Conto navale pisano: la lingua italiana nella storia

Conto navale pisano

Vi siete mai chiesti qual è il più antico testo toscano ad oggi noto? Se la risposta è sì, ecco tutte le informazioni che vi servono riguardo al famoso Conto navale pisano!

Storia del Conto navale pisano

Il Conto navale pisano, o Carta Piasana, è un riepilogo delle spese sostenute per l’allestimento di una flotta navale (una galea), risalente all’XI-XII secolo. Fu prodotto a Pisa, che era all’epoca il principale porto della Toscana, ma fu trovato da Ignazio Baldelli in un codice della Free Library di Philadelphia. Oggi è conservato nella biblioteca pubblica di Philadelphia, negli Stati Uniti, per cui è detto anche Carta di Philadelphia.

Il Conto navale pisano risulta essere il più antico testo scritto in volgare toscano, che testimonia una forte convergenza linguistica tra le varie parlate toscane causata dai frequenti scambi economici tra la città di Pisa (importante porto ben collegato con la viabilità continentale attraverso la Via Francigena e l’Arno) e le altre città italiane. Nell’XI-XII secolo la Toscana vive un momento di grande fervore economico, politico e culturale che ha come sua conseguenza la crescente unificazione linguistica, che porterà alla fioritura della letteratura. Il volgare in questo periodo nasce e si diffonde principalmente attraverso le scritture pratiche prodotte dai mercanti che si formavano nelle scuole di abaco, dove imparavano a far di conto. Le scritture pratiche sono testi di vita quotidiana, e il Conto navale pisano ne è un esempio.

Trascrizione e traduzione 

Trascrizione : In nomine Domini, amen. A restaiolo lis. vi […] In remora col filio Orselli sol. xxx. Alo ispornaio sol. xxxx […] A Ramondino filio Orsi sol. xv e dr. viii di subielli […] Pisone di boteghe dr. xxxxi […] Inn aguti ispannali dr. Xii […] A Pilotto sol. iii e dr. v serratura e dela pianeta dr. xviiii […] A Martino testore dr. v […] A manoale dr. vi.

Traduzione Conto navale pisano: Nel nome del Signore, Amen. A colui che produce le reti, 6 libre. Riguardo ai remi col figlio di Orsello, 30 soldi. A colui che costruisce gli speroni, 40 soldi. A Raimondo, figlio di Orso, 15 soldi e 8 dracme del cavicchio di ferro per tenere le funi. Pigione di botteghe, 41 dracme. Per i chiodi alti una spanna, 12 dracme. A Pilotto 3 soldi e 5 dracme, segatura e pialla 19 dracme. A Martino tessitore 5 dracme. Al manovale 6 dracme.

Approfondimenti 

La libbra (Lis significa libras) si divideva in 20 soldi (sol) e il soldo in 12 denari; le dracme (dr) erano le monete usate all’epoca. Oltre all’invocazione di apertura (In nomine Domini, amen), nel Conto navale pisano anche le indicazioni monetarie sono in latino. In Orselli e Orsi, la “i” indica l’antico genitivo latino, che indicava l’appartenenza ad un capofamiglia, quindi era una sorta di patronimico. Chi ha scritto il Conto navale pisano probabilmente aveva a malapena fatto le scuole di abaco, però dà bene l’idea di come si passi da un volgare latino ad un volgare fiorentino. Le parentesi quadre indicano che c’era scritto altro.

Fonte immagine: Pixabay

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One Comment on “Conto navale pisano: la lingua italiana nella storia”

  1. Tutto giusto tranne il finale: si passa dal latino all’italiano tramite il pisano. Il fiorentino non c’entra nulla.

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