anno, quando gli vennero lette formalmente le conclusioni del processo, Bruno non sembrò intimorito. Anzi, disse: «Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla». Dopo otto giorni, il 17 febbraio 1600, Giordano Bruno venne pubblicamente arso vivo a Campo de’ Fiori. Nella stessa piazza oggi è eretta in suo onore una statua che, con sguardo severo, guarda (ancora) con aria di sfida verso la città del Vaticano.

Fonte immagine: Wikimedia Commons

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