Considerazioni sulla prima e la seconda guerra punica

Le guerre puniche: lo scontro tra Roma e Cartagine per il Mediterraneo

Roma e Cartagine: due potenze in rotta di collisione

Alla metà del III secolo a.C., la Repubblica Romana era ormai una potenza consolidata, pronta a proiettarsi sull’intero bacino del Mediterraneo. Questo la poneva in inevitabile competizione con Cartagine, l’ex colonia fenicia che dominava la parte occidentale del mare. La sfera d’influenza cartaginese comprendeva l’odierna Tunisia, le Baleari, la Corsica, la Sardegna, la Sicilia occidentale e la Spagna meridionale. Cartagine era una metropoli di circa 400.000 abitanti, retta da una potente oligarchia di commercianti e dotata di una flotta senza rivali. Sebbene le due potenze avessero regolato per via diplomatica i loro rapporti, stringendo un trattato di amicizia nel 280 a.C., era chiaro che lo scontro tra le loro ambizioni espansionistiche fosse solo questione di tempo.

La prima guerra punica (264-241 a.C.): la lotta per la Sicilia

Il conflitto, noto come prima guerra punica (i Romani chiamavano i Cartaginesi “punici”, cioè Fenici), scoppiò nel 264 a.C. per il controllo dello strategico porto di Messina, in Sicilia. Roma considerava Cartagine una minaccia incombente e un ostacolo al controllo di una regione ricca di risorse. Occupata Messina, i Romani costrinsero alla resa Siracusa, alleata di Cartagine, e conquistarono Agrigento.

Dalla guerra terrestre alla supremazia navale: l’invenzione dei corvi

Per contrastare il dominio navale cartaginese, Roma, una potenza prettamente terrestre, allestì una grande flotta da guerra. I Romani introdussero un’innovazione geniale: i “corvi”, passerelle uncinate che permettevano di agganciare le navi nemiche e di trasformare la battaglia navale in un combattimento corpo a corpo, campo in cui i legionari eccellevano. Grazie a questa tattica, ottennero un’importante vittoria a Milazzo nel 260 a.C. Dopo alterne vicende, che inclusero una fallimentare spedizione in Africa guidata dal console Attilio Regolo, la vittoria decisiva giunse nel 241 a.C., quando il console Lutazio Catulo annientò la flotta nemica alle isole Egadi. Cartagine, logorata, dovette accettare dure condizioni di pace: la rinuncia totale alla Sicilia, la restituzione dei prigionieri e il pagamento di una pesante indennità. La Sicilia divenne così la prima provincia romana.

L’espansione di Roma tra le due guerre

Approfittando della debolezza di Cartagine, pochi anni dopo Roma si fece consegnare anche la Sardegna e la Corsica (237 a.C.), che costituirono la seconda provincia. Sul versante adriatico, intervenne in Illiria per fermare la pirateria. La vittoria più significativa fu quella contro i Galli a Casteggio nel 222 a.C., che garantì a Roma il controllo di gran parte della Pianura Padana, consolidato con la fondazione di colonie a Piacenza e Cremona.

La seconda guerra punica (218-202 a.C.): la strategia di Annibale

Cartagine, umiliata e danneggiata economicamente, cercò una rivincita espandendosi in Spagna sotto la guida della potente famiglia dei Barca. Quando nel 219 a.C. il giovane e geniale generale Annibale Barca espugnò Sagunto, città alleata di Roma, la guerra fu inevitabile.

La leggendaria traversata delle Alpi e le vittorie in Italia

Annibale impostò la seconda guerra punica con una strategia audace: portare la guerra in Italia via terra per sollevare i Galli e gli Italici contro Roma. La sua marcia attraverso le Alpi nel 218 a.C., con un esercito di decine di migliaia di uomini e 37 elefanti, è passata alla storia. Nonostante le enormi perdite, una volta in Italia rafforzò le sue truppe con i Galli e inflisse ai Romani una serie di sconfitte devastanti presso il Ticino, il Trebbia e il lago Trasimeno. La battaglia decisiva avvenne a Canne, in Puglia, nel 216 a.C.: fu una disfatta terribile per Roma, che perse circa 40.000 uomini, incluso il console Emilio Paolo.

Da Canne alla svolta di Capua: i limiti della strategia cartaginese

Nonostante la vittoria, Canne segnò anche l’apice e l’inizio del declino di Annibale. Il suo esercito era provato e la ribellione generale degli Italici su cui contava non si materializzò. Annibale decise di svernare a Capua (i cosiddetti “ozi di Capua”), attendendo rinforzi che non arrivarono mai, poiché Roma manteneva la pressione in Spagna. Questo immobilismo minò la sua strategia.

La riscossa di Roma e la vittoria di Scipione l’Africano

Nel frattempo, Roma dimostrò la sua incredibile resilienza. I cittadini mobilitarono ogni risorsa pubblica e privata per armare un nuovo, immenso esercito. La riscossa iniziò nel 211 a.C. con la riconquista di Capua. Sotto la guida del giovane e brillante Publio Cornelio Scipione, i Romani sottrassero ai Cartaginesi la Spagna. Il colpo di grazia al piano di Annibale arrivò nel 207 a.C., quando suo fratello Asdrubale, giunto in Italia con i rinforzi, fu sconfitto e ucciso nella battaglia del fiume Metauro. La svolta definitiva si ebbe quando Scipione portò la guerra in Africa, costringendo Annibale a tornare per difendere la patria. Nel 202 a.C., nella battaglia di Zama, Scipione sconfisse Annibale, guadagnandosi il soprannome di “Africano”.

Le conseguenze delle guerre puniche: Roma padrona del Mediterraneo

Cartagine dovette subire condizioni di pace durissime: rinuncia alla Spagna, consegna della flotta, pagamento di un’enorme indennità e divieto di fare guerra senza il consenso di Roma. Anche se la città rimase intatta, la sua potenza era irrimediabilmente distrutta. Alla fine della seconda guerra punica, Roma era la padrona indiscussa del Mediterraneo occidentale, un dominio che avrebbe consolidato cinquant’anni dopo con la terza guerra punica (149-146 a.C.) e la distruzione totale della sua antica rivale, al grido di “Carthago delenda est“.

Prof. Giovanni Pellegrino

 

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