Edith Irene Södergran è nata nel 1892 a San Pietroburgo. I suoi genitori erano commercianti finlandesi di lingua svedese. È considerata la pioniera del modernismo nella letteratura svedese. Cresciuta tra due culture, quella russa e quella finlandese, da bambina frequentò una scuola russa. Questo le diede la possibilità di conoscere la poesia dei formalisti russi. Tuttavia, la sua vita fu molto breve visto che morì giovanissima di tubercolosi. Questa malattia segnò profondamente la sua scrittura.
Isolamento e influenza sulla poesia
Pur vivendo isolata in un villaggio al confine russo-finlandese, Edith ha lasciato un’impronta indelebile sulla poesia svedese del secolo scorso. Inoltre, i suoi soggiorni nei sanatori svizzeri furono occasioni per incontrare le menti brillanti europee. In particolare quella di Friedrich Nietzsche, che lasciò un segno profondo su di lei. Da lui trasse una visione vitalistica dell’esistenza. La sua scrittura, seppur segnata dalla sofferenza fisica, trasmette un desiderio di elevazione spirituale e una tensione verso l’oltre. Costruisce così la figura di una sorta di superdonna capace di sublimare il dolore in forza creatrice. Dopo la sua scomparsa, la sua casa divenne quasi una meta per tanti autori famosi, compreso August Strindberg, che vollero vederla.
Edith Södergran: deviazione dalla norma e poetica formalista
Un elemento centrale della sua poetica è il concetto di deviazione dalla norma, elaborato dai formalisti russi: l’arte non deve imitare la realtà, ma offrire una nuova visione. Per farlo, Södergran utilizza metafore sorprendenti, musicalità del verso, simbolismo e immagini stranianti, lasciando spazio all’interpretazione soggettiva del lettore. L’opera poetica diventa quindi una forma di comunicazione non diretta, ma emotiva e sensoriale.
Dualismo interiore: forza e fragilità
Nelle sue poesie si avverte la tensione tra fragilità e potenza. Se da un lato Edith Södergran si sente inferiore a causa della malattia e dell’isolamento, dall’altro si percepisce superiore per via della sua forza intellettuale. In Jag, per esempio, l’autrice si definisce estranea al mondo che la circonda, e si interroga sulla propria condizione. L’albero, simbolo ricorrente, rappresenta salvezza, trascendenza e percorso di risalita, sia personale che universale.
Edith Södergran e l’emancipazione femminile
Il tema dell’emancipazione femminile e della sorellanza attraversa testi come Crepuscoli viola, dove donne libere e mitologiche si muovono in un paesaggio senza uomini. Le amazzoni, le vergini nude, i centauri e le stelle senza vertigine popolano un immaginario in cui la forza femminile è autonoma, vitale e combattiva. Le donne sono descritte come tigri, corde tese, passione improvvisa, testimoni di una libertà interiore necessaria per affermarsi.
In Vierge moderne, la scrittrice rifiuta i confini del genere e si definisce neutra, sole scarlatto, rete per pesci voraci, fiamma, acqua audace. La sovrapposizione delle immagini esprime la complessità dell’individuo e la volontà di non essere riducibile a una categoria. Il soggetto poetico diventa simbolo e manifestazione di libertà, in una tensione continua tra desiderio e rifiuto, passione e distacco.
Delusione amorosa e interiorità mistica
La rosa e Scoperta affrontano il tema della delusione amorosa. L’io poetico si rende conto dell’incomprensione da parte dell’uomo, che cerca superficialità dove invece esiste profondità spirituale. In La rosa, si rifà anche a modelli della mistica araba, evocando un amore quasi divino, mentre in Scoperta sottolinea la distanza tra desiderio fisico maschile e ricchezza emotiva femminile.
La natura come specchio dell’interiorità
In Autunno, la poetessa anima gli alberi, li rende partecipi del vissuto umano, in un paesaggio che riflette il passaggio del tempo e delle stagioni della vita: infanzia, giovinezza e vecchiaia. Gli uccelli argentati che si alzano in volo simboleggiano l’anima e il pensiero che si stacca dalla terra. La natura diventa quindi strumento di conoscenza e trasfigurazione poetica.
La poesia La luna rappresenta la morte non come fine, ma come trasformazione ciclica. Il disco lunare, in continuità con le credenze nordiche e vichinghe, diventa tessitore del destino, figura affine alle Norne che filano e recidono i fili della vita. La rete lunare abbraccia ogni cosa vivente, con dolcezza e mistero, preparando il terreno per una rinascita spirituale.
Edith Södergran e la tensione cosmica
Infine, Till fots è un inno alla forza interiore: la poetessa attraversa i sistemi solari per ritrovare sé stessa, con un’immagine di espansione cosmica. È il trionfo dell’esistenza, nonostante la malattia, una dichiarazione di invincibilità dell’anima. In questa tensione tra vita e morte, Edith Södergran costruisce una poetica universale, capace di parlare al cuore umano con linguaggio visionario e simbolico.
Fonte immagine: Svenska litteratursällskapet i Finland